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La strana storia dei ladri di api. Che hanno le ore contate

api

C’è un filo rosso che lega i furti di api compiuti negli ultimi mesi tra Pisa e Lucca. 21 aziende colpite, 600 arnie sparite e danni per circa un milione di euro. Colpi a Cascina, Volterra, Palaia, Borgo a Mozzano, Altopascio.

Dopo che la settimana scorsa alcune emittenti televisive locali hanno dato notizia del ritrovamento di decine di arnie trafugate, gli inquirenti non hanno potuto mantenere ulteriormente il riserbo su quella che i giornali ormai chiamano la banda del miele, che sarebbe composta da due uomini, un pisano e un lucchese, apicoltori da un paio di anni e proprietari di un’azienda in lucchesia.

Ad incastrarli le telecamere di sorveglianza di una delle aziende “visitate” ed un numero di arnie detenute triplo rispetto a quelle regolarmente denunciate alla ASL. Anche i 27 quintali di miele ritrovati in laboratorio non corrispondono alle reali capacità produttive dei due apicoltori, denunciati ma ancora a piede libero in mancanza di prove sufficienti.

Miele che la coppia di produttori ha già messo sul mercato nei mesi scorsi e che potrebbe contenere sostanze nocive. “Ci stiamo occupando delle verifiche” spiega il Commissario del corpo Forestale provinciale Davide Ciccarelli, “dobbiamo capire se effettivamente sono stati utilizzati prodotti non consentiti”. Sembra infatti che i veterinari della ASL abbiano rinvenuto nelle arnie medicinali non idonei al trattamento di animali che producono alimenti.

LE FOTO DELLE OPERAZIONI DI RECUPERO DELLE ARNIE SUL CANALE ROGIO

 foto di Sergio D’Agostino  

Alle indagini, svolte da Polizia e Carabinieri con la collaborazione del corpo Forestale, ha dato un contributo importante Sergio D’Agostino, apicoltore di Titignano e presidente dell’Associazione nazionale apicoltori italiani (Anai). La sua è stata una delle prime aziende agricole colpita dai ladri; ha subìto oltre al furto lo scempio: 2 milioni di api ammazzate con l’insetticida. “Hanno rubato quello che potevano e distrutto il resto” racconta D’Agostino, “sono dei balordi che si sono messi in testa di mettere su un’attività a scapito degli altri”. Il presidente dell’Anai diventa rapidamente il referente dei suoi colleghi colpiti dai furti e di conseguenza una pedina importante per la Procura di Lucca che indaga sulla vicenda.

Per questo D’Agostino è stato nominato ausiliario di polizia giudiziaria, segue le indagini in quanto tecnico apistico e custodisce la refurtiva recuperata fino ad oggi. “Sono già 230 le arnie che abbiamo recuperato e restituito ai legittimi proprietari” dice, “la maggior parte abbandonate in Arno, in Arnaccio e in altri corsi d’acqua della zona”. Ieri un altro ritrovamento, circa 50 arnie avvolte nel cellophane e gettate nel Rogio, un canale che corre tra Pisa e Lucca.

In Italia i furti di api sono in crescita esponenziale. Colpi su vasta scala e modalità che in alcuni casi fanno pensare a strutture criminali ben organizzate. Per capire perché i piccoli insetti fanno gola basta citare qualche numero: “Da ognuna delle 600 arnie trafugate – spiega Sergio D’Agostino – ogni anno a primavera si ottiene uno sciame che vale intorno ai 120€. Inoltre, ogni arnia produce all’incirca 40 kg di miele all’anno, venduto a oltre 10 € al kg”. Ecco spiegato il business delle api, e la rabbia degli apicoltori.

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Pubblicato il: 3 settembre 2014

Argomenti: Cronaca, La Piana, Pisa

Visto da: 2720 persone

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2 risposte a: La strana storia dei ladri di api. Che hanno le ore contate

  1. avatar m.a. vigotti scrive:

    la solita idea di andare contro chi fa la tua stessa attivita’ . Non so se esiste un consorzio di apilcultori che si aiutino l’un l’altro per affrontare meglio il mercato. Forse si. In Italia spesso manca l’idea di fare massa critica e di lavorare insieme in un modo che tutti ne traggano beneficio

  2. avatar small axe scrive:

    Non c’è bisogno di far parte della criminalità organizzata per commettere reati anche grossi, senza rischiare troppo. Dal momento che in Italia solo una piccola frazione dei reati viene punita con una condanna definitiva, non c’è da stupirsi di un danno così grande alla proprietà altrui. Anche i due sospettati in questione sono a piede libero, e c’è da chiedersi perché i giornali pubblichino queste notizie prima che le indagini siano concluse, ovviamente azzerando l’eventuale possibilità di coglierli in flagrante. Ma soprattutto, se come si deduce dall’articolo c’è stata una fuga di notizie in Procura, chi è il responsabile? Secondo me è un fatto grave, un meccanismo che, a volte, serve a proteggere gli indagati “amici” e, sempre, a rendere la vita facile ai giornalisti da due soldi.

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