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VideoteQue L’eternità e un giorno

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Per certi film forse si dovrebbe studiare prima, prepararsi, leggere qualche trattato. O forse non importa, certi film anche se non si capiscono fino in fondo, ma neanche in superficie, sono semplicemente un piacere da guardare e un piacere starci dentro per quelle due ore che durano.

Andiamo in Grecia, meta vacanziera molto gettonata mi sembra quest’anno. Il racconto del film in realtà si svolge d’inverno e c’è pure la neve; ma i ricordi del protagonista sono tutti legati all’estate ed a una bella casa sul mare. Che poi a pensarci bene quest’alternarsi di inverno e di estate si addice perfettamente a questa strana stagione.

L’eternità e un giorno è un film di Theo Angelopoulos del 1998. È uno di quei filmoni di una volta, mi viene da dire, impegnativi e misteriosi; uno di quei filmoni che affrontano i grandi temi esistenziali: la vita, la morte, il destino, l’arte, l’esilio, l’amore. Dico di una volta, perché ultimamente film così non mi sembra di averne visti molti. Tra gli sceneggiatori c’è Tonino Guerra, che se uno va a vedere la lista dei film che ha sceneggiato capisce che il film non poteva essere diverso.

Protagonista è Alexandros interpretato da Bruno Ganz. La parte era intesa per Marcello Mastroianni che però stava già male e non potè accettare il ruolo. Ce lo vedo benissimo Mastroianni che fa l’artista fermo a un bivio della sua vita che vaga per Salonicco con l’impermeabile sdrucito, il cane
e un bambino lavavetri albanese a ripercorrere pezzi della sua vita; ma Bruno Ganz naturalmente è bravissimo e sarebbe difficile scegliere tra i due grandi attori.

C’è anche il nostro Fabrizio Bentivoglio che interpreta un poeta del passato che torna in patria dopo anni di esilio e non si ricorda più le parole della sua lingua madre; allora le compra. È una storiella questa che Alexandros racconta al suo piccolo compagno di viaggio.

C’è tanto surreale in L’eternità e un giorno, ma non troppo. Un po’ di felliniano, ma non troppo. Ci sono le scene del passato al mare in cui Alexandros entra sempre col suo impermeabile sdrucito. C’è l’ultima fantastica scena sull’autobus notturno in cui salgono vari personaggi tra
cui un terzetto di musicisti e Alexandros e il piccolo lavavetri li osservano come se fossero seduti sulle poltroncine di un cinema invece che su quelle dell’autobus. C’è lo sconosciuto dirimpettaio che mette la stessa musica quando Alexandros la spegne. Ma sono soprattutto alcune immagini che
rimangono impresse, come le sagome di uomini attaccati a una grossa rete che divide la frontiera greca da quella albanese; oppure i tre uomini vestiti di giallo che attraversano la scena nella notte in bicicletta (non ho la più pallida idea cosa possano rappresentare, ma visivamente ci
stavano benissimo). Rimane impresso anche il lungomare, di notte, di giorni pieno di gente, con la nebbia, con le navi in partenza, che è reale ma che è anche luogo di partenza di viaggi, reali per il piccolo clandestino e interiori per Alexandros.

E per rimanere col nostro tema vacanziero mi sembra perfetto concludere questa piccola recensione di questo grande film con l’immagine dell’approdo greco.

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Pubblicato il: 19 luglio 2014

Argomenti: Quaderni, Videoteque

Visto da: 818 persone

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