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Teatro Rossi. La Soprintendente: “Risolvere il problema legale”

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Il primo nodo, o problema, da sciogliere è quello giuridico legale. Così la soprintendente Paola Raffaella David si esprime sul Teatro Rossi Aperto.

La posizione è chiara: quella in atto è un’occupazione abusiva, dunque, la soprintendenza non può trattare in una situazione di illegalità. “Il demanio – dice l’architetto David – che ci ha affidato il bene, potrebbe chiederci conto del nostro comportamento”.

Eppure il suo predecessore, l’architetto Giuseppe Stolfi, una trattativa con il Teatro Rossi Aperto l’aveva avviata, nonostante come da prassi al momento della riapertura del Teatro nel settembre del 2012, l’allora soprintendente Gian Carlo Borellini aveva presentato la segnalazione dell’occupazione.

Occupazione, o riapertura, che aveva riportato alla luce il problema, con l’obbiettivo – in qualche in modo in linea con i compiti di tutela e di valorizzazione della Soprintendenza – di uscire da una situazione di stallo.

Dalla disponibilità di Stolfi nasce la costituzione in associazione delle realtà Teatro Rossi Aperto: un soggetto formale con cui interloquire, elaborare un progetto di recupero a piccoli gradini, e tentare di recuperare risorse.

Sebbene la nuova Soprintendente sia convinta che il Rossi debba conservare la sua funzione di teatro, ci tiene a marcare l’assenza di risorse per rimettere a posto la struttura. Anche per questo, ci spiega, “con la dottoressa Isabella Lapi (responsabile della Direzione regionale dei beni culturali della Toscana, ndr) avevamo vagliato l’ipotesi di riconsegnare il bene al Demanio”. Un’opzione che però non sembra praticabile, senza contare che la riconsegna dovrebbe avvenire a teatro ‘liberato’ da cose e persone.

Su un punto la David è chiara, qualsiasi dialogo passa da una definizione di legittimità, quindi da un’assegnazione formale attraverso un bando ad evidenza pubblica.

Un punto a cui si richiama anche l’assessore Andrea Serfogli che però chiarisce che il Comune non è interessato a un’assegnazione del Teatro Rossi: anche se questo tornasse al Demanio, l’amministrazione dovrebbe avere a bilancio risorse per la sua messa a norma e per il suo mantenimento.

Un’altra strada potrebbe essere la richiesta di assegnazione da parte dell’associazione Teatro Rossi Aperto, ma per presentarla il bene “dovrebbe essere tornato al demanio, e per tornarci deve essere libero”, spiega ancora Serfogli.

Una strada che sembra senza uscita. La domanda che resta aperta non è di poco conto: se domani l’esperienza del TRA dovesse interrompersi, cosa ne sarebbe del settecentesco Teatro Rossi? Le sue porte tornerebbero a chiudersi? E per quanto tempo? Come svolgerà a quel punto la Sorpintendenza il ruolo di tutela e di valorizzazione che le è assegnato?

In fondo, sebbene la strada aperta con l’architetto Stolfi non fosse priva di difficoltà da risolvere, la rimessa a norma dell’impianto e il collaudo, per iniziare, del foyer e della platea, avrebbero comportato spese sostenibili a piccole tranche e più facilmente reperibili, di quell’uno, due o tre milioni di euro di cui si parla alternativamente per la rimessa in sesto del Rossi. E la prospettiva sarebbe stata quella di restituire davvero un pezzo del patrimonio storico artistico alla città, consentendo anche di mantenere in vita quella programmazione teatrale e culturale di ampio respiro che è stata offerta dopo la sua riapertura.

Di fonte una frenata delle trattative e alle nuove posizioni assunte la richiesta che proviene dal TRA è: “Il progetto di auto recupero del Rossi ha un futuro? Se invece siamo diventati un problema di ordine pubblico lo si dica chiaramente e apertamente”.

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Pubblicato il: 18 luglio 2014

Argomenti: Cultura, Pisa, Politica

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