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Il cervello addominale

Nel nostro intestino ci sono miliardi di batteri, per un peso totale di circa 2 Kg , che costituiscono il cosiddetto microbiota, un ecosistema formato da oltre 400 specie e da un’innumerevole quantità di ceppi batterici.
La composizione della flora intestinale è differente da persona a persona ed è molto peculiare, una sorta di impronta digitale. C’è però un “nucleo” di 57 ceppi considerato comune a tutti gli individui.

Un ecosistema intestinale in equilibrio ottimale viene comunemente considerato a livello medico-scientifico una condizione determinante per il benessere e quindi, un obiettivo da perseguire.

Il microbiota svolge numerose funzioni: ottimizza l’utilizzazione dei nutrienti assunti con gli alimenti , quindi a seconda della sua composizione, potrebbe rappresentare una causa fisiopatologica di sovrappeso e obesità, partecipa alla formazione della barriera intestinale, è la prima barriera di difesa contro l’invasione di batteri patogeni, produce acidi grassi a corta catena che svolgono funzioni fisiologiche rilevanti per muscoli, cuore e cervello, produce vitamine, specie del gruppo B e K, modula infiammazione e attività del sistema immunitario.

Questo elenco sarebbe più che sufficiente per spingerci ad avere maggior cura dei nostri ospiti, principalmente attraverso una corretta alimentazione, ma se non bastasse “secondo scoperte recenti i segnali dai microbi intestinali influenzerebbero la formazione dei ricordi e lo stato emotivo” (E.Mayer,2011).

I microbi comunicano fra loro e con il resto dell’organismo mediante diversi tipi di messaggeri e alcuni batteri producono triptofano, precursore della serotonina, “l’ormone della felicità”, che nel nostro organismo è presente soprattutto nel tratto digerente.
Gli studi  condotti sui ratti (Jane Foster , di Michael Bailey e di Jhon Cyran,…) hanno mostrato che l’alterazione della flora batterica modifica il comportamento, che lo stress causa infiammazione, di cui si sospetta da tempo un collegamento con la depressione, e che i bifidobatteri hanno potenzialità antidepressive.

Anche se i dati sull’uomo sono incompleti emergono comunque alcune indicazioni: i bambini autistici e le persone con sindrome da affaticamento cronico hanno la flora intestinale alterata. Il fatto che la comunicazione tra sistema nervoso centrale e cervello addominale sia bidirezionale complica l’accertamento di quale sia la causa e quale l’effetto.

I primi tentativi di trasferire all’uomo i risultati ottenuti sui ratti sono incoraggianti: a partire dal 2007 sono stati studiati gli effetti della integrazione di probiotici (definiti dal Ministero della Salute “microrganismi che si dimostrano in grado, una volta ingeriti in adeguate quantità, di esercitare funzioni benefiche per l’organismo”), che hanno dimostrato di aumentare il tono dell’umore e, nei campioni di pazienti con sindrome da fatica cronica, hanno ridotto i sintomi della depressione e della paura.

È ancora presto per sapere se questa sia la strada giusta per una mente più sana, ma questi studi confermano come mente e corpo siano strettamente collegati.

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Pubblicato il: 15 febbraio 2014

Argomenti: Alimentazione, Quaderni, Siamo quello che mangiamo

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