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Grand Quignol! “Ma io non lo so fare…”

Davide_ph DarioD'Ambra

Il teatro secondo Sara & Hengel

Oggi è un giorno speciale cari amici del Grand-Quignol! Perché? Adesso vi spieghiamo. Non siamo stati noi a scrivere l’articolo di questa settimana, ma Davide, terzo elemento fondante di Teatro Cantiere. Ne siamo davvero orgogliosi. Davide dieci anni fa decise di seguire un nostro laboratorio di teatro e da quel momento le nostre strade non si sono più divise. All’inizio il ragazzo, pieno di entusiasmo e gioia di vivere, non riusciva a canalizzare appieno le sue infinite energie, poi attraverso le esperienze con Teatro Cantiere successe qualcosa. Boooom! Davide cominciò a svelarsi, a venire fuori, ad esprimersi senza muri… fu qualcosa di incredibile. Da quei momenti ne è passata di acqua sotto ai ponti e ora Davide, consapevole delle sue forze e della possibilità di condividerle e trasmetterle, è in un momento di riflessione importante.

Ha deciso di creare un laboratorio teatrale a Genova, tutto solo, per portare il Verbo di TC anche in Liguria. È la prima volta per lui e sa benissimo quanta responsabilità ci voglia a portare avanti i laboratori di TC: le persone ti danno il cuore ed è facile ferirle. Ciascuno è diverso, ciascuno necessita di un trattamento speciale per svelarsi. Occorre attenzione e buon senso. Infatti Davide si interroga, ci interroga, pesca tra i suoi pensieri. E ci manda articoli per PaginaQ come questo, probabilmente per riordinare le idee, per confrontarsi con tutti voi. Vi diremo però che abbiamo anche un sospetto. A dicembre TC sarà all’Università di Savona a parlare del proprio lavoro e non vorremmo che Davide, preso dalla pressione di cotanto impegno accademico ed istituzionale, si stesse segretamente preparando ad una indimenticabile Lectio Magistralis…

“Ma io non lo so fare!”

di Davide Cangelosi

C’è molto più di quello che sembra dietro questa semplice frase. Non credete? Il modo con cui si agisce quando non si sa fare, o si crede di non saper fare, distingue le persone.

Bisogna tenere distinto il non saper fare dal non voler imparare. Spesso voler imparare crea disagio perché ci espone all’errore e alle critiche. Perché sbattersi quando si può benissimo stare comodi nel far niente?

Fare teatro presuppone un disagio verso la superficialità del mondo

Fare teatro è prendere coscienza di questo e cercare di imparare essendo coscienti che non si sanno fare tante cose. O meglio: non si è coscienti di saperle fare. Fare teatro presuppone un disagio verso la superficialità del mondo in cui si vive tutti i giorni e una ricerca di vie altre che invece mirano alla sostanza e alla qualità della vita e dei rapporti. Sembra un pensiero mistico o una guida al consumo critico, e forse è un po’ entrambe le cose. Si lascia il caldo tepore della stufetta, delle relazioni di comodo e della bellezza stampata e stereotipata della TV e si va là, al freddo, dove il calore lo creano le persone, dove le relazioni si assottigliano, si chiariscono fisicamente e dove la bellezza non ha trucchi.

Quando si abbandonano le strade dritte e semplici, s’imboccano viottoli tortuosi, si vive e si pensa tutto in maniera diversa. Non ci si accontenta più della minestra riscaldata e da quel momento si ricercano sempre e ovunque le incredibili sensazioni che si sono vissute attraverso la scusa del teatro. Mi viene in mente il film Matrix: “fai la tua scelta: pillola rossa o pillola blu”. La pillola rossa è l’oblio che nasconde la verità. La pillola blu è la coscienza e la speranza che tutto possa cambiare.

Non è lo spettacolo che fa crescere, ma è quello che vivi ogni qualvolta t’incontri con te stesso e con i tuoi compagni nel teatro

Scegliere di fare teatro con Teatro Cantiere è prendere la pillola blu. La crisi è continua. Si è messi davanti a delle scelte continuamente. Ti cambia nei movimenti. Ti cambia come essere umano. Si va oltre e non ci si può nascondere per troppo tempo. Da ciò si capisce che il fine di un teatro che fa questo di mestiere non può più essere lo spettacolo. L’evento spettacolare è solo uno dei mille banchi di prova. Non è lo spettacolo che fa crescere, ma è quello che vivi ogni qualvolta t’incontri con te stesso e con i tuoi compagni nel teatro.

Ho sempre avuto, e continuo tutt’ora ad avere problemi a spiegare che tipo di teatro io faccia. Lo chiamiamo con quel nome perché altrimenti dovremmo inventarci una parola “nuova”, ma noi non facciamo teatro. Diciamo pure che è più vicino al lavoro di un artigiano che alla catena di montaggio di un’industria. E diciamo anche che è più simile a una festa patronale che a un party a bordo piscina e sa quindi più di sudore che di bagnoschiuma.

Non sono necessarie abilità speciali, basta essere lì e lavorare. Non è importante che qualcuno non sappia fare, basta che dimostri di voler apprendere con l’azione. Noi in Teatro Cantiere abbiamo un nostro modo di definire cosa voglia dire apprendere con l’azione. Vediamo se ci capiamo!

Qualcuno conosce l’autogiustificazione? L’autogiustificazione è ciò che nel lavoro ti fa pensare: “…non è necessario esporsi”, “…fermati che sei stanco”, “lui non può…”, “che ore sono”, “…anche così va bene”. Ok, no. Per noi questo è deleterio. Invece, apprendere con l’azione è vivere con rispetto la fatica, fare più di quello che è chiesto, essere propositivi nel disagio, continuare quando gli altri si fermano, trovare le motivazioni nello sconforto e non fermarsi al conosciuto. Si! Questo.

Ecco, stabilire chi vuole fare questo, diciamo teatro, da chi non lo vuole veramente fare è semplice: se hai la necessità di farlo che va oltre il bisogno momentaneo e hai un fuoco che arde oltre la stanchezza e dura a lungo e lo porti con te oltre le ore di lavoro… Bene, vuoi fare questo teatro. Altrimenti no. Anch’io quando cominciai dicevo “ma io non lo so fare”, oggi dico: Io non lo so fare, ma voglio imparare con chiunque ne abbia voglia e ne dimostri la necessità. Questo è il teatro che mi piace e questo è Teatro Cantiere.

Foto di Dario D’Ambra

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Pubblicato il: 30 novembre 2014

Argomenti: Cultura, Teatro

Visto da: 1193 persone

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