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Unioni gay: i diritti si possono acquistare con un viaggio all’estero? E chi non può permetterselo?

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“L’irregolare” caso di un pisano e di un sudamericano in una lettera aperta al nostro giornale.

Cara PaginaQ,

mentre a Pisa non si è esaurito l’eco delle “sentinelle in piedi” e, in Italia, fa discutere la dichiarazione del Ministro dell’Interno Angelino Alfano sul “divieto” di trascrizione dei matrimoni celebrati all’estero fra persone dello stesso sesso, io mi dibatto in una questione ancora più ingarbugliata, che riguarda me e il mio compagno di origine sudamericana.

La situazione è paradossale e semplice allo stesso tempo: vivo e lavoro (soprattutto lavoro…) a Pisa, da più di quattro anni la mia vita è felicemente condivisa con un compagno non europeo. Anche Cupido può vedere e provvedere ma non conosce le leggi italiane che regolano l’immigrazione perché il mio compagno – arrivato in Toscana come turista – non aveva propriamente previsto che qui avrebbe trovato una ragione (me, insomma…) per decidere di fermarsi a lungo. Con il risultato che lui adesso, per la legge, è un “irregolare”.

Io le ho provate di tutte per “sanare” la situazione, addirittura ho provato ad assumerlo come colf (mi viene da sorridere, seppure amaramente) ma non sono riuscito a farlo entrare nel “decreto flussi” perché avevo sbagliato “fila virtuale di ingresso”.  Nel frattempo è uscita una “sanatoria” ma io non sono il suo datore di lavoro, che lo ha sfruttato e quindi l’idea di un ennesima trafila “virtuale” è stata scartata dall’inizio, anche per la sua ferma opposizione.

Soluzione? Una: trovare il modo per far comprendere al Legislatore italiano che lui è in Italia perché è il mio compagno, non è il mio badante né il mio domestico. Sta qui, a Pisa, semplicemente perché vive una storia con me e questo dovrebbe teoricamente ma non praticamente fargli ottenere un visto – se ho ben capito – per ricongiungimento familiare. I mille problemi burocratici che attualmente si presentano in Italia sarebbero magicamente risolti con un bel viaggetto all’estero, magari negli Usa, per celebrare l’unione, rientrare subito dopo in Italia e avviare così l’istanza per ottenere il permesso di soggiorno motivato dalla necessità del ricongiungimento familiare.

Peccato che, sono sincero, io non abbia i soldi per andare all’estero e “comprarmi” il diritto al ricongiungimento familiare. Il permesso di soggiorno per il mio compagno sarebbe fondamentale perché, oltre a leggere tanti libri e a studiare a casa, lui potrebbe iscriversi all’università, avviare una sua attività, andare e tornare dal suo paese senza il patema di dover cambiare il passaporto a ogni viaggio e senza che io mi debba specializzare in espedienti degni di un “malfattore” quali né io né lui siamo. Soltanto a leggere frasi tipo “evitare di non essere segnalati in uscita” a me viene l’orticaria, come l’idea di non rispettare in pieno le leggi del Paese in cui vivo e al quale verso regolarmente le tasse.

A Pisa ho ricevuto una grandissima disponibilità all’ascolto da parte di alcune amministratrici a cui ho esposto il mio caso. Certo, non sono “legislatrici” quindi non possono andare una disponibilità di massima, che sia pure formale, diventa sostanziale perché fa capire quanto Pisa possa essere pronta e disposta all’ascolto e all’accoglienza. Quindi, ho un fidanzato sudamericano, non sono ricco (sono un lavoratore dipendente) e non posso permettermi viaggi all’estero, vorrei vivere “legalmente” con lui: qual è la via d’uscita? Fior di Avvocati hanno scosso il capo, ma io non mi arrendo. A New York andremo dopo, non prima.

 

 

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Pubblicato il: 13 ottobre 2014

Argomenti: Pisa, Politica, Sociale

Visto da: 1158 persone

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Una risposta a: Unioni gay: i diritti si possono acquistare con un viaggio all’estero? E chi non può permetterselo?

  1. avatar benedetto scrive:

    buongiorno

    vorrei contattare ai 2 ragazzi protagonisti di questa storia visto che io e il mio compagno ci troviamo nella stessa situazione.

    grazie mille

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