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Dre Love, ovvero della storia dell’hip hop

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A metà maggio a Pisa, al Cantiere San Bernardo, si sono esibiti Dre Love & The Band – Diego Leporatti, batteria – Guido Masi, chitarra – Lorenzo Forti, basso – Gianni Pantaleo, tastiere – Andre Halyard aka Dre Love – Vocals.

Dre Love è una leggenda dell’hip hop, newyorkese ma italiano di adozione da ormai più di 20 anni. Ha collaborato con numerosi musicisti e progetti musicali come Radical Stuff, Neffa e i Messageri della Dopa, DJ Enzo, Gopher D, Reggae National Tickets, Irene Grandi, Almamegretta e Alex Britti, solo per nominarne alcuni. Per l’occasione Daniele Lucchini e Valentina Forconi del Cantiere San Bernardo lo hanno intervistato e offrono oggi ai lettori di paginaQ il loro scambio di battute.  

Dre Love, ne hai fatte davvero tante quasi 20 anni di musica. Parlaci del tuo progetto “Get Dicktionary” (due Ep usciti nel 2011 e nel 2012) com’è nato e perché, e quali sono i suoi contenuti.

Ho fatto veramente tanta musica diversa, sono stato collaboratore in campi diversi e avventure musicali. Questo progetto in fondo nasce soltanto per la voglia di esprimermi da solo e confrontarmi con me stesso.

Quando hai cominciato a fare musica il rap italiano era diverso, molto improntato su quello che si voleva dire, quello che si sente e che si vuole mostrare, mentre oggi i giovani rapper sono molto tecnici, molto veloci e meno interessati a dire quello che pensano. Sei d’accordo?

drelove_3Il rap è nato qui come negli Usa come musica di contestazione, di pensiero contro il sistema di potere. A volte sai, in un linguaggio street americano, si esprime quasi “graficamente” quello che si vive ogni giorno. Come le posse, i centri sociali, che sono la realtà di questa musica e i suoi luoghi di riferimento. È un argomento delicato: c’è una parte artistica musicale che si sviluppa in proprio, parallelamente però c’è la parte commerciale e il mercato. Sono due aspetti che viaggiano insieme, non va sottovalutato questo aspetto.

In quale direzione sta andando il rap secondo te?

Dipende dalla scena. Diciamo che in realtà oggi la cultura rap è anche molto “visuale”, ed è frutto del mercato. Ci sono imprenditori discografici italiani che magari 10 anni investivano cifre ridicole rispetto ad oggi, nell’hip hop. L’attuale audience è ben diversa da quella di una generazione fa: c’è internet e informazione a palate, c’è la moda che domina quello che ascolti, e c’è un pubblico italiano molto influenzato nelle scelte musicali dalla moda, da come ti vesti. Qui mi sembra che la direzione sia quella.

Hai fatto pezzi con icone del mondo rap, Gruff, Neffa, quasi tutti rimasti legati in un modo o nell’altro negli anni. Com’è iniziato questo percorso?
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È strano sentirne parlare, per me sono amici. quando abbiamo fatto cose assieme è rimasto il legame. Ricordo, ero in vacanza a Rimini un’estate e c’era Skizo giù, Freez era rimasto a casa.. molto strano. Non so, ci siamo incontrati, c’era Kaos che doveva andare a fare il militare, ma avevano una data fissata e hanno chiesto a me di sostituirlo. Più o meno è nato tutto così.

Tu quale strada scegli dopo tante collaborazioni?

… Faccio musica, mi esprimo così. Sai, quando si mette in commercio la musica, è chiaro che nel momento in cui stampi un disco sei contento, ti senti a posto. Ma va percorsa anche la possibilità di permettere a tante persone di sentire la propria musica. Se hai la possibilità di distribuire la musica in un modo che arrivi davvero alla gente, poi sono loro a giudicare e dire se la tua musica è bella oppure no. Chi fa cose oggi a un certo livello, lo fa perché la gente ha ascoltato quella musica e gli è piaciuta. Ci sono centinaia di artisti che non hanno questa opportunità, per quello cercano strade alternative. Se negli Usa ci sono pochi sistemi che controllano la discografia immagina in Italia, che è decisamente più piccola.

Non per niente anche qui a Pisa hai suonato in un luogo particolare, diverso dai locali, cioè il Cantiere San Bernardo, che alla cultura hip hop e al rap ha dedicato spazio e attenzione in questi anni.

Si, certo. I ragazzi sono stati bravissimi e accoglienti, è un ambiente molto rilassato ma si vede che c’è struttura e un centro. Sono stato molto bene, super. Sanbernardocantiere spacca tutto.

a cura di c.c.

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Pubblicato il: 12 luglio 2014

Argomenti: Cultura, Pisa

Visto da: 2168 persone

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