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PSICO_LOGICA_MENTE. Come diceva Whitman, “divento io la persona ferita”

empatia

Con il termine empatia si intende descrivere la capacità di immedesimarsi in un’altra persona, fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo.

Si distingue la comprensione empatica dalla comprensione razionale: “Quando nella nostra comprensione i contenuti del pensiero appaiono derivare con evidenza gli uni dagli altri, secondo le regole della logica, allora comprendiamo queste relazioni razionalmente (comprensione di ciò che è stato detto). Quando invece comprendiamo i contenuti delle idee come scaturiti da stati d’animo, desideri e timori di chi pensa, allora comprendiamo veramente in modo psicologico o empatico (comprensione dell’individuo che parla) (K.Jasper).

L’empatia richiede un atteggiamento ricettivo che consenta di valutare il significato che la situazione che evoca l’emozione riveste per l’altra persona. Questo significa che l’empatia non comprende solo la percezione del sentire dell’altro, ma ha come presupposto la comprensione linguistica del messaggio e in situazioni dove non è possibile comprendere la parte verbale del messaggio, sarà il comportamento non verbale a guidare la nostra capacità di comprensione empatica.

Nel campo delle relazioni d’aiuto la capacità empatica è considerata una delle condizioni necessarie e sufficienti (con congruenza ed accettazione positive ed incondizionate) affinché tale relazione risulti efficace. L’empatia è la capacità di immergersi nel mondo dell’altro e di partecipare alla sua esperienza, sentendo il mondo personale dell’altro “come se” fosse nostro, senza mai perdere questa qualità del “come se”.

Nelle relazioni d’aiuto l’empatia è utile ai fini della comprensione profonda dei pensieri e dei sentimenti, in vista di un cambiamento.
Nelle relazioni quotidiane, l’empatia ha il duplice scopo di rafforzare la relazione e migliorare la qualità dei nostri rapporti con gli altri.

Secondo Goleman (19969, l’empatia si basa sull’autoconsapevolezza: quanto più aperti siamo verso le nostre emozioni, tanto più saremo abili nel comprendere gli altri, nel leggere i loro stati d’animo. In qualunque tipo di rapporto, la radice dell’interesse per l’altro sta nell’entrare in sintonia emozionale, nella capacità di essere empatici.

Tuttavia, questo non è sempre facile, poiché raramente le emozioni dell’individuo vengono verbalizzate, molto più spesso sono espresse attraverso altri segni, prevalentemente non verbali (tono di voce, espressione del volto, postura, gesti).

La chiave per comprendere i sentimenti altrui sta nella capacità di leggere questi messaggi; quando le parole di un individuo non sono
in armonia con quanto comunica con il tono di voce, i gesti e altri canali non verbali, la verità va cercata nel modo in cui l’individuo sta comunicando, non tanto in ciò che dice.

Dal giorno stesso della nascita i neonati sono turbati dal pianto di un altro bambino, un comportamento che si può considerare come il precursore dell’empatia. Gli scambi tra genitori e figli sono fondamentali per gettare le basi dell’empatia: nel momento in cui il bambino è consapevole che le proprie emozioni sono comprese, accettate e ricambiate, è allora possibile lo sviluppo della propria capacità di empatizzare.

La capacità della figura di riferimento di sintonizzarsi sulle emozioni del bambino, in una sorta di dialogo senza parole, una danza di scambi verbali e non verbali, è di primaria importanza per la sicurezza interiore e per lo sviluppo delle capacità individuali.

Gordon (1991), suggerisce una modalità di ascolto basata sulla capacità di empatizzare con l’altro: l’ascolto attivo, all’interno del quale è possibile distinguere tra “ascolto passive” e “rimando empatico”. Le componenti dell’ascolto passive sono:

– attenzione e disponibilità: per essere veramente dei buoni ascoltatori è importante essere disponibili a farlo, a prestare tutta  l’attenzione all’altro;
– silenzio: per poter veramente ascoltare è necessario stare in silenzio e non sempre è facile (es si interrompe l’altro mentre parla), perché spesso, invece di essere focalizzati su chi parla, chi ascolta è centrato su di sé, sul proprio bisogno di sentirsi utile;
–  cenni conferma: sono quei movimenti, verbali e non verbali, che fanno comprendere all’altro che lo stiamo ascoltando;
– frasi invite  sono quelle espressioni più esplicite che cercano di facilitare il proseguimento del discorso, indicando la disponibilità di chi ascolta ad essere presente.

L’ascolto attivo è uno strumento molto efficace nelle relazioni (anche chi ascolta deve assumere un ruolo attivo, rimandando all’altro ciò che egli ha detto, in termini di contenuto e sentimenti, cioè il rimando empatico). L’ascolto attivo si basa sulla volontà di essere d’aiuto all’altro, senza barriere e senza pregiudizi.

Per finire vorrei riassumere con dei suggerimenti:

– impariamo a leggere correttamente i segnali verbali e non verbali della comunicazione altrui, in particolare quelli riferiti alle emozioni;
– impariamo a riconoscere i segnali che indicano l’esistenza di un problema in sé e nell’altro;
– cerchiamo di sviluppare le proprie capacità empatiche attraverso l’invenzione ed il riconoscimento di emozioni, sentimenti, stati d’animo e pensieri;
– cerchiamo di aumentare la consapevolezza delle differenze e similitudini tra il proprio mondo interno, le proprie modalità e quelle altrui,
– cerchiamo di mettere in pratica l’ascolto passive e l’ascolto attivo.

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Pubblicato il: 12 aprile 2014

Argomenti: Sociale

Visto da: 863 persone

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