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InQuadriamo il diritto Cade il divieto di fecondazione eterologa. La Corte Costituzionale e la legge 40

Fecondazione-assistita

Cari lettori,

il decimo articolo di InQuadriamo il diritto esce oggi per commentare, quasi in tempo reale, l’attesissima pronuncia della Corte Costituzionale sul divieto di fecondazione eterologa.

Come forse molti sapranno, esattamente dieci anni fa (il 19 febbraio 2004) entrava in vigore quella che comunemente viene definita “legge 40”, ossia la legge in materia di procreazione medicalmente assistita (anche indicata con l’acronimo PMA). Dal 2004 al 2011 (le ultime rilevazioni statistiche sono state pubblicate nel 2013 ma i dati risalgono ancora al 2011) tramite il ricorso alle tecniche di PMA sono state ottenute, in Italia, 89.333 gravidanze e, da queste, sono nati 67.054 bambini (i numeri sono quasi tutti in costante e progressivo aumento anno per anno).

Sin dalla sua entrata in vigore, la “legge 40” ha suscitato perplessità e dubbi interpretativi di varia natura, come spesso succede in relazione a normative dal forte impatto etico e scientifico. E’ stato, ad esempio, ampiamente discusso il problema della liceità della diagnosi pre-impianto degli embrioni. Le originarie linee guida relative alla “legge 40” – che vietavano questo tipo di diagnosi – furono annullate da una pronuncia del Tar Lazio, e nel testo della “legge 40” non sembra possibile rinvenire un vero e proprio divieto espresso di diagnosi pre-impianto. Tuttavia, ancora oggi la diagnosi pre-impianto, pur praticata in moltissimi centri privati, è molto spesso negata dai centri pubblici che effettuano trattamenti di PMA e che interpretano la “legge 40” in modo rigoroso.

Un altro aspetto assai discusso della “legge 40”, strettamente collegato con quello appena visto, è quello relativo alla possibilità di accesso alle tecniche di PMA per le coppie che, pur fertili, sono tuttavia portatrici di malattie geneticamente trasmissibili nei confronti dei figli. Il testo della “legge 40” consente il ricorso alla fecondazione artificiale soltanto alle coppie sterili o infertili, ma le attuali linee guida (entrate in vigore dopo l’annullamento di quelle originarie) hanno consentito l’accesso alla fecondazione artificiale anche alle coppie nelle quali l’uomo (e soltanto l’uomo) è portatore di infezioni da HIV, epatite B ed epatite C. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, da parte sua, ha dichiarato illegittimo il divieto di accesso alle tecniche di PMA per le coppie portatrici di malattie ereditarie, ma ad oggi, visto il permanere di tale divieto a livello legislativo, ancora nessun centro autorizzato consente, in Italia, l’accesso alla fecondazione artificiale alle coppie fertili portatrici di malattie geneticamente trasmissibili.

Oggi, con la sentenza della Corte Costituzionale, è caduto un altro principio cardine della “legge 40”: la Corte Costituzionale ha, infatti, dichiarato l’illegittimità della disposizione che vietava la fecondazione eterologa, ossia la fecondazione ottenuta mediante il ricorso ad un donatore di ovuli o spermatozoi esterno alla coppia. E’ ancora troppo presto per conoscere le motivazioni di una sentenza resa meno di un’ora fa, e non è, quindi, possibile sapere con esattezza quali siano le argomentazioni che hanno condotto la Corte Costituzionale a decidere per l’illegittimità di tale divieto. Intanto, la notizia apre nuovi scenari e nuovi interrogativi.

Francesca Bonaccorsi

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Pubblicato il: 9 aprile 2014

Argomenti: InQuadriamo il diritto, Quaderni, Sociale

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