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Musei nazionali… pardon, comunali. Presagio di sciagure

sanmatteo

La domenica della vita: la storia dell’arte nell’era di Twitter


di Lorenzo Carletti e Cristiano Giometti

I nostri politici non finiscono mai di stupire. Lo scorso lunedì mattina «Il Tirreno» dedicava ampio spazio a una clamorosa notizia riportata dall’assessore alla Cultura Andrea Ferrante: «Quello del circuito museale dei lungarni è un progetto da portare avanti. Ora però dobbiamo capire quali sono le intenzioni del ministero dei Beni culturali, ovvero se si concretizzerà l’idea di delegare ai Comuni la gestione dei musei statali. […] Se dovesse accadere, me la sentirei».

I musei statali ai Comuni? Uno scenario inquietante

In queste poche righe si prefigura uno scenario finora mai palesato e a nostro avviso assai inquietante. Leggendo con attenzione, sembra di capire infatti che il MiBACT stia elaborando, al di fuori della maglie del Codice dei Beni Culturali e della stessa Riforma Franceschini appena entrata in vigore, il progetto di affidare la gestione di alcuni musei nazionali ai comuni di pertinenza. Quali poi non è dato sapere.

Se la notizia verrà confermata si configura un palese conflitto di competenze con la neonata Soprintendenza al Polo Museale Regionale – in Toscana presieduta da Stefano Casciu – che ha la giurisdizione su tutti gli enti del territorio, nella fattispecie il Museo nazionale di Palazzo Reale e quello di San Matteo, e appena fuori città la Certosa di Calci. O forse specificando che nell’eventuale passaggio al Comune quest’ultimo si occuperebbe di eventi significa che all’assessore alla Cultura (o a chi per lui) spetterebbe una sorta di supervisione scientifica nell’allestimento di mostre ed eventuali introiti, lasciando allo stato gli oneri della gestione ordinaria (personale, spese d’illuminazione, riscaldamento, condizionamento, etc.) e i rapporti con i sindacati?

Non sappiamo se le dichiarazioni di Ferrante siano un auspicio personale o se scaturiscano da un qualche abboccamento col Ministro, che casualmente il 24 aprile ha visitato la Certosa di Calci in compagnia della Direttrice Severina Russo. Fatto sta che il segnale è oltremodo preoccupante: se ciò avvenisse saremmo di fronte al rischio concreto di subalternità dei beni culturali al potere politico.

La politica tende a sfruttare i beni culturali per fare propaganda o costruire eventi commerciali. La movimentazione delle opere per Expo ne è prova

Di qualsiasi colore esso sia, questo utilizza le opere d’arte o a scopo propagandistico o come mero strumento per costruire eventi commerciali, cercando in tutti i modi di estendere la propria bramosa incompetenza su tutto ciò che fa turismo. Il caso delle movimentazione massiva e insensata di opere d’arte da chiese e musei nazionali per l’Expo di Milano ne è testimonianza.
L’aver evitato il viaggio in Eurostar ai Bronzi di Riace – ma solo dopo aver istituito un’apposita commissione che doveva valutarne i rischi di spostamento – non ha salvato ad esempio le nove monumentali figure di Nicola e Giovanni Pisano dal Museo dell’Opera del Duomo di Pisa, ora chiuso per riallestimento. E chissà poi se non andrà la Madonna dell’Umiltà di Gentile da Fabriano o il San Paolo di Masaccio, unica tavoletta rimasta a Pisa del Polittico del Carmine e “opera inamovibile” del Museo di San Matteo?

UnknownLa politica in questi ultimi anni si è arrogata il diritto di affittare Ponte Vecchio a Firenze per una cena esclusiva, il Forte di Belvedere per il matrimonio di una pop-star e più di recente di concedere praticamente a gratis interi spazi del centro storico di Pisa per allestirvi una galleria di tappezzerie Ikea.  Cosa potrebbe succedere alle opere dei nostri musei? E quali sono le garanzie che in questo settore potrebbe dare un Comune che appena un anno fa chiedeva al prefetto di dichiarare lo stato d’emergenza per il proprio patrimonio culturale o che è stato capace di far passare ben due anni prima di cominciare il restauro di una delle chiese gotiche più celebri al mondo, qual è Santa Maria della Spina?

L’elenco sarebbe lungo e gli esempi altrettanto clamorosi. Verrebbe poi da chiedersi quali credenziali ha il Comune per accreditarsi come organizzatore di grandi eventi. Tutti ricordiamo con emozione la mostra Sacre Passioni sulla scultura lignea medievale del territorio (Museo nazionale di San Matteo, 2000-2001), una rassegna organizzata dalla locale Soprintendenza che raccoglieva, dopo anni di studio e catalogazione, opere di grande prestigio. Non ricordiamo, ma certo siamo noi ad essere in difetto, mostre altrettanto importanti allestite ad esempio al Museo della Grafica o al più recente SMS.

Se invece gli eventi cui si riferiva l’assessore sono il Gioco del Ponte o il Capodanno Pisano allora il tono dell’articolo è finalmente chiaro, ma continuiamo a non capire cosa c’entrino i Musei nazionali. Viceversa capiamo perché il nuovo Soprintendente di Pisa, Andra Muzzi, e il Soprintendente Regionale Casciu abbiano elegantemente preferito non rispondere.

Nelle foto:
1- La galleria delle statue del Museo Nazionale di San Matteo, Pisa.
2- Masaccio, San Paolo, 1426, Pisa, Museo Nazionale di San Matteo

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Pubblicato il: 1 maggio 2015

Argomenti: Cultura, Pisa

Visto da: 2832 persone

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3 risposte a: Musei nazionali… pardon, comunali. Presagio di sciagure

  1. avatar giulia scrive:

    Nell’articolo del 1 maggio si fa riferomento a mostre , definite rilevanti, che non avrebbero potuto essere realizzate senza i sostanziosi interventi degli enti locali, Comune in testa!! Ma se ne potrebbero citare altre non meno rilevanti: la precedente mostra Leopardi a Pisa, quella su Pisa e il Mediterraneo e quella su Pisa e i Lorena!! Forse gli autori, si spera in buona fede, cominciano anch’essi ad avere gravi vuoti di memoria!

  2. avatar Lorenzo Carletti scrive:

    Forse Giulia ha voluto fraintendere il senso dell’articolo, che riflette su una stramba dichiarazione del neo-assessore alla Cultura. Questi auspicava che il MiBACT lasciasse al Comune la gestione dei musei nazionali di San Matteo e di Palazzo Reale: non parlava di finanziamenti, che certo sono arrivati per le mostre citate. Il problema sono piuttosto le capacità organizzative e gestionali e su queste il Comune di Pisa conosce i suoi limiti, tanto è vero che – non ancora terminato il loro restauro (con soldi Piuss) – vuole affidare a privati la gestione della Torre Guelfa, degli Arsenali Repubblicani, dello Scotto e della Stazione radiografica di Marconi. L’uscita di Ferrante, che è assessore alla Cultura e non al patrimonio, suona perciò ancora più bizzarra.

  3. avatar Lorenzo Carletti scrive:

    ps. Le mostre che il Comune ha contribuito a finanziare sono molte di più, ma l’articolo si occupa soprattutto di una dichiarazione che ignora le leggi finora esistenti: finché queste non cambiano, i musei nazionali non possono diventare comunali per magia o per piacere del giornalista di turno.

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