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GRAND QUIGNOL! Lavoratori, tiè!

Alberto Sordi_ fotogramma dal film I Vitelloni di Fellini 1953

Il teatro secondo Sara ed Hengel


Oggi è il primo maggio, festa dei lavoratori. Ecco, lasceremmo questa festa a chi un lavoro ce l’ha per davvero, ed ecco, consiglieremmo loro anche di non gioire troppo.

Il lavoro nobilita l’uomo è una frase inventata da qualcuno che faceva lavorare gli altri, ne siamo certi. Il lavoro abbruttisce e rende rancorosi. Ma li avete mai visti gli operai uscire dalla fabbrica dopo i turni di notte? Avete mai visto le facce contrite di chi deve difendere la propria poltrona? Il lavoro nobilita… Con la scusa del lavoro, con la scusa di preservare posti e stipendi si tengono in vita stabilimenti inquinanti e pericolosi per la salute di tutti. Con la scusa del lavoro si trasformano le città in un viavai di aerei, in roccaforti del commercio dove le fontanelle vengono chiuse così il turista va al bar. Con la scusa del lavoro si distruggono le campagne, si cementificano i campi, si radono al suolo i boschi. Più ci pensiamo e più ce ne convinciamo: non può continuare così. Qualcosa deve cambiare.

Il lavoro è diventato un’arma puntata contro i lavoratori

Già, forse parliamo da precari arrabbiati, ma il fatto è che qui c’è davvero qualcosa che non funziona. Il lavoro, l’agire, il fare, fanno parte della natura dell’uomo, e questo va bene, lo capiamo. Ma attualmente questo lavoro sembra essere diventato un’arma puntata contro i lavoratori stessi. La maggior parte dei nostri amici che ha un lavoro fisso sente di sprecare la propria vita, di non avere tempo ed energie per fare quello che davvero li appassiona, mentre la maggior parte dei precari e disoccupati ha a malapena i soldi per vivere. Due situazioni diverse, ma entrambe vite di merda.

Il lavoro può avere un senso solo quando è sogno, solo quando è una voglia di agire che ci completa e che proietta le nostre necessità nel mondo. Allora, in tal caso, nobilita. Altrimenti è solo spreco, spreco di risorse, di energie, di sogni, di enormi capacità. Guardatevi intorno: quanti vengono pagati per fare quello che davvero li appassiona e quanti invece fanno lavori che non gli interessano e che gli ingrigiscono la vita?

Ci piacerebbe che un giorno il lavoro di ciascuno fosse la sua festa

Per questo Sara ed io ci stiamo provando con il teatro, per questo ci stanno provando gli amici di PaginaQ e tanti, tanti altri. La via però è estremamente difficile. Nel teatro spesso occorre farsi strada a gomitate, essere furbi ed entranti e noi non ne abbiamo davvero voglia: non è certo una cosa nobilitante, no? E questo è un altro punto fondamentale, perché anche quando si trova un’idea lavorativa che ci infiamma l’anima, ci tocca avere a che fare con un mondo del lavoro malsano, fatto di persone che difendono il proprio praticello, che tentano di sfruttare, di usare… Eccheccazzo… c’è davvero qualcosa che non funziona.

E allora, per difenderci, noi di Teatro Cantiere ci stiamo provando in modi alternativi ad inventarci il nostro lavoro ed il nostro “mondo del lavoro”: cerchiamo scambi, baratti, reti di persone sane (non sempre di mente, ma di cuore sì), vie traverse. Ma questo non basta. Perché c’è quell’altro “mondo del lavoro” che è business e sfruttamento che incalza, che spinge, che insiste affinché ci si conformi alle sue incresciose regole. Non se ne viene fuori.

Oggi è la festa dei lavoratori e ci piacerebbe che un giorno questa festa non esistesse più. Ci piacerebbe che un giorno il lavoro di ciascuno fosse la sua festa. La sua necessità di bisogni primari, certo, ma anche la sua necessità di crescita, di espressione, di creatività. Il lavoro non dovrebbe neppure più chiamarsi così. Ciò che nobilita davvero l’uomo è la vita.
E la vita è breve. Quanto un ponte del primo maggio.

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Scritto da:

Pubblicato il: 1 maggio 2015

Argomenti: Cultura, Teatro

Visto da: 2913 persone

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7 risposte a: GRAND QUIGNOL! Lavoratori, tiè!

  1. avatar nemoprophetainpatria scrive:

    Facilissimo parlare dalla chiesa donata dal padre, al figlio, agli amici del figlio, che consente ad un gruppo ristretto di fare teatro, le mostre degli amici, dilettarsi nella direzione artistica.

  2. avatar nemoprophetainpatria scrive:

    C’è anche chi non ha una chiesa sconsacrata dove poter sognare, fare teatro ( se così vogliamo chiamarlo), dilettarsi a fare il direttore artistico, fare le mostricine degli amici.
    L’egoismo umano non ha limite.
    Dall’odissea senza spazi al circolo privato il passo è stato breve.
    Un saluto.

  3. avatar PinoSilvestro scrive:

    ma che t avranno fatto mai sti poveri ragazzi?quanto rancore caro il mio Beboprophetainpatria

  4. avatar nemoprophetainpatria scrive:

    A te che ti hanno fatto?
    Per gli amici degli amici c’è sempre spazio, un fatto di cui prendo atto, attonito osservo la deriva, deriva da èlite, dalla riva opposta un guitto osserva, questa esquerada festiva.
    Non sono Tom Wolfe e nemmeno la moglie di Leonard,
    Scintille Vedo Caste come Stige, se ti immergi acquisti l’invulnerabilità, come Teti con Achille.

  5. avatar Stolkeramistocaxxo scrive:

    Si si tante belle parole, poi quando viene il momento dei fatti le mani rimangono in tasca…
    sai Bebo, pardon Nemo, il mondo associazionistico è fatto così: c’è chi chiacchera e pontifica e chi invece senza troppe seghe si sbatte e fa , spesso senza tornaconto personale se non un po’ di soddisfazione personale e il piacere di stare tra amici (o amici degli amici), nel mezzo ci sono tante sfumature me in questo caso è abbastanza chiaro a quale delle due categorie tu appartenga.
    Se fossi in te rivaluterei il valore dell’amicizia senza secondi fini, perché masturbarsi piace a tutti ma troppo rischia di essere deleterio per la salute.

  6. avatar Redazione scrive:

    Ciao, vi ricordiamo che lo spazio per i commenti è pensato soprattutto per promuovere conversazioni e discussioni civili e inerenti alla notizia o all’argomento dell’articolo, non per risolvere questioni personali.
    Grazie !

  7. avatar nemoprophetainpatria scrive:

    Prima di tutto dovete chiedere scusa a tal Bebo perche non sono io.
    Credo sia lecito criticare la gestione di uno spazio, nell’articolo leggo di coltivare i sogni e far si che diventino il proprio lavoro e mi viene da scrivere che è facile farlo in un uno spazio gratuito e che non tutti hanno la possibilità di averlo, che per gli amici è facile farci cose ed altri vengono presi a pesci in faccia.
    Non è possibile dire che non c’è niente di sociale nel chiamare artisti da migliaia di euro e vendere le birre? Nei posti nati da lotte sociali come la mancanza di spazi, le serate sono solo il modo per avere soldi da reinvestire in qualcosa di veramente utile per la comunità, altrimenti quale è la scusante se si opera come qualsiasi altra associazione che magari gli spazi se li paga?
    Un saluto affettuoso.

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