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Hamburger Botticelli: solo un pretesto, niente contesto

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La domenica della vita: la storia dell’arte nell’era di Twitter


di Lorenzo Carletti e Cristiano Giometti

Scriveva Roberto Longhi nel 1959: «Ma chi voglia, concludendo fare il punto anche statisticamente sulla diffusione delle mostre in Europa, pensi soltanto alla sorpresa che ci coglie rilevando che, in confronto alle circa quaranta mostre del ventennio fra la prima e la seconda guerra mondiale – cioè fra il ’20 e il ’40 – nel quindicennio che segue la seconda (e speriamo ultima), dal ’45 al ’59, anno in cui parliamo, le mostre sono più di trecento. Non saranno troppe?».

 

 Golden Gate International Exposition di San Francisco, Treasure Island, 1939

Golden Gate International Exposition di San Francisco, Treasure Island, 1939

 

A conferma di ciò basti pensare che lo stesso Longhi nel 1939 fu tra gli organizzatori, per conto del Ministro Giuseppe Bottai, del trasferimento di 27 assoluti capolavori di antichi maestri provenienti dai principali musei italiani. Senza copertura assicurativa, si spedirono alla Golden Gate International Exposition di San Francisco 21 dipinti e 6 sculture, tra cui la Crocifissione di Masaccio, la Nascita di Venere di Botticelli, il Tondo Pitti di Michelangelo, la Costanza Bonarelli del Bernini, e anche il Fanciullo morso dal ramarro di Caravaggio di proprietà dello stesso Longhi. Questa fiera commerciale fu inaugurata nel febbraio del 1939 e chiuse i battenti il 29 ottobre successivo, quando la Polonia era già stata invasa dalle truppe naziste, annoverando quasi 2,5 milioni di visitatori. Alla chiusura dell’esposizione di San Francisco, gli stessi capolavori furono trasferiti dal clima mite della costa occidentale americana al gelido inverno di Chicago (dal 17 novembre 1939 al 9 gennaio 1940) e poi a New York in occasione dell’Esposizione Universale, al Museum of Modern Art (dal 25 gennaio al 7 aprile 1940); qui i capolavori fecero tappa prima di tornare in Italia sul transatlantico Rex. Gli sbalzi termici provocarono, com’era prevedibile, dei danni alla Madonna della Seggiola di Raffaello, alla Sacra Conversazione di Palma il Vecchio, al San Giorgio di Mantegna e alla Crocifissione di Masaccio. Le opere lasciarono il territorio americano il 13 aprile 1940, a pochi giorni dall’entrata dell’Italia in guerra.

 

New York World's Fair, Futurama, 1940

New York World’s Fair, Futurama, 1940

 

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Sandro Botticelli, Pallade e il centauro, 1482-1483, Firenze, Galleria degli Uffizi

Se negli anni Trenta, e per lungo tempo ancora, è stata la Nascita di Venere di Botticelli a rappresentare il Rinascimento italiano nel mondo, oggi l’ambasciatore del maestro fiorentino pare essere la tela della Pallade e il Centauro, conservata alla Galleria degli Uffizi. Da una tesi triennale di Anna Flavia Arisci, discussa all’Università di Firenze il 13 aprile scorso, si possono seguire gli spostamenti del dipinto a partire dal 1980, quando nei mesi di novembre e dicembre è stato esposto a Tokyo alla Mostra del Rinascimento italiano. Più ridotte le distanze con Palazzo Vecchio per la rassegna del 1999 (Giovinezza di Michelangelo) e con Roma un anno più tardi (Sandro Botticelli, pittore della Divina Commedia), ma ben presto i viaggi sarebbero ripresi massicciamente. Dal 1 ottobre 2003 al 22 febbraio 2004 il dipinto ha soggiornato a Parigi per l’esposizione Botticelli: De Laurent le Magnifique à Savonarole; senza rimetter piede a casa, la Pallade è rimasta a Palazzo Strozzi fino alla metà di luglio.

 

Dopo un meritato riposo di circa quattro anni, dal 2008 a oggi è stato un crescendo di eventi internazionali: Budapest (The splendour of the Medici. Art and live in Renaissance Florence, 24 gennaio – 18 Maggio 2008), Francoforte (Botticelli. Likeness, myth, devotion, 13 novembre 2009 – 28 febbraio 2010), Mosca (Sandro Botticelli. Pallade e il Centauro, 13 maggio – 17 luglio 2011), infine Bonn (Florenz, 22 novembre 2013 – 9 marzo 2014). Se a qualcuno di voi capiterà in questi giorni di visitare gli Uffizi, non avrà il piacere di ammirare questa tela, perché è già partita per una delle mostre collaterali dell’Expo di Milano, ove rimarrà fino al 31 ottobre prossimo.
Ce n’era proprio bisogno?

Sono ben 78 le opere che da Firenze hanno già fatto i bagagli per raggiungere le iniziative collaterali della kermesse internazionale che ha per tema il cibo , e non si contano quelle che stanno per partire dalle altre città della penisola . Qualche tempo fa abbiamo seguito le peregrinazioni, limitandoci all’ultimo decennio, di un celebre dipinto conservato al Museo Nazionale di San Matteo a Pisa, la Madonna dell’umiltà di Gentile da Fabriano che per fortuna, va ricordato, non andrà a Milano. Ci andranno, invece, 9 grandi sculture della taglia di Nicola e Giovanni Pisano, provenienti dal Battistero di Pisa e conservate al Museo dell’Opera del Duomo, al momento chiuso e in corso di riallestimento. La mostra sarà allestita nella chiesa di San Gottardo in Corte, a cura di Vittorio Sgarbi e con la regia di Vittorio Bartalini, dal 20 maggio prossimo fino al 15 ottobre. L’iniziativa intende dare «la possibilità di cogliere la stupefacente modernità di queste opere».

Taglia di Nicola Pisano, Madonna col Bambino, settimo decennio del XIII secolo, marmo scolpito, Pisa, Museo dell'Opera del Duomo

Taglia di Nicola Pisano, Madonna col Bambino, settimo decennio del XIII secolo, Pisa, Museo dell’Opera del Duomo

Le sculture di Nicola e Giovanni Pisano e loro collaboratori si troveranno perciò «all’interno di una spettacolare sequenza teatrale, in cui la sapiente illuminazione e l’armonica distribuzione spaziale mettono in risalto gli aspetti salienti dei due linguaggi artistici». La mostra è sponsorizzata da Robot City, «azienda specializzata nella produzione di Opere d’Arte attraverso l’utilizzo di innovative tecnologie legate al mondo della robotica»; tanto è vero che ad accogliere i visitatori ci sarà una copia della Madonna col Bambino, realizzata in marmo a grandezza naturale «con l’ausilio di innovative tecniche di scansione, modellazione digitale e utilizzo di macchine antropomorfe a calcolo numerico». Viene da chiedersi se per una mostra di questo tipo non era meglio inviare i calchi in gesso, peraltro esistenti, delle stesse sculture, senza mettere a rischio gli originali. Ma soprattutto – e questo vale per tutte le iniziative satelliti dell’Expo di Milano – perché non sfruttare un’occasione così ghiotta in termini di afflusso turistico per invogliare i visitatori ad addentrarsi nel territorio e vedere le opere nel loro contesto?

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Pubblicato il: 19 aprile 2015

Argomenti: Cultura

Visto da: 1711 persone

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2 risposte a: Hamburger Botticelli: solo un pretesto, niente contesto

  1. avatar giulia scrive:

    Oggi non è come nel secolo scorso e le tecniche di spostamento e ambientazione delle opere d’arte pare rendano sicuri i trasferimenti e l’esposizione e le risorse in più che si devono investire danno lavoro a molti…. E poi non c’è un Comitato di alti esperti nazionali presso il Ministero Beni Culturali competente per valutare il tutto, compresi gli aspetti di opportunità culturale? O siamo noi cittadini dilettanti i massimi esperti?
    PS. Alberto Bartalinu, non Vittorio!

  2. avatar Lorenzo Carletti scrive:

    L’articolo parlava d’altro e cioè dell’uso delle opere d’arte in chiave propagandistica e commerciale. Comunque al MiBACT non sono infallibili! I suoi funzionari (presenti o passati) possono commettere errori e sono sottoposti al giudizio dell’opinione pubblica, soprattutto quando fanno stupidaggini o incappano in clamorose dimenticanze!

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