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SerieQ The Game

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Gli inglesi sanno vagheggiare le ambiguità e l’individualismo, sanno intrecciare enigmi e misteri: per questo hanno realizzato The Game. Che come ogni spy story che si rispetti è capace di creare dipendenza


Gli americani sanno raccontarci cos’è la lealtà, la lotta per un ideale, l’identità collettiva: per questo hanno firmato quel capolavoro di The Americans. Gli inglesi sanno vagheggiare le ambiguità e l’individualismo, sanno intrecciare enigmi e misteri: per questo hanno realizzato The Game.

È il 1972, la Guerra non è mai stata così fredda. Un agente del KGB decide di tradire la madrepatria e svela alle spie dell’MI5 l’esistenza del Piano Glass, operazione sovietica dai contorni oscuri ma con esiti potenzialmente terribili: l’attacco sovietico sarà definitivo e segnerà il trionfo del comunismo. Un attacco nucleare? È questa la prima idea che terrorizza e angoscia il ristretto gruppo di agenti dell’MI5, unici messi a parte del segreto.

I primi tentativi da parte degli agenti inglesi di contrastare i preparativi sovietici falliscono miseramente. Chi tradisce l’Urss viene ucciso e gli agenti dell’MI5 capiscono che il vantaggio dei sovietici non può che significare una sola cosa: qualcuno, tra di loro, sta lavorando per il nemico. Ed è qui che alla spy story si aggiunge il giallo.

La talpa può essere Joe Lambe, giovane e avvenente spia con zigomi altissimi e tirabaci sbarazzino, capace di far capitolare agenti del KGB col solo scintillio dei canini. Oppure può essere il capo della squadra, il burbero agente di cui nessuno conosce il nome, chiamato da tutti “Daddy” (creepy). Non si esclude neanche che la talpa sia il vice dalle ambizioni frustrate, Bobby Waterhouse, la brillante profiler Sarah Montag o suo marito Alan, geniale e disadattato tecnico audio. Completano la squadra anche un’apparentemente trascurabile segretaria e un poliziotto portavoce dell’uomo della strada. Il gioco è lasciare che il telespettatore dubiti di ognuno di loro, appassionandolo, costringendolo a consumare ognuna delle sei puntate con febbrile avidità.

L’ambientazione retrò è fonte di grande fascino: non solo per la raffinatezza estetica ma anche per il racconto di una storia di spionaggio che non punta tutto sulle armi, gli inseguimenti, gli strumenti tecnologici. Gli scenari, i ragionamenti, gli sviluppi della storia sono fondati su semplici osservazioni, su comuni (ma non banali) esercizi cerebrali: per questo The Game riesce più ad appassionare che ad impressionare.

the-game-bbc-america-tv-reviewIl mondo che racconta questa mini serie è cupo, attanagliato dall’angoscia e oscurato dalla paura. La Guerra Fredda fa il suo gioco, mettendo gli uomini uno contro l’altro, costringendoli all’isolamento e alla solitudine. Su tutto regna il dubbio, il sospetto, la paranoia; la guerra, con la sua carica distruttrice, degrada e umilia anche il più nobile dei sentimenti: l’amore. L’amore ai tempi della Guerra Fredda non è una forza positiva: è un’arma terribile, devastante, capace di far rinnegare anche il più istintivo o il più razionale sistema di valori. Il nazionalismo e l’amore per la madrepatria, il rifiuto della violenza e la lotta al terrorismo: tutto può essere abiurato in nome dell’amore, debolezza dalla potentisima forza distruttrice.

C’è il politico inglese diventato informatore del KGB per fare evadere la moglie da Berlino Est. C’è il vecchio lupo dello spionaggio, dal fisico pesante e dal leggero cachet, totalmente conquistato dal fascino di una danzatrice cinese, che lo sfrutta e lo illude per ottenere un visto. C’è il vice, un ometto succube della madre e attratto dal sesso maschile, costretto a nascondere le proprie inclinazioni per convenienza, anche professionale. Ma forse la più significativa e angosciante delle storie d’amore è quella di Joe, il quasi-eroe che non esita un attimo a vendersi ai sovietici per assicurare la salvezza della sua amata, doppiogiochista nata al di là della cortina di ferro.

Negli anni ’70 l’amore è nobilitante solo nelle canzonette: secondo The Game è la forza che può indurre a rinnegare la propria identità, può impoverire al punto di non lasciare più nulla in cui credere e -proprio come la bomba atomica- dopo aver distrutto tutto fagocita sé stesso. Diventa dubbio, ossessione, paranoia e costringe l’innamorato a sospettare di essere ingannato, a dubitare dell’altro.

La serie è andata in onda su BBC America e fin dalla prima delle sei puntate si mantiene, come ogni spy story che si rispetti, capace di creare dipendenza. La mini-serie si conclude in modo soddisfacente, ma questo non esclude un’auspicabile seconda stagione.

(Questo pezzo è stato pubblicato anche su Subsfactory)

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Pubblicato il: 26 marzo 2015

Argomenti: Quaderni, SerieQ

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