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InQuadriamo il diritto Il rapporto genitori – figli secondo il codice civile

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Il concetto di “patria potestà” e quello di “potestà genitoriale” sono superati. Oggi infatti si parla di “responsabilità genitoriale”. Le novità introdotte dalle ultime riforme in questa prima puntata


Cari Lettori,
oggi con InQuadriamo il diritto vediamo insieme in che modo il codice civile disciplina il tanto complesso e delicato rapporto tra genitori e figli.

Per iniziare a parlare di questo tema così spinoso, non si può non partire dalle (un po’ asettiche) definizioni che troviamo nel codice e dai nuovi concetti che le recenti riforme hanno introdotto nel nostro ordinamento.

Tra questi nuovi concetti, il primo da citare è, senza dubbio, il concetto di “responsabilità genitoriale”, che è andato a sostituire il precedente concetto di “potestà genitoriale”, che a sua volta, nel lontano 1975, andò a sostituire il concetto di “patria potestà”.
Ma andiamo con ordine.
Fino al 1975 in Italia i figli non ancora maggiorenni erano sottoposti alla “patria potestà”, ossia ad un potere dai connotati abbastanza marcati che spettava unicamente al padre (di qui, appunto, l’aggettivo “patria” che accompagnava il sostantivo “potestà”).
Con la prima, grande ed epocale riforma del diritto di famiglia (avvenuta nel 1975) il concetto di “patria potestà” fu sostituto con il concetto di “potestà genitoriale”. La “potestà” era esercitata congiuntamente da entrambi i genitori, che, salvo rare eccezioni, avevano gli stessi diritti e gli stessi doveri nei confronti dei figli minori. Cambiava, inoltre, il contenuto della “potestà”, che aveva caratteri meno “autoritari” e molto più vicini alle valutazioni degli interessi dei figli.

Oggi questo concetto si è ulteriormente evoluto, e adesso si parla di “responsabilità genitoriale”. Il codice civile ci dice, infatti, che la “responsabilità genitoriale” è esercitata da entrambi i genitori “di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio”, e che il figlio ha diritto “di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”, ha diritto “di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti” e “ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano”. Inoltre, il codice stabilisce anche che i “genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo”, e che “quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinchè possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli. Da parte sua, anche il figlio “deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.

Con le ultime riforme è stato, inoltre, eliminato dal codice civile ogni riferimento ai figlinaturali” e ai figlilegittimi”. Oggi con il termine “figlio” si fa riferimento ad ogni rapporto di filiazione, sia essa biologica, adottiva, avvenuta all’interno o al di fuori di un matrimonio ecc. Sono stati quindi eliminati tutti gli anacronistici termini di figlio “naturale” e “legittimo”, che servivano ormai solo a creare inutili distinzioni. La modifica, peraltro, non è stata solo a livello terminologico. Difatti, oggi finalmente i figli nati all’interno di un matrimonio (e che in passato venivano definiti “figli legittimi”) hanno esattamente gli stessi diritti e gli stessi doveri dei figli nati al di fuori di un matrimonio (e che in passato venivano definiti “figli naturali”). Prima i figli nati all’interno del matrimonio avevano qualche diritto in più rispetto ai figli nati al di fuori del matrimonio (si trattava, in particolare, di diritti successori). Oggi ogni distinzione è venuta meno, e tutti i figli hanno verso i genitori, i loro parenti ed i loro affini gli stessi diritti e gli stessi doveri.

Queste sono le definizioni più importanti che il codice civile ci offre per quanto riguarda il rapporto genitori/figli: la disciplina sostanziale è, ovviamente, ancora più complessa e articolata, ma di questa ne parleremo nella prossima puntata!

Vi aspetto alla prossima!
Francesca Bonaccorsi

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Una risposta a: Il rapporto genitori – figli secondo il codice civile

  1. avatar enrico scrive:

    Interessante articolo che mi giunge proprio nel momento in cui sto cercando di capire meglio il TRUST ovvero il fatto che con la iscrizione alla anagrafe, lo stato diventa proprietario della merce “mio figlio” riconoscendolo con NOME COGNOME e di fatto BENEVOLMENTE me lo affida affinché io GIA’ SCHIAVO provveda a accudirlo da SCHIAVO come lo stato desidera. Con la presente solo per evidenziare che tutta la Sua corretta esposizione SE e SOLO SE si provvede AUTONOMAMENTE a porsi nella ottica che le ho esposto PRENDE INEVITABILMENTE una altra verità: ovvero lo stato di cui sono schiavo mi OBBLIGA (=ORDINA) di effettuare tutte quelle cose elencate (e che io fare cmq per mio figlio!) senza che sia MAI evidenziato che l ostato se ne è appropriato a sua insaputa e approfittando della mia disconoscenza del TRUST. La invito a ascoltare le SACROSANTE parole di Valeria qui: https://www.youtube.com/watch?v=BZvogF_V4-U e a tentare di fornire anche punti di vista piu’ completi o altrimenti dovrei interpretare la sua esposizione come una CONNIVENZA con il potere dello stato. Saluti

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