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ClassiQue #5 Folies d’Espagne

vihuela

Gli Amici della Musica in collaborazione con Fundació Centre Internacional de Musica Antiga presentano Jordi Savall e HESPÈRION XXI – domenica 8 marzo 015 ore 21.00 al saloncino del Teatro della Pergola a Firenze


In psicologia, psichiatria e nel senso comune il termine follia indica genericamente una condizione psichica che identifica una mancanza di adattamento che il soggetto esibisce nei confronti della società, tipicamente attraverso il suo comportamento, le relazioni interpersonali e stati psichici alterati ovvero considerati anormali fino a causare stati di sofferenza psicologica per il soggetto.
La definizione di follia è influenzata dal momento storico, dalla cultura, dalle convenzioni, quindi è possibile considerare folle qualcosa o qualcuno che prima era normale e viceversa.
Wikipedia

Diciamocelo pure: quando, e non di rado, a radio3 capita di sentire l’inconfondibile incipit del tema della Folia – o Follia che dir se ne voglia – il pensiero più spontaneo, quello che viene direttamente dalla pancia, suona come un qualcosa di simile: ohmamma eccone degli altri, suonano un’altra volta le follie, cambio frequenza.
Perché purtroppo, e sottolineerei purtroppo, la follia con tutte le sue variazioni soffre la stessa malattia incurabile di cui sono affette le incisioni vivaldiane, benché grandi musiche: l’inflazione.
Uno spiacevolissimo inconveninte, concordo.

L’argomento però non è la mia personale insofferenza verso il ripetersi infinito delle maniere (equiparabile soltanto alla tendenza degli ultimi anni alle reunion degli storici gruppi rock e non) ma il concerto che si svolgerà domenica 8 marzo alle 21 al saloncino del Teatro della Pergola di Firenze, ovvero l’HESPÈRION XXI e nel presente caso Jordi Savall sulla viola da gamba e lira da gamba, Rolf Lislevand alla guitarra e tiorba, Dimitri Psonis alle percussioni.
Tema della serata: Folias & Canarios.
Cerchiamo quindi di dimenticare l’orribile premessa di questo scritto e focalizziamoci
1) sull’argomento 2) sugli attori.

1- Semplificando, eludendo i vari escursus storici, la follia come generalmnte la intendiamo oggi è un preciso tema musicale originato nei secoli XVI e XVII che si articola su una linea di basso basata su di una passicaglia, solitamente in re minore. Sopra questa struttura gli esecutori improvvisavano più o meno liberamente il tema, tendenzialmente in forma di sarabanda.
Potete vedere anche da voi, visto i termini citati, che stiamo parlando di tempi di danza, e nello specifico di danze e balli di origine popolare.

Cosa meglio delle Folies d’Espagne rappresenta quel primordiale punto di giuntura tra la nostra cultura musicale europea cosiddetta colta (la cui testimonianza scritta appare forse per la prima volta nella canzone anonima Rodrigo Martinez, Cancionero de Palacio, 1475-1516) e la natura vulgare e spontanea della musica da celebrazione e da ballo e perché no, da osteria?
Cosa meglio simboleggia quella naturale tendenza all’improvvisazione che tutta l’esecuzione ha avuto nei secoli, anche se in seguito molti modi hanno subito un processo di cristallizzazione sullo spartito, fino a tornare liberi a partire dal jazz dei primi decenni del 900?

 

 

2- Prima di tutto Jordi Savall. Savall per un appassionato di musica antica, ma oserei dire di musica in genere, è l’equivalente di Gesù Cristo per un cattolico o di Allah per un musulmano.
Chiaro il concetto?
Catalano, violoncellista di origine, si converte – per rimanere in termini religiosi – alla viola da gamba quando in pochissimi nel mondo, siamo a metà degli anni ’60, sapevano esattamente cosa essa fosse, per non parlare di come andasse suonata.

Il repertorio passa obbligatoriamente per l’ingegno dei grandissimi: dal Diego Ortiz della Spagna cinquecentesca agli inglesi del ‘600 come Christopher Simpson e Tobias Hume, dalla scuola francese dei virtuosi che va da Monsieur de Sainte Colombe ed arriva a Marin Marais e Antoine Forqueray per passare alla Germania di Karl Friedrich Abel e dell’enorme Giovanni Sebastiano Bach che di fatto mise la parola fine alla vita musicale attiva di questo strumento con il sesto concerto Brandeburghese (BWV 1051) dopo aver scritto uno dei più grandiosi e difficili soli (in stile francese: Komm, süßes Kreuz, so will ich sagen dalla Passione Secondo Matteo – BWV 244) e tre sonate dedicate (BWV 1027–1029).

Direttore di numerosi ensemble e compagini orchestrali da lui stesso fondati che hanno fatto la storia degli ultimi 40 anni di produzione musicale “classica”, a Barcellona Jordi Savall è venerato come Diego Armando Maradona a Napoli; lo stesso si può dire della sua etichetta discografica, l’Alia Vox – dal latino “Voce Altra”: puro esempio di una certa filosofia dell’autoproduzione che vuol dire di fatto autodeterminazione.

Nel mentre, una vita dedicata alla riscoperta e alla rappresntazione di uno speciale repertorio di confine, nato dalla mescolanza di tradizioni proprie di civiltà apparentemente lontane: tantissime le registrazioni e le esibizioni con suonatori turchi, armeni, israeliani, marocchini. Per citare il più simbolico perché clamorosamente attuale Mare Nostrum, un disco che naviga esattamente dentro a questa enorme eredità culturale mediterranea in senso esteso, registrato con il ben preciso scopo di dimostrare le affinità per mezzo della diversità.

Insomma quale miglior strumento della Viola da gamba, le cui origini restano a tutt’oggi oscure, probabilmente nata tra il XII e il XIII secolo nella Spagna delle dominazioni arabe e sviluppatasi fino e nel bel mezzo di tutto l’illuminismo Europeo, può incarnare questo processo di reunificazione?
(per approfondimenti si veda The Early History of the Viol – © 1984 Cambridge University Press)

 

Un consiglio? Prenotate un biglietto, prendete il treno, l’automobile o l’aereoplano ma domenica andate a Firenze perché ne vale la pena.
La cultura non si beve ma è come l’acqua (e per qualcuno il vino). In sua assenza non c’è vita.

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Pubblicato il: 3 marzo 2015

Argomenti: ClassiQue, Quaderni

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