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GRAND QUIGNOL!. Un articolo ipocrita

napalm

Il Teatro secondo Sara ed Hengel. Di Dialoghi Resistenti e teatro. Perché Hypocrites significa “colui che risponde alle domande” e più tardi ha preso il significato di attore


“Secondo me ne viene fuori un articolo ipocrita.”

“Ma Sara, cosa stai dicendo?”

“Andiamo, Hengel! Il fatto è che non puoi usare il Grand-Quignol! per farti pubblicità!”

“Ma quale pubblicità? Voglio semplicemente parlare di un progetto che mi sembra bellissimo e utile, dove si cerca di instaurare un dialogo sul Teatro attraverso interviste e riflessioni. È qualcosa a cui tengo veramente…”

“Sì… e guardacaso c’è anche un’intervista a Teatro Cantiere…”

“E questo cosa c’entra? Del resto siamo venuti a conoscenza del progetto anche perché ci hanno chiesto di partecipare, no?… E poi pensa che nell’articolo per il Grand-Quignol! volevo metterci proprio un estratto del nostro intervento, quello dove ci presentiamo. Così prendiamo due piccioni con una fava! Parliamo di Dialoghi Resistenti e intanto ci presentiamo ai nostri lettori di PaginaQ, cosa che non abbiamo mai fatto per bene e che mi sembra doverosa…”

“Due piccioni con una fava? Vedi? Parli proprio da ipocrita!”

“Va bene… ti risponderò con una curiosità sul teatro: lo sapevi che nella Tragedia Greca, ai tempi di Eschilo, l’Hypocrites era un ruolo teatrale? Proprio così. L’Hypocrites era l’attore unico che dialogava col Corifeo. E infatti in greco Hypocrites significa Colui che RISPONDE alle DOMANDE e più tardi prese il significato di ATTORE…”

“E allora?”

“Beh, almeno etimologicamente, la tua accusa di ipocrisia capita a fagiolo dal momento che Dialoghi Resistenti è un progetto fatto di DOMANDE in attesa di RISPOSTA rivolte ad ATTORI e teatranti, no?”

“Va bene… mi arrendo alla tua cultura aneddotica… e se la smetti di calcare le parole in quel modo, proverò ad ascoltare le tue ragioni… ma sappi che son dubbiosa… tu però tenta lo stesso: avanti, sentiamo come scriveresti l’articolo…”

È molto semplice. Voglio parlare di Luca Privitera e del suo Ultimo Teatro. Descrivere la nostra ammirazione per lui e per Nina per la determinazione con la quale portano avanti la loro necessità di fare teatro. Mi soffermerei poi su come riescano a girare con la loro compagnia, come riescano a fare spettacoli per tutta Italia, pur non facendo parte di circuiti ufficiali, pur non facendo teatro alla moda… Vorrei anche parlare del loro modo di essere impegnati, di fare teatro civile, del loro modo di essere rivoluzionari attraverso le scelte che hanno intrapreso… Così! Poi ho intenzione di proseguire accennando a Dialoghi Resistenti… spiegherei che Luca ha avuto questa magnifica idea di sondare il mondo del Teatro attraverso lunghe interviste ad attori, compagnie, critici. E questo per riavviare un dialogo che non c’è più, per indagare tra le ceneri di un Teatro ormai spento alla ricerca di qualche tizzone ardente. E di tizzoni ardenti Luca ne ha trovati… Un lavoro encomiabile. E poi scherzerei un po’ sulle lunghe domande di Luca, che sono discorsi fatti e finiti ma che riescono ad essere molto stimolanti per chi viene intervistato. Quindi accennerei a chi ha già aderito al progetto: Carlo Cerciello di Elicantropo Teatro, Giulio Bufo, Raffaele Ferro con Sylvère Lotringer, i nostri amici del Tappeto di Iqbal di Giovanni Savino, Quotidiana Com e tutti gli altri. Anche quelli che devono ancora arrivare.

Infine spiegherei agli amici di PaginaQ che le domande di Luca ci hanno permesso di riflettere su cose che solitamente ed erroneamente tralasciamo, di svelarci come non mai… Perciò dopo magari ancora un paio di riflessioni tue e mie volevo metterci un estratto della nostra intervista, dove parliamo di come siamo arrivati al teatro… Fa pure ridere… Insomma, Sara, ti sembra ancora ipocrita adesso che ti ho spiegato?”

“Beh detto così no, lo ammetto… potrebbe anche funzionare… il fatto è che non mi fido…”

“Dai… Tra l’altro prima mi hai fatto venire in mente una cosa… nell’articolo potrei mettere anche l’aneddoto dell’Hypocrites, tanto per rendere il tutto più curioso e scorrevole…”

“Mmmm. Non so… non vorrei che per infilarci ‘sta cosa ricorressi a qualche stupido giochetto letterario…”

“No, no, tranquilla, faccio un articolo serio, tranquilla!”

“E che non sia un articolo ipocrita!”

“Non sarà un articolo ipocrita, Sara, tranquilla.”

“E senza giochetti letterari!”

“Tranquilla.”

“Sicuro, sicuro?”

“Sicuro.”

DIALOGHI RESISTENTI tra Ultimo Teatro Produzioni Incivili e Teatro Cantiere

Ciao Hengel, ciao Sara sono entusiasta della vostra partecipazione a Dialoghi Resistenti e sono felice che persone come voi abbiano voglia e soprattutto interesse di trasmettermi il proprio pensiero e la propria esperienza. Ho conosciuto il vostro lavoro molti anni fa questo perché ho sempre un occhio attento a ciò che si muove nel territorio, che sia esso regionale che sia esso nazionale e poi nella mia ingenuità penso che le affinità prima o poi si incontrino e ne traggano una dall’altra una sorta di scambio e di abbraccio fraterno. Mi avete sempre incuriosito, sia per le scelte artistiche da voi intraprese, sia per gli studi che avete fatto e condotto. Vorrei, in questa prima fase, una sorta di vostra presentazione umana. Chi siete? Da dove venite? Qual è la vostra formazione teatrale? A cosa aspirate? Cosa vi aspettate dal fare Teatro?

Ciao Luca, intanto vogliamo dirti che siamo onorati nel partecipare a Dialoghi Resistenti. Inutile sottolineare che ci sembra un’iniziativa assolutamente interessante e necessaria, un modo per trovarsi e per capirsi, cosa spesso rara tra i teatranti.

Proveremo a rispondere alle tue tantissime domande in modo informale e giocoso, sincero e chiaro, come
vuole il nostro stile.

Sara ed io (Hengel) siamo liguri, lo si può ancora indovinare dal nostro accento seppur si viva a Pisa da un bel po’, ma soprattutto lo si può indovinare da certi nostri modi un po’ grezzi e bruschi, da quella scorza dura che sembra avvolgerci il cuore, ma che se la sai rompere… Quasi venti anni fa ci siamo fidanzati (si dice ancora?) umanamente ed artisticamente. Eravamo ragazzi, ci accomunavano uno strano senso di insoddisfazione e la consapevolezza di essere un poco fuori posto in un mondo che sembrava non assomigliarci. E non erano rigurgiti tardo adolescenziali, ma una condizione umana che ci ha portato a sentire la necessità di esprimerci, di cercare quel qualcosa che ci mancava nell’arte, nel gioco, nella gioia.

Il teatro non ci è mai piaciuto più di tanto. Avevamo una band. Eravamo così assurdi nel contesto Ligure-Montano e Basso piemontese che qualcuno ancora si ricorda e sogghigna sotto i baffi. Ci chiamavamo Alzheimer. In luoghi dove la senilità della popolazione è altissima quel nome faceva uno strano effetto. In molti ci dissero che non faceva ridere nessuno. Infatti non doveva, era il nostro grido. Disperato.

Il teatro ci sembrava noioso, lo conoscevamo poco a dire il vero: quello classico ci è sempre apparso
ridondante e falso, quello sperimentale pretenzioso e intellettualistico. Ci si fermava lì. Poi il caso volle che la mia passione per la Danimarca mi abbia fatto seguire un corso di danese all’Università (nonostante facessi Lettere Moderne) e mi venne offerta la possibilità di fare la Tesi sull’Odin Teatret con tanto di borsa di studio. Sara mi seguì anche lei con una borsa di studio. Facendola breve conoscemmo l’Odin e questo ci fece comprendere senza ombra di dubbio quale fosse la nostra strada: il Teatro. Ma non quello dei clichés e degli attori tromboni: un teatro vivo e pieno di umanità, un teatro che cerca l’altro, il contatto, l’amore.

Ecco. Folgorati sulla via dello Jutland.
Tornati a Pisa, ancora con le valigie da disfare ci siamo guardati intorno e abbiamo trovato un luogo, il Cantiere Sanbernardo…

Leggi l’intervista completa

Vai a Dialoghi Resistenti

Immagine: Napalm di Banksy. Foto di Giuseppe Perri – Flickr

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Pubblicato il: 1 febbraio 2015

Argomenti: Cultura, Teatro

Visto da: 1055 persone

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