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Siamo quello che mangiamo Meno sale, meno mal di testa

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Uno studio della Johns Hopkins University mostra come la riduzione del sale dall’alimentazione sia associato a un rischio significativamente inferiore di cefalea. Ecco qualche suggerimento pratico per i vostri cibi


Un nuovo studio pubblicato sul British Medical Journal (Effects of dietary sodium and the DASH diet on the occurrence of headaches: results from randomised multicentre DASH-Sodium clinical trial, BMJ Open 2014;4:e006671), dà nuove speranze a chi soffre di mal di testa, disturbo comune e invalidante, non sempre attenuato da farmaci o altri accorgimenti di varia natura.

Secondo Muhammad Amer, coordinatore dello studio e ricercatore della Johns Hopkins
University di Baltimora (Stati Uniti), “la riduzione dell’apporto alimentare di sodio rappresenta un nuovo approccio alla riduzione del mal di testa”.

Lo studio ha coinvolto 390 persone, sottoposte alternativamente a periodi di alimentazione con alto, medio o basso contenuto di sale da cucina, il cloruro di sodio: le conclusioni sono che “il ridotto contenuto di sodio è associato ad un rischio significativamente inferiore di cefalea”.

In Italia il consumo procapite di sale è più del doppio rispetto a quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità

I dati raccolti durante lo studio rivelano anche come l’effetto sia indipendente dalle altre caratteristiche dell’alimentazione. “Il regime alimentare – spiegano i ricercatori – non ha alcun effetto sul rischio di mal di testa negli adulti”. Inoltre i mal di testa si riducono sia nei partecipanti ipertesi che in quelli normotesi. Il beneficio osservato sembra quindi essere di per sé la riduzione dell’assunzione di sale.

 

L’ipotesi è che diminuendo il consumo di sale si riducano la pressione e la differenza fra la massima e la minima. Qualunque sia il meccanismo alla base dell’effetto, questo studio suggerisce come affrontare il mal di testa nel modo migliore possibile.

In Italia il consumo procapite di sale è pari a circa 9-11 grammi giornalieri, più del doppio rispetto a quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, come valore massimo tollerabile nell’adulto; consumare fino a 5 grammi (un cucchiaino da caffè) in meno di sale al giorno riduce del 23% il pericolo di ictus e del 17% quello di malattia cardiaca.

Secondo quanto riportato dall’Inran (Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione), il 10% del sale consumato è naturalmente presente negli alimenti e nelle bevande, il 36% viene aggiunto durante le preparazioni casalinghe dei pasti, mentre ben il 54% si trova nei prodotti trasformati (cioè lavorati artigianalmente e industrialmente) e nei piatti preparati dai ristoranti.

Assumiamo sale soprattutto mangiando pane e prodotti da forno. Infatti, anche se in percentuale il sale è presente in questi alimenti in quantità minori rispetto a salumi e formaggi, la quantità di pane e prodotti da forno consumati settimanalmente sono maggiori.

Ecco alcuni consigli pratici per ridurre il consumo di sodio:

1. Insaporisci i cibi con erbe aromatiche fresche, spezie o usando limone e aceto
2. Riduci progressivamente l’uso di sale sia a tavola che in cucina. Preferisci il sale iodato.
3. Riduci al minimo il consumo di alimenti trasformati ricchi di sale (snack salati, patatine in sacchetto, alcuni salumi e formaggi, cibi in scatola).
4. Controlla sempre le etichette, anche delle acque minerali
5. Evita l’uso di condimenti contenenti sodio (dado da brodo, ketchup, salsa di soia, senape)
6. Non aggiungere sale nelle pappe dei tuoi bambini almeno per tutto il primo anno di vita ed abituali ad apprezzare cibi poco salati
7. Quando sono disponibili, scegli prodotti a basso contenuto di sale (ad esempio pane ed altri derivati dei cereali senza aggiunta di sale)
8. Durante gli spuntini, frutta o spremute sono un’ottima alternativa agli snack salati
9. Nell’attività sportiva leggera reintegra con la semplice acqua i liquidi perduti attraverso la sudorazione

A proposito dell’uso di erbe e spezie in cucina, imparare ad utilizzarle allo scopo di ridurre il contenuto di sale nella dieta è fondamentale soprattutto per coloro che soffrono di ipertensione, diabete o sovrappeso: uno studio dell’Università di San Diego, in California, ha esaminato le abitudini alimentari di 55 persone, il 60% delle quali in sovrappeso e che soffrivano di diabete o ipertensione, alle quali per quattro settimane è stato chiesto di seguire una dieta iposodica. In una fase successiva metà di loro hanno seguito un corso di 20 settimane finalizzato ad apprendere l’uso delle spezie e delle erbe in cucina per dare sapore ai piatti utilizzando il sale solo per un apporto giornaliero di 1,5 mgr, mentre gli altri hanno iniziato a cucinare allo stesso modo ma senza il supporto di un corso.

Nella prima fase il contenuto di sodio giornaliero è complessivamente diminuito (da 3,45 gr a 1,6 gr), mentre nella seconda fase, dopo un aumento iniziale dell’apporto di sodio in entrambi i gruppi, chi ha seguito il corso è riuscito a ridurlo notevolmente, facendolo arrivare a meno di 1gr al giorno.

Questo perché – ipotizzano gli studiosi – le persone che erano state supportate nel percorso di inserimento di spezie ed erbe in cucina erano anche più consapevoli del fatto che non era necessario aggiungere sale una volta insaporiti i piatti e venivano “guidate” anche nella scelta di cibi ipocalorici durante i pasti fuori casa.

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Pubblicato il: 1 febbraio 2015

Argomenti: Quaderni, Siamo quello che mangiamo

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