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Appalti senza gara alla Reggia di Caserta, indagata la soprintendente David. Il difensore: “Fraintendimento”

chiara.tiberi-flickr

Turbativa d’asta, falsità materiale e ideologica i reati contestati agli indagati dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere.  L’avvocato della Soprintendente replica alle accuse


“Credo si tratti di un fraintendimento di fondo”. Non rilascia dichiarazioni la soprintendente di Pisa Paola Raffaella David, indagata dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere insieme a altre 5 persone. A parlare è il suo avvocato, Luigi Petrillo del foro di Avellino.
Le accuse si riferiscono a fatti avvenuti fra il 2010 e il 2013 quando l’architetto David rivestiva i panni di soprintendente di Caserta e Benevento. Con lei sono indagati i funzionari tuttora in servizio alla Reggia Marco Mazzarella, Andrea Corvino e Giuseppe Graziano, e l’attuale sovrintendente dei beni architettonici e paesaggistici per le province di Brindisi, Lecce e Taranto Francesco Canestrini.

Gli avvisi di conclusione delle indagini notificati in questi giorni parlano di reati di turbativa d’asta, falsità materiale e ideologica (a cui si aggiunge quella di furto che riguarda però solo un operaio).

A diffondere la notizia ieri l’Ansa che ha parlato di un impianto accusatorio basato sulla contestazione di appalti (132 si è detto, di 50 parla invece l’avvocato), assegnati in “somma urgenza” in modo illegittimo secondo l’accusa, per diversi milioni di euro a ditte che gli inquirenti riterrebbero “amiche”. Si parla di lavori che sarebbero stati frazionati in più parti in modo da rimanere al di sotto della soglia di legge che obbliga a gare ad evidenza pubblica. Una volta operato il frazionamento, sostiene ancora l’accusa, veniva falsamente attestata la somma urgenza e si procedeva così all’affidamento diretto alle ditte “amiche”.

A respingere il teorema delle imprese “amiche” l’avvocato della soprintendente David Luigi Petrillo, per il quale questa accusa “è assente dagli atti della Procura che non contesta rapporti di cortesia, tanto che le suddette ditte non risultano indagate, né sono stati ipotizzati reati di corruzione”. Forse, ipotizza l’avvocato Petrillo “si è parlato di imprese ‘amiche’ perché le ditte impiegate nei lavori della  Reggia di Caserta erano più o meno sempre le solite trattandosi di lavori specializzati”.

“I reati ipotizzati – dice ancora l’avvocato –  riguardano contestazioni formali rispetto alle procedure seguite”. Nega anche il frazionamento dei lavori parlando di un fraintendimento da parte della Procura, che secondo l’avvocato,  non avrebbe considerato che “i fondi arrivano dal Mibact a blocchi, e non uno alla volta secondo i lavori eseguiti. Stornati in un capitolo di spesa i soldi vengono poi ripartiti per pagare i lavori già eseguiti in somma urgenza”.

E per giustificare il ricorso continuo alle “somme urgenze” contestato dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere l’avvocato Petrillo cita due ispezioni del Ministero dei Beni Culturali da cui “non  sono emersi rilevi”. Anzi aggiunge “gli ispettori hanno rilevato una grande insufficienza dei finanziamenti alla destinati alla Reggia che di fronte a un fabbisogno di 10 si vedeva riconosciuto un corrispettivo di 2”.
Da qui il continuo contestato ricorso alla “somma urgenza”.

 

Foto di Chiara Tiberi – Flickr[/box]

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Pubblicato il: 21 gennaio 2015

Argomenti: Cronaca, Cultura, Pisa

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