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InQuadriamo il diritto Tombola, mercante in fiera, sette e mezzo e baccarà: il diritto e i giochi in famiglia

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Cari Lettori,
avete trascorso bene queste prime feste natalizie? Quante serate avete passato davanti ad un tavolo ricoperto da morbido panno verde a giocare a mercante in fiera, tombola, sette e mezzo, burraco, blackjack e baccarà? Quante noci e noccioline avete sgranocchiato nell’attesa di vedere materializzato il famoso settebello? E quanti nonni e zii, magari un po’ in là con gli anni, nel bel mezzo di una tombolata hanno chiesto  “ma il 39 è uscito?” tra gli sguardi rassegnati dei parenti?

Se anche voi fate parte di quella schiera di persone che a Natale non rinunciano a giocare a carte tra amici e parenti, oggi InQuadriamo il diritto fa proprio per voi!

Immaginate la scena. State giocando a sette e mezzo e il gruzzoletto di spiccioli che avevate sul tavolo si assottiglia sempre di più. Vi sono rimasti sono dieci miseri centesimi, eppure eravate partiti con più di dieci euro … come è stato possibile? Forse si è trattato di sfortuna, forse avete giocato a sette e mezzo con le regole del tressette, ed è per questo che non ci capite più nulla, fatto sta che avete perso un po’ di soldini. Dal punto di vista giuridico, che cosa succede in questi casi? Chi tiene “il banco” può pretendere che gli altri giocatori paghino quanto dovuto per le loro “puntate”? E chi perde può sottrarsi al pagamento semplicemente invocando lo spirito natalizio e facendo appello alla clemenza di parenti e amici?

Ebbene, se lo spirito natalizio e la clemenza di parenti e amici non dovessero essere sufficienti per abbuonare al malcapitato di turno i dieci euro persi con una mano di baccarà, in suo soccorso arriva il diritto. Il codice civile dedica un’intera parte al “giuoco” (così è la dizione del codice) e alla “scommessa”, e all’art. 1933 stabilisce che “non compete azione per il pagamento di un debito di giuoco o di scommessa, anche se si tratta di giuoco o di scommessa non proibiti”. Ciò significa che il vincitore non ha alcuna possibilità di ottenere coattivamente il pagamento di quanto dovuto dal giocatore perdente, dato che non gli è concesso di agire né giudizialmente né stragiudizialmente per recuperare quanto vinto in famiglia davanti ad un tavolo da gioco.

Attenzione però. In questo caso il diritto agisce in modo un po’ strano, perché se è vero che chi vince non può agire contro chi perde per ottenere il pagamento della vincita, è anche vero che “il perdente … non può ripetere quanto abbia spontaneamente pagato dopo l’esito di un giuoco o di una scommessa in cui non vi sia stata alcuna frode” (così prosegue l’art. 1933 del codice civile). Ciò significa che chi perde e paga spontaneamente il proprio debito (attenzione, la spontaneità è elemento fondamentale!) poi non potrà più “tirarsi indietro” e chiedere la restituzione di quanto pagato. Ciò che è stato pagato è stato pagato, e non si può più tornare indietro (a meno che il perdente non riesca a dimostrare che il vincitore ha vinto con frode, ossia, detto brutalmente, “barando”).

Ricapitolando. Se lo sfortunato zio Peppino perde clamorosamente durante una partita a carte, il nipote non potrà mai fargli mandare una lettera dal suo avvocato con la quale si intima il pagamento della vincita. Tuttavia, se lo zio Peppino, per una questione di onore personale nei confronti del nipote, decide di pagare spontaneamente il suo debito, non potrà poi ripensarci e richiedere indietro quelle somme, a meno che non riesca a dimostrare che il nipote ha barato.

E volete sapere perché succede tutto ciò? Perchè l’art. 1933 del codice civile non è altro che una specificazione di un’altra norma del codice civile, l’art. 2034, nella quale si stabilisce che “non è ammessa la ripetizione” (ossia non è possibile chiedere la restituzione) “di quanto è stato spontaneamente prestato in esecuzione di doveri morali o sociali … I doveri indicati dal comma precedente … non producono altri effetti”. La norma stabilisce che nessuno può essere costretto a pagare un debito sorto in esecuzione di doveri morali o sociali, ma stabilisce anche che nel momento in cui questo debito viene onorato non è poi possibile, per chi ha pagato, chiedere la restituzione di quanto corrisposto.

In ogni caso, a prescindere da quello che dice la legge, vale sempre il famoso detto “il bel gioco dura poco”: se vedete che dopo la prima e la seconda mano di sette e mezzo state perdendo miseramente, non aspettate di giocare anche la terza mano! Tiratevi indietro, fate scorta di noci e  mettetevi a costruire delle barchette con i gusci per i vostri nipotini … loro ne saranno felici, e anche voi ci guadagnerete, in tutti i sensi!

Io vi lascio ai festeggiamenti per questa sera, augurandovi il meglio per questo nuovo 2015!

Vi aspetto ad anno nuovo!
Francesca Bonaccorsi

 

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Pubblicato il: 31 dicembre 2014

Argomenti: Diritto, InQuadriamo il diritto, Quaderni

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