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Acquedotto mediceo, storia di un monumento abbandonato

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I pisani li chiamano semplicemente “i condotti”, con un understatement che sorvola sull’origine medicea dell’acquedotto che scende dalla Valle delle Fonti e arriva fino in centro. Fino al 1920, quando è stato sostituito dal più moderno impianto di Filettole, ha continuato a portare l’acqua a Pisa. Da allora è rimasto solo un monumento, parte integrante del paesaggio che lega la città ai monti. Un monumento che non è mai stato considerato veramente come tale, sul quale non si è mai intervenuti in maniera organica e che oggi paga lo scotto di tanti anni di incuria. Per salvarlo servono molti soldi, ma soprattutto una coordinazione tra gli enti locali che viene dipinta come un’impresa di non facile attuazione dagli stessi amministratori.

Ecco come sta l’acquedotto mediceo, cosa (non) si è fatto fino ad oggi e quali sono le prospettive per il futuro.

Sono i condotti che tra il 1611 e 1612 hanno portato l’acqua corrente in città: prima i pisani bevevano quella raccolta nelle cisterne. Costruito in 25 anni su un territorio paludoso, l’acquedotto è stato mantenuto e curato regolarmente fino alla fine dell’Ottocento. Da quando l’impianto ha smesso di essere la principale fonte di approvvigionamento idrico gli interventi di manutenzione si sono interrotti e gli abitanti della zona hanno utilizzato gli archi come supporto alla costruzione di case e annessi agricoli, abusi edilizi presenti lungo tutto il percorso e che diventano evidenti mano a mano che ci si avvicina alla città. Per contrastare il degrado, a partire dal dopoguerra il Comune di Pisa (proprietario e responsabile dell’intero acquedotto, anche nella parte che attraversa il comune di San Giuliano Terme) ha finanziato interventi di consolidamento e tamponamento, senza mai progettare studi e lavori di più ampio respiro che prevedessero nuove funzioni per il percorso.

Per conoscere lo stato di salute attuale dei condotti bisogna partire dall’unico progetto di intervento di recupero che si possa definire organico, quello elaborato dall’architetto Massimo Gasperini tra il 2004 e il 2010. Un progetto rimasto fino ad ora sulla carta ma che permette almeno di rendersi conto dell’avanzato stato di deterioramento delle strutture, deturpate dagli abbattimenti proseguiti nel corso degli anni e dalle costruzioni private addossate all’acquedotto, tamponate in maniera temporanea da tiranti in acciaio che tentano invano di contrastarne l’inclinazione e infestate dalla vegetazione che cresce spontanea. Nonostante sia convinto del fatto che “fasi di recupero ed altre di abbandono siano in qualche modo naturali nel corso della storia di un monumento, determinate dall’inevitabile saliscendi dell’interesse e dell’attenzione pubblica”, Gasperini ha da tempo lanciato un allarme: “Se si continua con gli interventi visti fino ad ora, la prossima generazione di pisani non vedrà più i Condotti”.

LA MAPPA INTERATTIVA – CLICCA SUI PUNTATORI PER VEDERE FOTO E VIDEO

Oltre a illustrare la situazione attuale dell’acquedotto mediceo, il progetto di Massimo Gasperini racconta una storia fatta di partecipazione e di attaccamento della cittadinanza ad un monumento che da 600 anni caratterizza il territorio pisano.

L’architetto studia la storia dei Condotti e nel 2004 elabora un documento che diventerà la sua tesi di dottorato, un progetto di recupero al quale continua a lavorare negli anni eseguendo rilievi e mappando accuratamente l’acquedotto. Nel corso di un rilievo fotografico, nel 2010 Gasperini incontra Sergio Sabatini, presidente dell’associazione Salviamo l’acquedotto mediceo di Pisa, formata nel 2009 da un gruppo di cittadini sangiulianesi sulla scia del comitato costituitosi nel 2007 per la bonifica della discarica di Colignola. Dall’incontro tra i due nasce l’idea di andare a bussare alla porta degli amministratori per presentare lo studio di Gasperini e ottenere il finanziamento necessario agli interventi.
Prima di poter immaginare un nuovo futuro per l’acquedotto mediceo occorre però mettere in sicurezza le strutture e fermare il degrado degli archi.
“Per farlo bisogna necessariamente superare l’ottica degli interventi di somma urgenza – afferma Gasperini – fare approfondite analisi preliminari che prendano in considerazione anche le fondamenta ed utilizzare le tecniche più avanzate, cosa che fino ad oggi non è mai stata fatta”.
A complicare le cose poi c’è il fatto che l’acquedotto attraversa molte zone che nel tempo sono state privatizzate. “Il progetto deve necessariamente prevedere la collaborazione di tutti i frontisti – spiega l’architetto Gasperini – perché la strada dell’imposizione e degli espropri è lunga e difficilmente percorribile”.
Non tutti però sono convinti che quella della collaborazione sia la via da seguire.
Secondo l’ex direttore della Scuola Normale Superiore Salvatore Settis per le amministrazioni “è un dovere costringere gli abitanti delle proprietà adiacenti all’acquedotto a liberare le strutture, un dovere – dice Settis a paginaQ – non solo morale, ma legale: l’articolo 9 della Costituzione e una solidissima giurisprudenza costituzionale prescrivono come «interesse prioritario e assoluto» la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico della Nazione, che va anteposto ad ogni altro interesse, compresi gli interessi economici dei privati.
La tutela di una porzione preziosa di paesaggio come questa è dunque un tema della legalità. Chi si benda gli occhi per non vedere – chiosa lo storico dell’arte – sta offendendo la Costituzione e violando la legge. E se non se ne accorgono, noi cittadini dobbiamo ricordarglielo”.
IL PIANO GASPERINI – L’idea di Gasperini è semplice e punta innanzitutto a deviare il traffico veicolare dalla strada che costeggia l’acquedotto – oggi le auto viaggiano a pochi metri dagli archi fino all’incrocio con via Bellini – per spostarlo verso un nuovo asse viario situato a ovest dei Condotti, in modo da interrompere gli attraversamenti e soprattutto intersecare la variante Nord Est dell’Aurelia, annunciata dall’amministrazione ma al momento lasciata in stand by per mancanza di fondi. La vecchia via dei Condotti diventerebbe così l’asse portante di un sistema di aree attrezzate per lo svago, per l’agricoltura ecologica – “orti didattici” con specie tipiche dell’area pisana e vendita di prodotti biologici locali tipici – e per una serie di attività connesse con quello che viene identificato come Parco ambientale dell’acquedotto Mediceo e che oltre alle aree ex paludose comprenderebbe il sistema delle Anpil (Aree naturali protette di interesse locale) della Valle delle Fonti ed il futuro museo della Memoria e dell’Acquedotto all’interno della Grande Conserva. Piccoli elementi architettonici andrebbero a sostituire capanne in lamiera, container, prefabbricati metallici e plastici costruiti abusivamente per iniziativa privata. Un asse interamente pedonale e ciclabile che collegherebbe il centro della città ai monti e che potrebbe rappresentare per i turisti la porta di ingresso al Monte Pisano, negli ultimi anni al centro di un’operazione di coordinamento tra le realtà locali che mira a promuovere il territorio. “Teoricamente partendo da Pisa a piedi o in bicicletta si potrebbe arrivare a Lucca – spiega Massimo Gasperini – sul versante lucchese del Faeta (il monte che si trova sopra Asciano) infatti scende un altro acquedotto antico, quello del Nottolini”. Secondo i piani dell’architetto nel sistema del parco potrebbero entrare anche altri percorsi turistici storico-culturali – pievi, ville, castelli e grotte del Monte Pisano ad esempio – collegati all’asse dell’acquedotto dagli autobus che stazionerebbero nei due grandi parcheggi posti alle estremità dei Condotti, il primo nella zona della rotatoria di via Puccini e il secondo in una delle ultime aree libere nei pressi di Asciano.

Venuta a conoscenza del progetto di Gasperini, nel 2010 l’amministrazione di San Giuliano Terme promuove un’assemblea pubblica e si attiva per coordinare i soggetti istituzionali interessati. I risultati dell’operazione di fund raising condotta insieme al comune di Pisa però sono molto lontani dai circa 6 milioni di euro del recupero pensato dall’architetto pisano.

Chi si benda gli occhi per non vedere sta offendendo la Costituzione e violando la legge, dice Salvatore Settis

Nel 2012 la Regione Toscana stanzia 30mila euro che servono per “potenziare l’impianto conoscitivo”. Nello stesso anno viene presentato un progetto alla Fondazione Pisa per un bando da 1,5 milioni di euro, ma l’esito è infelice. Nel 2013 i soggetti bussano nuovamente alla porta dell’ex Fondazione Cassa di Risparmio di Pisa con un progetto ridotto e ottengono 150mila euro, utilizzati nel maggio 2014 per un intervento di somma urgenza. Quello che mostrano le immagini del drone nella mappa interattiva fino ad oggi è l’unico risultato concreto ottenuto dell’associazione Salviamo l’acquedotto mediceo, sollecitata dalla denuncia dei 5Stelle pisani. A pochi metri dell’incrocio con via Sant’Elena, per evitare che otto archi pericolosamente inclinati crollassero sono stati posizionati alcuni grossi blocchi in cemento che sostengono le arcate del del XVI secolo con tiranti in acciaio che secondo Massimo Gasperini “rischiano di strappare la struttura”.

L’amministrazione Filippeschi non ha ritenuto opportuno inserire la riqualificazione dei Condotti nel piano dei Piuss, preferendo il percorso delle mura antiche. Per l’assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Pisa Andrea Serfogli “il problema è che per i Piuss siamo fuori dall’ambito urbano, oltre al fatto che difficilmente si può considerare un programma di sviluppo sostenibile, capace cioè di generare profitto”. Serfogli non nasconde che a complicare le cose c’è anche “l’anomalia che il bene sia di proprietà di un comune ma per gran parte si trovi sul territorio di un altro comune”. “Noi ci mettiamo a disposizione – assicura Serfogli – ma serve un coordinamento con San Giuliano, con la Regione e con la Soprintendenza”. In ballo ci sarebbe anche la possibilità di partecipare ad un bando europeo, per pensare di vincerlo però occorrerebbe un piano di ampio respiro e di livello internazionale. Difficile pensarlo in un contesto dove fare sistema sembra spesso una difficoltà insormontabile.

Per adesso l’amministrazione pisana continua a battere cassa alla Fondazione Pisa. “C’è un’altra richiesta di 150mila euro che è stata approvata e che andrà a gara a breve” assicura l’assessore Serfogli, “intanto proseguiamo con le indagini geologiche tra via dell’Alberaccio e via Bellini in vista di un intervento di consolidamento”. Lavori che interessano un breve tratto di acquedotto e che costeranno 30mila euro. 4.950 serviranno per i rilievi grafici: ad occuparsene non sarà infatti un tecnico del Comune ma un professionista esterno incaricato da Palazzo Gambacorti, visto che come si legge nell’atto “attualmente non è possibile effettuare i rilievi e la restituzione grafica con il personale della Direzione 15 per l’attuale carico di lavoro”. Per affidare l’incarico senza gara il Comune si attiene al regolamento dei contratti, che prevede la possibilità di bypassare i bandi per servizi o prestazioni professionali attinenti a ingegneria, architettura e urbanistica che, guarda caso, non superino i 5.000 euro di compenso.

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Pubblicato il: 31 dicembre 2014

Argomenti: Cultura, Pisa, Urbanistica

Visto da: 2201 persone

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2 risposte a: Acquedotto mediceo, storia di un monumento abbandonato

  1. avatar Michele Feo scrive:

    Ottimo l’articolo sul degrado dell’Acquedotto Mediceo. Occorre intensificare la battaglia per il recupero organico e totale del monumento, e far capire all’Amministrazione pubblica che Pisa non è fatta solo di piazza dei Miracoli e delle torri di alabastro. Ovviamente Settis ha pienamente ragione. Oltre alla salvaguardia degli archi occorre a mio avviso provvedere anche a una regolamentazione delle strade che li affiancano, di cui una è destinata alle passeggiate e l’altra, appoggiata a un pericoloso fosso senza custodia, è diventata impropriamente una sorta di pista da corsa per autisti o pazzi o frettolosi. Auguri!
    Michele Feo

  2. avatar paola scrive:

    vi ringrazio per l’articolo, approfondito ed esaustivo.
    come tanti residenti di pisa e dintorni vado spesso a passeggiare sui condotti, portando bambini e genitori anziani, ne vedo il degrado e il pericolo, soffro per il decadimento e la distruzione progressiva di un monumento e un patrimonio di indicibile valore, è triste vedere il bello ed elegante acquedotto “rappezzato malamente” e senza prospettiva.

    sono anche preoccupata del pericolo che si corre utilizzando la zona, una delle mete più frequentate da chi vuole godersi il sole e la passeggiata tranquilla e comoda, in genere persone piuttosto vulnerabili, appunto anziani, pedoni e bambini.
    oltre ai condotti pericolanti anche il fondo stradale è dissestato e sconnesso…

    mi associo, per quel che può valere per i nostri amministratori il sentire di una semplice cittadina rispettosa delle regole e dei propri doveri, a chi chiede la soluzione del problema, che si superino burocrazie ed empasse e si dimostri di tenere davvero a ciò che di prezioso abbiamo

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