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Tra Rossi e Renzi è intesa: strada spianata per le regionali al governatore uscente

rossi

Prima il rinvio dell’assemblea regionale, poi la tregua emersa tra le diverse componenti del partito dall’assemblea nazionale del PD, infine l’intervento di Enrico Rossi sul blog che tiene sull’Huffington Post. La strada per le primarie in Toscana sembra chiudersi qui, in una rinnovata unità che se non può dirsi tale per tutto il partito, lo è di fatto tra Rossi e Renzi.

Un avvicinamento che il governatore della Toscana, pronto a ripresentarsi per il suo secondo mandato, motiva con considerazioni politiche e senza troppo tatticismo. Un avvicinamento che si avvale dell’appoggio della sinistra cuperliana del PD che depotenzia ulteriormente la richiesta di primarie, dove l’unico sfidante che si è fatto avanti – il senatore Luciano Modica, sostenuto dai civatiani – ha riscosso timidi consensi dal resto del partito.

Il PD deve discutere ma non può presentarsi diviso nei voti delle commissioni

“Non sono renziano, come è noto”, dice Rossi, citando i rispettivi riferimenti formativi, politici e culturali. Ma anche le diverse direzioni, “orientamenti diversi che, comunque si vogliono chiamare, caratterizzano tutti i partiti della sinistra europea”. Per questo, dice, “è semplicemente folle pensare di costruire qualcosa di sinistra fuori dal PD o, più semplicemente, sbagliato non prendere atto dei risultati congressuali e sviluppare azioni di contrasto verso la maggioranza anziché di dialogo e contributo all’elaborazione della linea politica”.

Da qui il diritto e il dovere di Renzi di governare e fare le riforme, diversamente, dice Rossi, si rischia “la consegna del paese nelle mani della troika europea, come è avvenuto in Grecia. Sarebbe la sconfitta totale del PD. Un partito che Renzi è riuscito a portare a livelli di consenso mai raggiunti prima”.

Il governatore della Toscana esorta quindi alla lealtà, e rimprovera così i colleghi di partito che hanno votato contro il governo in commissione: c’è il dovere “di non di rallentare il ritmo dei cambiamenti con tatticismi politici e pratiche parlamentari che hanno già portato il paese nella palude dell’immobilismo e dato fiato all’antipolitica. Il PD deve discutere ma non può presentarsi diviso nei voti delle commissioni, come avvenuto, e ancor meno prepararsi a ripetere i conflitti e la paralisi che si registrò per la rielezione del Presidente della Repubblica“.

La richiesta di lealtà che oggi Renzi avanza non è molto diversa da quella che anche io mi sono ritrovato a formulare a dicembre dello scorso anno

Un Rossi che dopo tanto tempo prende anche le distanze dalla sinistra politica e sindacale, scesa in piazza contro il ‘jobs act’ e colpevole di aver concentrato le critiche “sulle modifiche dell’articolo 18 anziché rilanciare la sfida sul terreno dell’allargamento delle tutele ai precari e a quel vasto mondo, che, è la maggioranza di lavoratori, ben lontano dalle protezioni di cui si discute. Siamo veramente sicuri – si domanda Rossi – che non fosse il caso di richiedere con forza che venisse introdotto, come negli altri paesi europei, un salario minimo di garanzia per tutti? Uno strumento richiesto da centinaia di migliaia di giovani e che potrebbe rappresentare un’arma efficace nella lotta contro il lavoro nero”.

Il ragionamento di Rossi passa quindi sul piano locale, dove la sua candidatura alle regionali ha la strada spianata e toglie terreno a chi chiedeva le primarie, i civatiani, ormai in stretta minoranza su questo versante. Per il territorio toscano l’arrivo di Renzi al governo ha significato un rimpasto di giunta regionale, di cui Rossi non si pente, anzi: “Se è possibile paragonare l’esperienza del governo regionale in Toscana con la politica nazionale – scrive il presidente toscano – la richiesta di lealtà che oggi Renzi avanza non è molto diversa da quella che anche io mi sono ritrovato a formulare a dicembre dello scorso anno, quando i mutamenti intervenuti all’interno del PD, e nel quadro politico, lasciavano pensare ad un finale di legislatura declinante e improduttivo. Fu giusta la scelta di presentarsi in Consiglio e richiedere alla maggioranza di impegnarsi a sostenere su una precisa tabella di marcia le riforme più importanti”.

“Gran parte degli obiettivi sono già stati raggiunti – conclude – Le posizioni si sono via via chiarite dando nuovo slancio all’azione di governo regionale. Qualcosa di analogo deve avvenire a mio parere anche per il governo nazionale, che ha bisogno di lavorare sino al 2018”.

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Pubblicato il: 16 dicembre 2014

Argomenti: Pisa, Politica

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