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Lavoro e reinserimento dei detenuti: l’Anci Toscana chiama i Comuni

detenuto

Questa mattina a Pisa si è tenuto il convegno promosso dall’Anci Toscana “Proviamoci. Le opportunità del territorio per la ricostruzione dei legami sociali fra comunità e persone nel circuito penale”.

Fare del carcere un’opportunità per il territorio, e viceversa, attivando percorsi di reinserimento, di educazione e di restituzione per quelle persone che hanno commesso reati. Da queste premesse nasce il progetto dell’Anci Toscana “Proviamoci”, che mira ad avviare percorsi di reinserimento, formazione ed educazione per le persone detenute attraverso lo svolgimento del lavoro di pubblica utilità e della nuova istituzione della messa alla prova. Un tema tornato all’attenzione della cronaca anche con l’inchiesta di Report di qualche settimana fa sul lavoro per i detenuti, che parte da lontano e che vede ora la bozza di una convenzione pronta per essere attuata.

Il progetto vuole perseguire il reinserimento sociale attraverso lavori socialmente utili da svolgersi nei comuni disponibili ad aderire

Due sono i punti fermi del progetto: il lavoro potrà avvenire solo per scelta volontaria, dato che la legislazione vigente vieta il lavoro forzato, e avverrà a titolo gratuito perché si configurerà come una sorta di “compensazione” del reato commesso.

L’istituto della messa alla prova, approvato in via definitiva ad aprile del 2014 e già previsto nel diritto minorile, prevede che su richiesta del diretto interessato i giudice possa sospendere il procedimento giudiziario: una sospensione subordinata allo svolgimento di lavori di pubblica utilità in forma non retribuita.

Accanto a questa il progetto “Proviamoci” prende in considerazione anche i casi in cui la legge prevede la possibilità di commutare la pena con lavori di pubblica utilità e nel caso in cui il giudice li prescriva come pena accessoria. Il progetto vuole dunque perseguire il reinserimento sociale attraverso lavori socialmente utili da svolgersi nei comuni disponibili ad aderire, nella manutenzione del territorio e con particolare attenzione alle problematiche idrogeologiche.

La convenzione prevede che gli ambiti di impiego possano essere la manutenzione delle aree a verde pubblico, accompagnamento di disabili e anziani, funzioni di supporto a quelle educative museali e bibliotecarie, alla tutela del patrimonio ambientale e culturale, ad attività connesse alla sicurezza e all’educazione stradale presso il Comando di Polizia Municipale.

Fra gli ostacoli che il progetto dovrà superare c’è il rapporto con le cooperative sociali, a cui in alcuni casi i comuni affidano i servizi. Sarà dunque necessario individuare i criteri di selezione delle cooperative, ma anche alla luce delle inchieste romane, i meccanismi di controlli. “Accanto agli organi deputati al controllo delle cooperative, i cui meccanismi andrebbero rivisti – ha detto l’assessore Sandra Capuzzi – le amministrazioni comunali dovranno fare la loro parte responsabilizzandosi e attivando meccanismi di verifica”.

Altro nodo di non secondaria importanza è la necessità di reperire finanziamenti per il progetto. Sebbene non sia previsto un compenso, le persone coinvolte nei lavori socialmente utili dovranno avere una copertura assicurativa.

Diminuzione dei costi sociali dunque, ma anche delle risorse impiegate nei processi e nelle misure detentive

Da combattere, ha sottolineato poi l’assessore Capuzzi “ci saranno le resistenze di coloro che in progetti come questo vedono una messa a rischio dei posti di lavoro. Crediamo invece che si debba guardare a interventi come questo con uno sguardo più lungo. Consentono a chi ha commesso un reato di restituire qualcosa al territorio e contemporaneamente offrono loro una possibilità di reinserimento e opportunità che consentano di uscire da un circuito di delinquenza: i dati parlano infatti di bassissimi casi di recidiva per coloro che usufruiscono di queste misure. Diminuzione dei costi sociali dunque, ma anche delle risorse impiegate nei processi e nelle misure detentive. Liberare queste risorse a lungo termine può anche significare averne di maggiori da investire nella formazione e nella creazione di lavoro”.

A intervenire al convegno di questa mattina dell’Anci Toscana David Ermini, parlamentare che fa parte della Commissione Giustizia della Camera che ha espresso apprezzamento per un progetto che va “nella direzione dei programmi del Governo. Mentre si deve essere severi e fornire ai magistrati gli strumenti per perseguire reati gravi – dice – è necessario tener presente che i diritti dei detenuti sono sacrosanti e che è necessario lavorare per il reinserimento di chi ha commesso crimini di piccola e media entità”.

“Il vero problema – prosegue Ermini – sono i soldi. Come Commissione Giustizia della Camera abbiamo fatto inserire un emendamento che prevede un rafforzamento nelle risorse per gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna”.

E come sempre il problema delle risorse porta con sé quello del loro utilizzo. “Il costo del sistema penitenziario – ha spiegato Fabio Prestipino direttore del carcere Don Bosco di Pisa – la maggior parte dei quali sono utilizzati per le spese di personale”. Ad avere bisogno di ossigeno sono progetti come quello del lavoro retribuito in carcere. A Pisa sono circa una quarantina i posti disponibili, mantenuti grazie a un escamotage: di fronte a una carenza di risorse invece di diminuire i posti, e dunque il numero dei detenuti che ne possono usufruire, abbiamo diminuito il numero di ore per posto lavoro”.

Ma a fronte di indicazioni ministeriali che stabiliscono quanti posti lavoro sono consoni per una struttura, quello di cui ci sarebbe bisogno “è di estendere il più possibile la possibilità di lavorare per le persone detenute”. Perché queste, neppure sotto loro diretta richiesta (se non nel caso i cui sono destinate a lavori di pubblica utilità) possono svolgere lavoro gratuito, che come dicevamo, per la legislazione italiana vigente deve essere retribuito, tutelato e volontario.

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