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Battiture Q L’invasione del cirillico (a love story)

tipografia

Psicosi editoriali, compulsioni redazionali, scompensi tipografici. Battiture libere. L’unico appuntamento di paginaQ in cui si potrebbe parlare anche di paginaQ.

ç – da sempre, da prima che diventasse popolare @

È, con qualche ostinata difficoltà – tale per cui E’ resiste

ñ, con due dita, tre per Ñ

Ultimamente anche Ç, ma pure ß. Persino, å («Ehi, quanto tempo che non ci vediamo! Dove sei stata?» «Sono stata ad Åmål»).

Ō, ô, ŏ, õ, ó (che non è ò).

E… ĝ. Anzi ğ! Recep Tayyip Erdoğan, presidente della Turchia, senza errori ortografici.

La crescente diffusione della lettura online, l’internazionalizzazione del web, e l’attenzione di quotidiani e riviste (va be’, di Internazionale) alle parole straniere ci stanno pian piano abituando a lettere accompagnate da segni insoliti. Abbinamenti un tempo ostici da comporre col piombo e per questo riservati a glottologi&Co. sono oggi alla portata di tutti. Il computer poteva rendere la cosa fattibile, Steve Jobs, calligrafo, ce li mise dentro, ed eccoli, in tutta la loro varietà.

Tra i più popolari e indecifrabili:

Lefagura di fi da repubblica.it

derivato chiaramente dal cirillico, sta invadendo il web come la Russia l’Ucraina: un po’ per volta, con discrezione e nonchalance, inesorabilmente.

Il grafema (cioè l’invasore cirillico) corrisponde a una fricativa labiodentale sorda cui segue una vocale anteriore chiusa non-arrotondata.

Insomma, f e i.

Lo so, vi sentite presi in giro. Stavate lì, sulla soglia di casa sporte in mano destinazione libreria per fare provviste temendo l’invasione, e invece… fi.

Ma non è stato sempre così. Un tempo, ad esempio, era

Legatura

perché al tipografo il pallino della i e lo svolazzo della f gli venivano sempre male: stavano lì, vicini vicini, poi la carta assorbe un po’, i caratteri mobili si incastrano male, ed ecco il papocchio, inchiostro ovunque, macchie, baffi, chiudi il libro e sulla pagina ti ci viene un rorshach. Allora che ti fa, il tipografo? Le sposa. Le vede lì, quelle due lettere che si baciano, quella effe lunga lunga, alta alta che si china sulla i, e s’intenerisce e di nascosto, nella sua officina, incide questo matrimonio e lo suggella col piombo.

Oddio… la versione ufficiale dice che quelle dovevano stare lì per forza, ce le aveva messe l’autore, magari loro malgrado, quindi ecco, diciamo che il tipografo più che altro le legò. Infatti questa cosa si chiama legatura, non sposalizio.

No, perché già questa unione lesbica in litteram suonava un po’ troppo anticonformista – correva il secolo XVI, Riforme, Controriforme, gare di ortodossia, non un buon momento per sponsorizzare i matrimoni omo –, quindi figuratevi voi che fine avrebbero fatto libri se non solo dentro ci si sposavano fi, e le gemelle Legatura ff serif e Legatura tt, ma addirittura

Legatura ffi serif

 No. Legature. Cancellate la parte romanzata, fate finta di nulla, legature. Anche se… va be’!

E insomma si va avanti così per un po’, poi diventa tutto più veloce, c’è la società borghese, arriva l’industrializzazione, la meccanica di precisione, le macchine, le automobili, i caratteri mobili più veloci, sulle automobili, le macchine da scrivere. E siccome la macchina da scrivere è omologata per un numero limitato di posti, fi non ci sta. E le legature in generale, proprio, non ci stanno. Niente, restano a terra. La tastiera non le accoglie, neanche quella dei primi computer. È il trionfo del divorzio. La fine di un’era trascorsa nel segno dall’amore letterale clandestino. A un certo punto s’erano messe insieme anche T e h.

Legatura Th serif

Ok, era solo la T maiuscola, e ok, si facevano vedere in giro insieme quasi solo all’estero, ma vi pare poco per una che da piccola stava solo con la gemella? Niente, via tutto. Secoli di sperimentazioni spazzate via dall’avvento della società borghese.

E poi arrivò Steve Jobs, il calligrafo. Uno che lo svolazzo della f non lo chiamava svolazzo, no, lui lo svolazzo lo chiamava “grazia” [no, lo chiamava “serif”, ovviamente, ma è l’unico modo per mettere la parola fine a questo pezzo zeppo di forzature ed è francamente tardi per fare i pedanti]. E dove non c’erano le grazie erano bastoni. E le grazie avevano sviluppato le legature. E sul computer le potevano avere nuovamente.

E così fu.

E poi qualcuno si lasciò prendere la mano e cominciò a legare bastoni. Ma l’amore è incontro d’anime, e se a due persone cambiate il carattere non è detto che la cosa continui a funzionare. E così la f e la i tutte rigide non è detto che vogliano stare vicine, non sempre. Se costrette, potrebbero incattivirsi, fino a diventare quasi irriconoscibili.

La morale della favola è che la tipografia è metafora del progresso, che conoscerla potrebbe farvi diventare ricchi e che le legature tra bastoni di cui l’invasore cirillico è un campione sono bislacche come dei matrimoni gay tra etero: la spia di un problema di… carattere.

P.s.: ogni riferimento a repubblica.it è incidentale.

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Pubblicato il: 7 dicembre 2014

Argomenti: Battiture Q, Quaderni

Visto da: 1517 persone

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3 risposte a: Battiture Q L’invasione del cirillico (a love story)

  1. avatar a.m. scrive:

    cosa c’entra la legatura di f e i con il cirillico? la legatura fra f e i esiste da tempi immemorabili nella scrittura europea (Wikipedia is your frient)

  2. avatar Giovanni scrive:

    Bello leggere delle legature come anime che si prendono, si lasciano e si riprendono.
    Allora ecco qualche altro cupido informatico che, prima di Jobs (calligrafo… sottile il sarcasmo), ha brigato per vedere le lettere di nuovo insieme.
    Uno è Knuth. Indispettito dalla resa tipografica di un suo libro decise che era l’ora che gli informatici se ne occupassero seriamente e ci regalò TEX e Metafont; rimasti di nicchia perché tantinerello ostici da imparare, dalla fine degli anni ’70 sono punti di riferimento per le applicazioni di scrittura/impaginazione e per i formati digitali per caratteri.
    Allo Xerox Parc invece tipi come Kay, Lampson, Tucker (per citare i più autorevoli) ebbero e misero a punto tutte le idee per godere anche a schermo di tutte le piacevolezze di un’antica tradizione di amanuensi e tipografi. Sulla strada del Parc fu folgorato Jobs, forse addirittura convertito: pare che in precedenza fosse un sostenitore della repressione delle minuscole.

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