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InQuadriamo il dirittoArbitrato, mediazione, negoziazione assistita e simili: cosa sono, come usarli

diritto

Cari Lettori,
oggi con InQuadriamo il diritto parleremo dei mezzi di risoluzione delle controversie alternativi al processo civile inteso in senso tradizionale.

I processi italiani, si sa, durano spesso molti anni, hanno costi spesso elevati ed un esito quasi mai scontato, dato che innumerevoli sono le varianti che possono spostare l’ago della bilancia a favore di una parte piuttosto che di un’altra. I processi, inoltre, sono spesso fonte di stress e preoccupazioni per le parti e, peggio ancora, vanno ad accrescere inutilmente l’acredine tra attore e convenuto. Nel processo civile quasi mai vale il detto “il tempo calma ogni cosa”: raramente succedere di vedere attore e convenuto che, dopo otto anni di liti a colpi di carte bollate, escono insieme a braccetto dal Tribunale per andare, felici e sereni, a prendersi un caffè con panna. Il tempo, nelle aule dei Tribunali, è come benzina sul fuoco, va ad accendere ancor di più gli animi già “surriscaldati” delle parti, va ad aumentare i rancori e ad assottigliare la soglia di tolleranza che ciascuno di noi dovrebbe avere.

Ma, ecco la buona notizia, le alternative alla risoluzione giudiziale delle controversie esistono. Quando si parla di arbitrati, di mediazione, di conciliazione, di negoziazione assistita ecc., si fa riferimento a dei meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie (individuati anche con l’acronimo A.D.R.Alternative Dispute Resolution) riconosciuti dalla legge in via alternativa al classico processo civile.

Si tratta di meccanismi che valgono per determinate materie, che seguono regole ben codificate dalla legge e che si basano tutti sulla capacità delle parti di venirsi incontro, di trovare un accordo per risolvere la lite senza l’intervento di un Giudice. Ovviamente, affinché questi A.D.R. possano funzionare occorre che le parti siano disponibili a trovare una transazione, ossia a rinunciare reciprocamente ad una parte della loro pretesa.

Ipotizziamo, ad esempio, che Tizio debba avere da Caio 10.000 euro, ed immaginiamo anche che Tizio in realtà non abbia tanto interesse ad avere proprio tutti i 10.000 euro che deve avere da Caio, perché il suo vero interesse è di avere, nel giro di un paio di mesi, almeno 7.000 euro. Tizio è, quindi, disponibile a rinunciare ad una parte del suo credito, pur di ottenere il pagamento pressoché immediato di 7.000 euro. Ora mettiamoci nei panni di Caio, che ritiene di dover pagare a Tizio solo 5.000 euro, perché il resto della somma riguarda una prestazione che, a suo dire, è stata mal eseguita da Tizio. Caio però sa anche che sarà per lui difficile dimostrare in giudizio che la prestazione non è stata eseguita correttamente da Tizio, e per questo motivo è disponibile a riconoscere a Tizio la somma omnicomprensiva di 7.000 euro, purché l’intera vicenda si chiuda il più velocemente possibile. Tizio e Caio partono da posizioni molto diverse tra di loro (Tizio chiede 10.000 euro e Caio ne offre solo 5.000), ma entrambi sono disposti a trovare un compromesso pur di risolvere in fretta la questione.

Tizio e Caio sono, quindi, le parti ideali di un procedimento di mediazione, perché entrambi sono disponibili a mediare le loro posizioni per trovare un accordo.

A molti tutto ciò potrà sembrare banale, e l’obiezione potrà apparire scontata: se io mi rivolgo ad un legale è perché le ho provate tutte e non sono riuscito a trovare alcun accordo con la mia controparte, e quindi non mi resta che “fargli causa”. In realtà non sempre è così. Spesso il cliente arriva dall’avvocato con una personalissima convinzione che, però, contrasta con quello che dice il diritto, e quando l’avvocato gli spiega che, in realtà, le cose dal punto di vista giuridico non sono esattamente come le descrive lui, ecco che il suo “castelletto” di certezze crolla. Tizio è convinto di aver stipulato un contratto perfetto e poi scopre che il contratto è annullabile. Tizio è convinto di non avere alcuna responsabilità in un sinistro stradale e poi scopre che in realtà anche lui ha violato delle regole di condotta. In questi casi, un buon accordo con la controparte non è forse la soluzione migliore?

Gli strumenti per risparmiare tempo e denaro e per “risparmiarsi” ansie e preoccupazioni ci sono e sono davvero molto diffusi, basta solo saperli individuare ed utilizzare con la giusta attenzione.

Vi aspetto alla prossima!
Francesca Bonaccorsi

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2 risposte a: InQuadriamo il dirittoArbitrato, mediazione, negoziazione assistita e simili: cosa sono, come usarli

  1. avatar Roberto scrive:

    Gentile Dottoressa
    ma questa” prassi” ADR deve essere fatta comunque davanti a qualcuno che possa
    “certificarla” come avvenuta, con tutti i dati del contendere oppore basta una stretta di mano
    tra le parti
    cordialmente

    • avatar Francesca Bonaccorsi scrive:

      Gentile Lettore,
      la Sua giusta domanda mi dà l’occasione per precisare che tutti gli A.D.R. citati devono necessariamente svolgersi davanti a soggetti qualificati. La mediazione, ad esempio, è gestita da appositi Organismi di mediazione e si svolge davanti a mediatori professionisti (ossia soggetti che hanno conseguito una particolare competenza in questo senso). L’arbitrato si svolge davanti a soggetti (singoli o collegiali) chiamati “arbitri”. La negoziazione assistita, infine, potrà essere svolta (se l’attuale normativa di riferimento non cambia) direttamente con l’assistenza degli avvocati di fiducia delle parti. In tutti i casi esistono, quindi, particolari procedure volte ad assicurare massima efficacia all’accordo raggiunto dalle parti e a “certificare” il rispetto delle norme previste dalla legge in materia di A.D.R.
      Cordiali saluti,
      Francesca Bonaccorsi

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