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VideogioQ Laboratorio di videogiochi

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E così alla fine ci siamo arrivati. Spero di non avervi reso la transizione troppo brusca, perché d’ora in poi tutti i tipi di minuzie recensorie visti finora torneranno solo nei momenti di pausa di questi resoconti di laboratorio. Inoltre, questo sarà sia un brogliaccio argomentativo per le mie lezioni, sia un resoconto (in ritardo di una settimana) dei vari disastri in corso d’opera. Non ci sarà l’altra metà delle lezioni, ovvero il materiale preparato da Leonora, ma presto sarò dirvi dove recuperarlo.

Perché “laboratorio” e non “corso”? Il primo motivo è che ci è stata concessa la Sala Laboratori HMR all’interno del Museo degli Strumenti per il Calcolo di Pisa, e la sua dotazione di computer ci permette, per così dire, di sporcarci le mani ogni giovedì pomeriggio. Il secondo motivo è che il termine “corso” ci è sembrato inadatto per un campo delle opere d’ingegno dove la pratica ha il primato su un corpus teorico molto grande e incostante. All’interno della letteratura sui videogiochi, e i giochi in generale, s’incontrano i più vari principi e regole, di solito estensioni del buon senso, che per la maggior parte possono essere infranti alla bisogna senza troppi problemi.

Fare videogiochi, anche molto semplici e molto brutti, non è ancora immediato come iniziare a suonare il punk. E ci sarà poco tempo per la grafica 3D, e molto probabilmente non toccheremo ambienti di sviluppo come Unity, con grande dispiacere di alcuni convenuti. Avremo tempo, questo sì, di massacrarci sui fondamentali finché astronavine e funghetti non ci usciranno dagli orecchi, cioè finché i fondamentali non li avrete capiti voi, e soprattutto io.

Nel quadrante in figura ho riassunto le fasi della realizzazione di un gioco. Ho ritenuto utile mantenermi sul generale, e in effetti queste fasi sono rimaste più o meno le stesse da che esiste il videogioco commerciale, per non dire quasi tutte le creazioni umane.

Uno: l’Idea (il creatore contro se stesso)

Tutti abbiamo delle idee. A me, ad esempio, vengono più che altro in primavera e passo il resto dell’anno a subirne gli effetti. Alcuni ci vivono e hanno studiato particolari metodi per farsele venire: un celebre scrittore di fantascienza (il cui nome, ahimé, non rammento) caricava la sveglia ogni due ore e si annotava quello che il cervello aveva partorito nel mentre. Questo approccio è altamente sperimentale e non è consigliato. In ogni caso, quando ve ne viene una, segnatevela.

Sarebbe più giusto parlare di concept: di solito gli spunti per i giochi contengono già un abbozzo delle regole (sarebbe carino un gioco dove facciamo x), e il tutto va saputo estendere sino alle estreme conseguenze. Però, e di questo sono debitore a Ciro Continisio, le idee sono una condizione necessaria e non sufficiente. Senza di loro non si va da nessuna parte, e fa ben poca strada chi ha solo idee.

Un’altra cattiva idea è quella di cercarle giocando molto. In questo modo ci si basa su astrazioni già fatte da altri, ed è veramente difficile trarne qualcosa non solo di originale, ma di buono. Questo non vuol dire che non sia importante analizzare i giochi, è una delle cose più divertenti da fare in assoluto per un progettista, e in questo internet ci aiuta come nient’altro. Attraverso l’analisi arriveremo all’infarinatura di teoria necessaria, introducendo termini nati quando ancora il videogioco non esisteva: Attori, Risorse, Verbi, Condizioni, Turni, Informazioni… Leonora inizierà a parlarvi di regole, meccaniche e generi in questa lezione.

Due: la Realizzazione (il creatore contro la macchina)

Per quanto sia comune partire dal nucleo del gioco e poi progettarci attorno, se riuscirete a mettere a sistema tutto lo svolgimento del gioco nella fase di progettazione (il famoso documento di design) le fasi successive vi daranno assai meno grattacapi. È arrivato il punto di tradurre in logica e in bit ciò che ci ha ispirato sinora, e strizzare dentro la macchina tutti gli elementi costitutivi del gioco: il codice, la grafica, il sonoro, la trama… vedremo come in seguito. Qui nasce l’anima del gioco, gli elementi fondamentali dell’interazione che ci spingono a continuare a passarci tempo assieme, assai più del contorno (che tanto contorno non è).

Tre: la Messa a Punto (il creatore contro il giocatore)

Nessun uomo è un isola, e tra le fasi due e tre si fa un grande andirivieni, che prende la maggior parte del tempo dedicato allo sviluppo. Ciò basta a farvi capire quanto è importante avere qualcuno che gioca per voi, in aggiunta a chi partecipa allo sviluppo: non è raro che le risposte dei tester modifichino radicalmente un gioco in corso d’opera.

Attraverso il collaudo giungeremo al concetto di giocatore ideale: è il destinatario empirico del nostro gioco e in non pochi casi, almeno all’inizio, siamo noi stessi. Va amato e rispettato il più possibile, e soprattutto bisogna avere cura del suo tempo.Anche se riteniamo di capire noi stessi e le nostre soluzioni comunicative, sarà importante soprattutto in questa fase rifarsi a soluzioni proprie del design del prodotto, eliminando le contraddizioni nella comunicazione gioco-giocatore e puntando ad un’accessibilità ragionata. Considerare il tutto come un utensile aiuta.

Esamineremo da vicino il problema della curva della difficoltà, che va ben calibrata, perché è l’aspetto più importante (e antico) attraverso il quale il giocatore si appropria del gioco, soprattutto in assenza di avversari umani.

Quattro: Produzione e Distribuzione (il creatore contro il $i$tema)

C’ho messo il simbolo del dollaro apposta per irretirvi, si nota? Trascuriamo le risorse che vi hanno portato a fare un gioco in prima istanza: la proliferazione del gioco indie nell’ultimo decennio ci è amica, perché molto è stato fatto per facilitare l’accesso allo sviluppo e alla distribuzione commerciale. Ci è anche nemica, perché la saturazione del mercato rende difficile portare a casa la pagnotta quando tutti fanno giochi.

In ogni caso, non è un mondo per chi vuole tutto e subito: è importante sia il contatto che si crea con la propria comunità di giocatori, sia farsi i denti con un po’ di marketing. È anche divertente. Parleremo anche degli aspetti relativi al controllo che si ha sulle proprie creazioni: poche cose sono terribili come il trovarsi alla mercé di qualcuno che può recar danno al prodotto finito. Succede, per carità, ma è meglio cercare di evitarlo. Un completo controllo è spesso impossibile, il controllo sulla propria mancanza di controllo invece no.

Cinque: Voi

Può sembrare banale, invece lo stato d’animo di chi crea è la cosa più importante in assoluto: vi state prendendo cura di voi stessi? Ci vediamo alla prossima lezione.

Tommaso Mongelli
www.fandonia.net

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Pubblicato il: 16 novembre 2014

Argomenti: Quaderni, Tech, VideogioQ

Visto da: 1104 persone

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