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“Il cacciucco di Shelley”. Ecco un’anteprima del giallo di Fabiano Corsini.

corsini

Un giallo ambientato tra il porto e il lungomare di Marina di Pisa. Due trame che penetrano nelle vicende della cronaca di questi anni: il naufragio della Moby Prince, la installazione del rigassificatore davanti alla costa, i progetti per realizzare un hub militare.
È il nuovo libro di Fabiano Corsini, “Il cacciucco di Shelley. Due delitti in giallo slow” (edizioni ETS, 2014) che l’autore insieme al professor Massimo Baldacci, la giornalista Gaia Balatresi e l’attore Marco Azzurrini, presenta alla Libreria Ubik di Pisa venerdì 31 ottobre, alle ore 17.30. Una storia quella raccontata da Fabiano Corsini che insieme alla storia di Anzio Niccolai e delle sue indagini, restituisce la magia dei luoghi, l’odore dei cibi e i tratti di persone che in molti crederanno di riconoscere.

Ai lettori di paginaQ proponiamo un’anticipazione del libro

Scena 4 -Il giorno dopo

Ghego parla ancora del cacciucco. Ha parlato con Giasco, il comandante della stazione dei carabinieri. Ha saputo che il morto è Michele. Ghego ha stranamente voglia di parlare ancora del suo cacciucco. Sui giornali di stamani c’è la notizia del ritrovamento, si parla del corpo senza vita di una persona di una cinquantina d’anni. Impossibile riconoscerlo. In tasca aveva la paginetta quasi dissolta di un libro, parole in inglese. Il giornale dice di una lettera di Byron dove si parla di Shelley, di un rogo funebre sulla spiaggia. Più o meno le cose che avevo in mente io, proprio quando si è ritrovato il corpo. Ghego sa qualcosa in più, ha parlato con Giasco, e lui “in segreto” gli ha detto tutto. Gli ha detto che il morto è il nostro amico Michele. Gli ha detto che è sicuramente affogato, ma che non sono convinti. Michele sapeva nuotare bene, e non è credibile che sia affogato così malamente, con un mare calmissimo. La sua barca è stata ritrovata di là d’Arno.

Qualcuno può averlo buttato in acqua, ma non ci sono tracce sulla spiaggia. Michele non ha nessun segno di colluttazione, come possono averlo stordito senza toccarlo? Devono averlo reso impotente, impossibilitato a nuotare. Un nuotatore esperto non si può suicidare con un mare così calmo. Ghego mi ha raccontato tutte le riflessioni di Giasco. Poi, come per un’atavica rassegnazione dell’uomo di mare, Ghego si è messo a guardare verso l’orizzonte, e poi verso le sue pentole. “Ma lo sai che gli ebrei livornesi, quando per i loro commerci si sono spostati in Tunisia, avevano costituito una specie di comunità autonoma. Hanno continuato a fare il cacciucco, anche là, e hanno imparato a usare il cous cous e una sorta di paella. Nella paella valenciana, quella vera, non c’è il pesce. Secondo me ce l’hanno aggiunto i livornesi. La paella che si mangia ora un po’ da tutte le parti è una specie di cacciucco col riso. I crostacei, che gli ebrei più ortodossi non mangiano, sono un’aggiunta degli ultimi tempi”.

“Ghego, ma secondo te come è morto Michele?”. “Non ne ho proprio idea. Non aveva nemici, anche se negli ultimi tempi se li era andati a cercare. Per questa sua fissazione per i complotti aveva perso un bel po’ di amicizie. Qui al ristorante vengono un po’ tutti quelli che contano in questa città, e lui li conosce come me. Io parlo anche di politica, ma devo stare attento a non offendere nessuno. Lui invece tutte le volte cominciava a parlare dell’Ikea, del rigassificatore che stanno costruendo qui davanti, della Moby Prince, del Porto, ora aveva cominciato con l’hub militare. Ce n’è tanta di roba che scotta. Se vuoi fare il ristoratore devi imparare a controllare la lingua”.
“Ghego, non ci credo. Michele era un po’ chiacchierone e poteva pestare qualche piede, ma le sue illazioni non impensierivano nessuno. Non tanto da poterlo indurre a un omicidio”.
“Certo che quando mi ha parlato dell’antenna e delle autorizzazioni mi era sembrato un po’ troppo eccitato, spaventato dalla cosa. Sarà il caso di cercare di saperne qualche cosa di più”.
Ghego mi ascolta, e fa la faccia sgomenta: “Ora ti metti a fare l’investigatore?”.
“Ghego, è più forte di me. Ho fatto il comandante dei vigili, il direttore del comune, ho fatto il segretario della sezione comunista, ho fatto il sindaco a Crespina, mi è mancato di fare il prete e non lo posso fare, però è più forte di me. Se non mi rendo utile non carburo. Non mi basta cucinare come fai te, con tutto il rispetto per il tuo cacciucco. Domani cerco di sapere qualcosa di più su questa antenna. E Lene?”.
Ghego si è intristito, e guarda per terra. “Non è venuta oggi. Poverina. È rimasta a casa e non mi risponde al telefono”. “Come farai?”.
Mi ha fulminato con lo sguardo, poi si ripreso. “Ce la faccio anche da solo, viene un mio nipote a servire a tavola”.
Vado via da Ghego, ma non sono tranquillo. Povero Ghego, mi pare provato anche lui. Uscendo cerco qualcosa di rassicurante, ma il bel polpo non si fa vedere. Una scia di bollicine esce dall’aeratore dietro il tronchetto, dove forse si è nascosta la bestiola. E la sala è ancora tutta vuota.

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Pubblicato il: 29 ottobre 2014

Argomenti: Cultura, Eventi, Lungomare, Pisa

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