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PaginaQulo Diventa anche tu un finto esperto rock! – parte seconda

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Per essere un vero finto esperto rock hai bisogno d’informazioni sui side-project. (Non chiamarli spin-off che sennò poi ti cresce la barba e ti spuntano sulle braccia cretini tatuaggi marinareschi). I progetti paralleli. Le carriere fallite. Il lato scuro dei gruppi di successo, è lì che devi scavare.
Avrai sempre qualcosa da dire sui Pink Floyd, sugli Who, sui Beatles. Troverai sempre l’invasato bitolsiano da tenere a bada con due crockanti arrotolamenti baconiani di helter skelter mansoniani, o con quella leggenda che vorrebbe Buddy Miles (o un altro batterista nero…) alla batteria su Taxman.
Sui gruppi famosi le informazioni girano, tu ti scegli l’esperto più efficace della soap opera del grande rock, ti segni due storielle balorde, e ti ci dondoli morbidamente con due ganci sulla chitarra di Pete Townshend che piomba sul groppone di Abbie Hoffman, colpevole di voler leggere un comunicato di solidarietà a John Sinclair, leader delle pantere bianche, appena arrestato per un po’ d’erba, ma poca.

Fai qualche nome, metti in relazione mondi lontanissimi, muoviti parecchio e non alzare la voce, non ti impantanare dentro al fatto che la prima canna i Beatles la fumarono con Bob Dylan. La storia delle Plastic Caster, e dei calchi di gesso ai peni duri delle rockstar, è inflazionata, ma può ancora funzionare, insistici solo se ti rendi conto che il tuo pubblico non l’ha ancora ascoltata, viceversa, quella di quel primitivo birroso soprannominato ‘El Duce’, che forse (sì ma vedrai…) ammazzò Kurt Cobain, per la maligna regia di Courtney Love, evitala, faceva cacare già nella versione di Lucarelli.

Ma soprattutto, per diventare un vero finto esperto rock, devi fidarti di te, o quantomeno armarti d’una verosimile solidità strutturale. Se nomini le pantere bianche devi esser pronto ad affossare il tipo acidino, che con accento ironico pone dubbi sulla reale esistenza delle pantere bianche, devi stenderlo all’istante con un montante che scava nel passato e sgorga nel futuro, fai un bel trito di MC5, Weather Underground, Robert Redford e Rage Against the Machine e il tipino diventerà piccolo piccolo.

Per essere un vero finto esperto rock ti devi muovere agile tra i decenni del secolo scorso senza che nessuno se ne accorga. Non accettare provocazioni, i Rolling Stones non sono mai andati a depurarsi il sangue in Svizzera, non infilarti in dettagliate ricostruzioni tecnico-organiche di celebri morti per affogamento da vomito. Rimani sui pezzi, meglio se pezzi di gente che ha suonato in gruppi famosi, poi con altri gruppi ha fatto pezzi altrettanto belli che però non se li è cacati nessuno.

Facciamo un esempio. Blodwyn Pig. Un disco con dentro una cosa tipo gioco dell’oca, il chitarrista che suonava nei Jethro Tull, un pezzo spaccone che poi finì in una compilation dell’Alternative Tentacles, suonato da un gruppo scandinavo, e qui occhio, puoi trovare quello bravo che sa il nome del gruppo e ti smerda all’istante spiegandoti che il gruppo in questione non è norvegese, non viene da Trondheim, quelli sono i Motorpsicho e non c’entrano una bella sega di niente. Per essere un vero finto esperto rock, devi costruirti ogni giorno il tuo sistema di passaggi segreti nello spazio-tempo, condurci visite guidate con un po’ di prudente parsimonia. Il Pericolo crolli è sempre nell’aria.

Ico Gattai

In copertina Blodwyn Pig, Getting to this, 1970

 

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Pubblicato il: 24 ottobre 2014

Argomenti: PaginaQulo, Quaderni

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