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Condannati 15 ex consiglieri, Fontanelli e due dirigenti: dovranno restituire 17mila euro a testa

gambacorti

Questa la cifra che per la Corte dei Conti, 15 ex consiglieri e i dirigenti del comune Pietro Pescatore e Claudio Sassetti, nonché l’ex sindaco Fontanelli dovranno restituire. Al centro della vicenda giudiziaria una delibera comunale del 2005 che modificava le indennità di funzione dei consiglieri

Ribalta nuovamente la vicenda la sentenza della Corte dei Conti relativa ad una vecchia delibera del comune di Pisa del 2005, con cui i consiglieri comunali decisero di convertire in indennità di funzione il gettone di presenza. Una storia a cui questa sentenza non mette la parola fine, visto che l’avvocato Giuseppe Toscano, che ha difeso gli ex consiglieri e l’allora sindaco Paolo Fontanelli, ha dichiarato a paginaQ di avere l’intenzione di presentare un ricorso alla stessa Corte dei Conti. A febbraio del 2012 già il tribunale aveva condannato Fontanelli, i consiglieri e tre dirigenti del Comune per danno erariale, con motivazioni e metodi che furono ritenuti ingiusti e contro i quali ci fu appunto un ricorso in appello.

La vicenda, ricordiamo, parte da una delibera del giugno 2005 con la quale il consiglio doveva procedere alla definizione dei gettoni di presenza e le indennità di funzione per i consiglieri comunali. Una delibera che ebbe voti contrari e astensioni, e che di fatto introduceva la possibilità di convertire in indennità di funzione i gettoni di presenza. Nata per favorire la razionalizzazione dell’ente, per porre fine al malcostume di riunioni convocate solo per percepire il gettone e produrre risparmi in un’ottica di economia di scala, di fatto, secondo la sentenza, si trasformò in un’azione di segno opposto, andando a favorire i consiglieri a spese dell’ente.

Ad essere controverso era proprio l’importo di questa indennità forfettaria, circa 800 euro lorde al mese che andavano a sostituire i gettoni di presenza. Con questo importo, la cifra media percepita per seduta era di 137 euro, “notevolmente superiore” al gettone, contestualmente abbassato da 103 a 80 euro. Un’operazione fatta, dicono i giudici, “senza nessun conguaglio o verifica”, soprattutto “nel caso in cui, considerate le effettive presenze, le indennità fossero risultate notevolmente superiori rispetto a quanto sarebbero stati i gettoni di presenza”.

Dai primi accertamenti della Finanza e della Polizia Tributaria emerse che il meccanismo venne utilizzato per due anni, creando un aumento di spesa per il Comune quantificato in un primo momento in oltre 319mila euro. Ulteriori accertamenti e un riesame del giudice avevano poi ridotto la cifra a 180mila euro e poi a 64mila, ripartita in vario modo, a seconda delle responsabilità, ovvero del voto in consiglio o della posizione amministrativa ricoperta. Il calcolo in questi casi venne fatto confrontando la spesa del Comune prima e dopo la delibera.

L’attuale sentenza torna invece alla cifra iniziale, calcolata confrontando la differenza fra indennità e gettone di 80 euro. Al danno così quantificato sono stati poi tolti gli importi “restituiti” dagli allora consiglieri Enrico Fiorini, Giuseppe Forte, Pierantonio Macchia, Marco Monaco, Armando Paolicchi e Ylenia Zambito, che hanno riversato nelle casse comunali complessivamente 1.900 euro; circa 800 euro a testa di cui 300 per risarcimento effettivo e il restante per spese legali. Il danno riquantificato dalla Corte dei Conti ammonta quindi a 317mila euro totali.

I 1.900 euro di cui sopra provengono appunto dal “patteggiamento” per cui optarono alcuni consiglieri chiudendo così la vicenda, mentre gli altri che ricorsero in appello, e che avrebbero dovuto pagare cifre tutto sommato contenute, dovranno ora sborsare oltre 17mila euro a testa.

Una cifra, 17.651 euro, calcolata sulla differenza fra le somme erogate ai consiglieri che hanno scelto l’indennità e le somme che gli stessi avrebbero percepito se fossero stati remunerati con il sistema dei gettoni di presenza. Il danno è stato ripartito fra i due dirigenti ritenuti maggiormente responsabili, ovvero l’avv. Pietro Pescatore, vicesegretario generale del Comune e il dirigente alle finanze Claudio Sassetti, e fra i consiglieri che votarono a favore, e che quindi dovranno pagare anche per quelli che votarono contro (o non votarono affatto) e che comunque beneficiarono di quelle somme. Tra i condannati ci sono anche politici che votarono a favore della delibera ma non godettero in alcun modo di quel provvedimento, come l’allora sindaco Paolo Fontanelli, che percepiva l’indennità di sindaco appunto, e l’allora presidente del consiglio comunale Andrea Serfogli.

Assolta invece il segretario e direttore generale Angela Nobile, in un primo momento condannata. La Nobile infatti, dice la sentenza, era assente sia dalla fase istruttoria della delibera che al momento del voto; al suo posto c’era Pescatore, che però non si oppose alla delibera come avrebbe dovuto fare secondo i giudici. Il vicesegretario, dice la sentenza, “è tenuto a evidenziare i profili di eventuale illegittimità”, e seppure nel caso specifico avesse espresso “estremi di dubbio e di perplessità”, “nulla ha osservato il Pescatore, nessun richiamo, e non risulta che abbia richiesto al Sassetti un nuovo parere di regolarità contabile”.

Claudio Sassetti che da parte sua si è difeso affermando che aveva emesso il parere sulla prima formulazione della delibera, mentre per il testo emendato e approvato, dice Sassetti, nessuno chiese il parere di regolarità contabile, motivo per cui non lo dette. “Un fatto gravissimo dal punto di vista dell’iter amministrativo”, commenta la sentenza.

Nel merito delle accuse, i giudici sostengono che se l’indennità avrebbe dovuto far spendere meno al comune, “a maggior ragione l’amministrazione comunale avrebbe dovuto verificare” se l’obbiettivo perseguito fosse stato conseguito o meno, cosa che non sarebbe avvenuta.

Vengono assolti per non aver votato a favore della delibera gli ex consiglieri Mario Biasci, Francesco Capecchi, Alessandro Gorreri, Michele Mezzanotte, Giuliano Bani, Giovanni Garzella, Roberta Luperini, Riccardo Buscemi, Mariano Serafino Tramontana, Silvia Silvestri, Gino Logli, Diego Petrucci e Paolo Mancini, oltre che Maurizio Bini, Alberto Bozzi e Stefano Teotino, che votarono contro.

Per la stessa ragione, chi votò a favore viene individuato come responsabile. La sentenza esclude i profili dolosi, ovvero afferma che i consiglieri votarono a favore ma non con l’intenzione di danneggiare l’ente “per un vantaggio personale”. Ma, come gli altri, pur dimostrandosi sensibili agli equilibri dell’ente, non fecero nulla per predisporre un sistema di controllo e verifica.

I condannati in questo caso sono Fabio Armani, Giuseppe Carlesi, Valter Ceccarelli, Enzo Cini, Antonio Dell’Omodarme, Michele Di Lupo, Nicola Gagliardi, Antonio Ghionzoli, Franca Meldi, Sandro Modafferi, Ernesto Muscatello, Daniela Pioli, Paolo Rindi, Maila Scarpellini, Andrea Serfogli, nonché l’allora sindaco Paolo Fontanelli: dovranno pagare 17.600 euro a testa per riparare il danno.

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Pubblicato il: 17 ottobre 2014

Argomenti: Cronaca, Pisa, Politica

Visto da: 3392 persone

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