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InQuadriamo il diritto. Il testamento biologico: che cosa è, quale contenuto può avere (seconda parte)

testamento

Cari Lettori,
oggi con InQuadriamo il diritto continuiamo a parlare di testamento biologico e vediamo insieme quale vincolatività può essere riconosciuta alle indicazioni terapeutiche in esso contenute.

In linea generale, le dichiarazioni di consenso e di dissenso informato contenute in un testamento biologico dovrebbero restare valide ed efficaci anche per il periodo successivo alla perdita delle capacità cognitive del paziente: il testamento biologico serve proprio per essere utilizzato in tutti i casi in cui il paziente diviene incapace di esprimersi e la sua volontà viene, quindi, ricavata dal documento che aveva redatto tempo addietro (il testamento biologico, appunto).

Inoltre, e sempre in linea generale, l’eventuale rifiuto di un determinato trattamento sanitario contenuto in un testamento biologico dovrebbe essere rispettato dai medici anche qualora da questo rifiuto derivi un evidente pericolo per la salute o per la vita stessa del paziente.

Con il testamento biologico si può presentare, però, un problema di carattere temporale: tra il momento in cui il paziente rilascia, per scritto, le sue indicazioni terapeutiche e il momento in cui queste indicazioni dovranno essere utilizzate può passare a volte un lungo lasso di tempo. Può succedere, ad esempio, che nel suo testamento biologico Tizio chieda di non essere sottoposto ad un determinato trattamento sanitario la cui efficacia, ad oggi, non è ancora stata dimostrata ed i cui effetti collaterali, ad oggi, sono pesantissimi ed assolutamente invalidanti. Ipotizziamo, però, che vent’anni dopo, il trattamento sanitario che era stato contemplato da Tizio nel suo testamento biologico sia diventato un trattamento di routine assolutamente collaudato grazie ad importanti scoperte scientifiche, ed i cui effetti collaterali siano stati completamente eliminati. L’idea che Tizio aveva di quel trattamento sanitario non corrisponde più alla realtà dei fatti. In pratica, Tizio aveva sì espresso il suo dissenso informato verso quel determinato trattamento sanitario, ma lo aveva espresso sulla scorta di informazioni mediche vecchie di vent’anni e ormai superate dal progresso tecnico e scientifico. In questi casi, quale vincolatività può essere riconosciuta al testamento biologico? Si dovranno in ogni caso rispettare le volontà espresse dal paziente, anche se ormai non più “contestualizzate”?

Uno degli ostacoli maggiori al riconoscimento di una piena vincolatività al testamento biologico è stato individuato proprio nel fatto che il testamento biologico è scritto in un momento anteriore al verificarsi della patologia al quale è riferito. La soluzione che potrebbe apparire più logica è, allora, forse quella di ritenere vincolanti le indicazioni contenute nel testamento biologico solo quando queste:

– siano state liberamente espresse da un paziente pienamente in grado di intendere e di volere, correttamente informato e consapevole delle proprie scelte;
corrispondano effettivamente alla situazione clinica in cui versa in concreto il paziente e non siano divenute inattuali a causa del progresso medico, scientifico e tecnologico;
non siano mai state revocate dal paziente, né espressamente né implicitamente.

Nel caso in cui il testamento biologico non dovesse rispettare tutti questi requisiti, è chiaro che il suo valore sarà senza dubbio ridotto. Tuttavia, in una prospettiva tesa a salvaguardare il più possibile il dialogo medico-paziente, le indicazioni terapeutiche contenute all’interno di questo documento dovrebbero, a mio avviso, essere comunque prese in considerazione dal medico, quantomeno come iniziale punto di partenza, e pur sempre nei limiti in cui tali indicazioni possano essere ritenute ancora valide e attuali.

Vi aspetto alla prossima!
Francesca Bonaccorsi

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Pubblicato il: 15 ottobre 2014

Argomenti: Diritto

Visto da: 718 persone

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