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“Il campo nomadi sta ai suoi abitanti come il manicomio sta ai malati di mente”

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Dimitris Argiropoulos, professore della Scuola di Psicologia e Scienze della Formazione dell’Università di Bologna, interviene sui controlli straordinari effettuati al campo della Bigattiera il 24 settembre che hanno portato all’avvio delle procedure di espulsione per 5 abitanti dell’insediamento. A chiamare in causa Argiropoulos è il Comitato per i diritti delle bambine e dei bambini della Bigattiera.

“Chiudere un campo “nomadi” – spiega il docente che collabora con la Fondazione Romanì – sarebbe un azione desiderata anche da parte di questa gente che con molta leggerezza abbiamo chiamato nomadi e che paradossalmente lo sono diventati poiché all’interno di questi campi risiedono. Come a dire, che sono nomadi perché abitano in un campo nomadi. I campi sono prodotti dell’azione amministrativa e istituzionale e sono anche risultati di insediamenti spontanei in tutto il territorio nazionale. Ne hanno trovato rifugio persone, famiglie, comunità di rom e non rom. Risiedono cittadini italiani e migranti. Nei campi ha trovato asilo anche parte della profuganza inconsiderata ed esclusa dai percorsi di accoglienza istituzionale”.

“La realtà dei campi è pesante – prosegue Argiropoulos – si tratta una pesantezza scandita dalla violenza consumata nel quotidiano dei campi e dall’enorme fatica legata alla sopravvivenza delle persone e delle famiglie. Una sopravvivenza che riguarda la giornata, il garantire un pasto al giorno, l’arrivare a sera senza danno per se e per i membri della famiglia. Una sopravvivenza che appiattisce la persona all’istante vissuto, alla banalità di un contesto degradato, periferico, povero e povero di relazioni”.

“Occorre pensare che cosa genera la forza pubblica praticata e agita con convinzione da decenni, catalizzata in questa pratica denominata sgombero. Sgombero di luoghi, di persone, di esistenze. Sgombero dagli obblighi del Pubblico, Sociale e Istituzionale, di considerare e di problematizzare criticità, che hanno soluzioni. Una pratica di tipo militare praticata da Istituzioni, enti locali con altre mission e priorità. Una pratica che ottiene l’effetto contrario da quello delle sue enfatiche retoriche “risanare i territori” poiché prolifera e parzializza i campi “nomadi” investendo i quartieri, i paesi e territori vicini, incrementando le logica di odio di aggressività e di paranoia. Lo sgombero è una pratica istituzionale ossimora, demente, investita dalla follia e dall’onnipotenza chi ha i poteri per deciderlo.

Sulla vicenda del campo della Bigattiera intervengono anche Africa Insieme e Progetto Rebeldia. “Da quasi due anni, i rom della Bigattiera vivono senza acqua, senza luce e senza scuolabus per i bambini. Vorremmo ricordare, a chi invoca il «rispetto delle leggi», che l’accesso all’acqua è un diritto fondamentale – sancito da una risoluzione ONU – e che il diritto alla scuola per i bambini è inalienabile. Il Comune di Pisa ha approvato esattamente un anno fa una mozione che impegnava il Sindaco a ripristinare acqua, luce e scuolabus: che fine ha fatto quella mozione? Che fine hanno fatto gli impegni presi?”.

 foto da Flickr – Alessandro Piazza  

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Pubblicato il: 2 ottobre 2014

Argomenti: Lungomare, Pisa, Sociale

Visto da: 1420 persone

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3 risposte a: “Il campo nomadi sta ai suoi abitanti come il manicomio sta ai malati di mente”

  1. avatar Ilcanedigesso scrive:

    Se i nomadi non vogliono stare nei campi nomadi possono benissimo acquistare o prendere in affitto una casa. Ma per pagare un affitto servono i soldi, così come servono i soldi per mangiare e per mettere la benzina nelle vecchie Mercedes scassate e senza assicurazione. Ma dove trovare i soldi se non si ha un lavoro? Forse rubando?
    Mi domando se oltre a scrivere begli articoli, il prof. Argiropoulos aiuta l’integrazione di queste persone con la pratica. Ha assunto qualche ragazza rom come colf nella sua casa? Ha dei bravi sinti nel suo giardino a potare le piante? Ha affittato una sua casa a dei nomadi che non vogliono più esserlo? O è anche lui una persona di parole mentre altri devono pagare le tasse per dare i servizi e i diritti di cui lui parla, mentre altri devono pazientare perché hanno queste persone come vicini di casa, mentre altri si trovano senza cellulare in tasca o senza ori in casa?
    Mi sa proprio che questi professoroni e queste associazioni sono solo dei parolai.

  2. avatar mah2 scrive:

    Le persone con disturbi mentali non sceglievano di andare nei manicomi. Mi domando come mai le dinamiche dei campi nomadi siano quasi esclusive di una cultura particolare.

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