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Aeroporto di Pisa, storia di una privatizzazione anomala

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L’elezione di Paolo Angius al vertice del Consiglio di amministrazione di Sat mette la parola fine al passaggio in mano privata dell’aeroporto pisano. Una privatizzazione anomala, portata avanti con una discussione pubblica che per nulla ha inciso sulle scelte più importanti. Ma soprattutto una privatizzazione che strappa agli enti pubblici una società (incredibile ma vero) gestita con efficienza e in piena salute.

Per ricostruire le tappe salienti di questa vicenda occorre tornare indietro di qualche anno. Alla metà degli anni ’90 lo scalo pisano, con due piste da 2.500 e 3.000 metri, si assicurava un volume di traffico che si assestava intorno al milione di passeggeri annui. La svolta arriva con la strategia di rilancio voluta dall’allora Amministratore Delegato di Sat Pier Giorgio Ballini, che guida una società la cui maggioranza è controllata da un patto di sindacato tra Regione Toscana, Provincia, Comune e Camera di Commercio di Pisa, Provincia di Livorno e Fondazione Pisa. Sul modello di quello che stava succedendo negli Stati Uniti e nel Regno Unito, nel 1997 la Sat è la prima società di gestione aeroportuale regionale a stipulare un accordo con Ryanair. Invece che far arrabbiare le compagnie tradizionali, la scelta di portare a Pisa le compagnie low cost rafforza la presenza dei vettori tradizionali. Da quel momento le cifre del Galilei cominciano a lievitare, fino ai 4.479.690 passeggeri del 2013 che portano l’aeroporto di San Giusto ad essere il decimo scalo nazionale.

La storia dell’aeroporto fiorentino di Peretola è diversa. Costruito in una posizione geografica non particolarmente felice, dispone di una sola pista di 1.600 metri e di un terminal piccolo e poco accogliente rispetto alle strutture costruite nel corso degli ultimi 15 anni a Pisa. In queste condizioni il volume del traffico, che nel 2000 era intorno al milione e mezzo, si è avvicinato faticosamente alla soglia dei 2 milioni nel 2013. Alla guida dello scalo di Peretola c’è una società a maggioranza privata, Adf, presieduta da Marco Carrai, uomo molto vicino al premier Matteo Renzi. Ovvio che chi gestisce Peretola punti da anni ad un ampliamento che permetta di crescere, facendo evidentemente concorrenza all’aeroporto pisano.

Al netto della retorica sulle guerre di campanile, tirate sempre e comunque in ballo quando si parla delle vicende toscane, il nuovo corso della Regione a guida Enrico Rossi fa dell’integrazione tra i due scali un punto importante del suo programma politico, tanto che nel luglio del 2013 il governatore minaccia le dimissioni in caso di bocciatura della variante al Pianto di Indirizzo Territoriale che consentirà di potenziare l’aeroporto fiorentino. Proprio a questa variante è legato il futuro di Peretola, visto che nella concezione di Rossi l’integrazione passa per l’ampliamento, cioè di una nuova pista. Quando il Ministro per le infrastrutture Maurizio Lupi presenta il Piano nazionale degli aeroporti, nel gennaio 2014, Peretola e il Galileo Galilei sono inclusi tra gli 11 scali strategici a livello nazionale, a condizione però che si passi alla gestione unica.

Nei primi mesi del 2014 la vicenda subisce una brusca accelerata. Ad interessarsi da vicino ai due aeroporti toscani è Eduardo Eurnekian, magnate argentino che Giorgio Meletti del Fatto Quotidiano definisce “il perno attorno a cui ruota una giostra d’affari e relazioni talmente vorticosa da doverla guardare alla moviola”. Eurnekian, a capo di Corporacion America – società che opera nel settore dell’aviazione civile – detiene già un numero cospicuo di quote di Sat e Adf. Quella dell’uomo di Buenos Aires è una figura controversa, con interessi nelle compagnie aeree e nelle infrastrutture aeroportuali per 2 miliardi di dollari di profitti l’anno. In Italia controlla, attraverso un giro di società, anche il gruppo editoriale Class, editore di Milano Finanza e Italia Oggi. Proprio sul quotidiano milanese è uscito questo a dir poco agiografico profilo del patron della Corporacion America.

Intorno alla metà degli anni 2000 la Corporacion America comincia ad interessarsi agli scali aeroportuali italiani. Prima Comiso, poi Genova, Ancona, Falconara, Bologna e Palermo. Se tutti questi tentativi non vanno in porto, l’affare riesce con Pisa e Firenze. Con Matteo Renzi a Palazzo Chigi da pochi giorni, Eurnekian compra il 33% delle azioni di Adf. Come sottolinea il giornale di Antonio Padellaro, suonano strane in occasione del passaggio di quote le dichiarazioni entusiastiche di Vito Riggio – presidente dell’Ente nazionale aviazione civile (Enac), il quale dovrebbe per sua natura comportarsi da arbitro imparziale – che parla di “gruppo vero, che sa gestire aeroporti in maniera manageriale”. Il Fatto fa riferimento a pressioni nei confronti di Vito Gamberale, proprietario del fondo F2i, per convincere a vendere le sue azioni a Eurnekian.

Negli stessi giorni Roberto Naldi, rappresentante del gruppo argentino in Italia, lancia la scalata al Galileo Galilei. Corporacion America parte dal 27% di quote con l’obiettivo di raggiungere la maggioranza. L’offerta avanzata dal gruppo argentino è considerata molto bassa dagli analisti, che sconsigliano di aderire all’Opa anche dopo il leggero rialzo proposto. Uno studio indipendente dell’advisor Kpmg – commissionato da tutti gli enti interessati all’operazione – conferma ulteriormente il tentativo di acquistare al ribasso. Il Cda di Sat dice no all’offerta, ma decisiva è la volontà della Regione Toscana, che detiene il 17% delle azioni. Qui entra in ballo la politica: Enrico Rossi, ex bersaniano di ferro, sconfitto dal ciclone Renzi ed avvicinatosi negli ultimi tempi al nuovo segretario del PD, comincia ad inanellare una serie di dichiarazioni di apprezzamento nei confronti del discusso imprenditore argentino.

Nel maggio scorso la Giunta Regionale si dichiara disponibile a cedere le proprie quote della Sat, in modo da agevolare la gestione unica da parte degli uomini di Eurnekian. “Corporacion America gestisce con buoni esiti qualcosa come 50 aeroporti nel mondo – dichiara il governatore toscano il 7 maggio – di fronte a questo impegno finanziario non si possono contestare le buone intenzioni, altrimenti il segnale che verrebbe dato dalla Toscana al mondo sarebbe devastante: una terra chiusa in localismi”. Mentre il patto di sindacato presieduto dal sindaco Marco Filippeschi è impegnato a respingere l’offerta all’unanimità, Rossi rompe l’accordo e si espone al rischio di dover pagare una grossa penale. Contro questa decisione il Comune di Pisa  presenta un ricorso urgente, rigettato poi dal Tribunale di Firenze. Il 17 giugno, nel giorno del patrono San Ranieri, Corporacion America comunica di aver raggiunto il 51% delle quote di Sat. Ad aderire all’offerta è l’azionariato diffuso e soprattutto la Regione, che lascia agli argentini l’11,9%. Questo provoca la rottura del patto dei soci pubblici.

La palla adesso passa a Corporacion, che ha annunciato la presentazione entro ottobre prossimo di un masterplan per la fusione degli aeroporti di Pisa e Firenze. Messa la parola fine sulla privatizzazione e perso il controllo sulla società che gestisce l’aeroporto cittadino, agli enti locali non resta che stare a guardare quali saranno le prossime mosse dei nuovi padroni del Galilei, sperando che gli interessi di Eurnekian coincidano con quelli dei cittadini.

 foto da aviazionecivile.org 

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3 risposte a: Aeroporto di Pisa, storia di una privatizzazione anomala

  1. avatar giovanni scrive:

    L’unico commento che si può fare è che questa è una delle classiche operazioni industriali all’italiana:
    si socializzano le perdite, si privatizzano gli utili!
    Qui siamo evidentemente nel secondo caso.
    Inoltre, come in ogni privatizzazione italiana che si rispetti, la regola aurea da applicare è che si privatizzi un bel monopolio che produce utili, così siamo certi che il privato che subentra potrà fare utili ad libitum senza alcuna “concorrenza” esterna.
    Ovviamente siamo in Italia e quindi ci sarà qualche aspetto della vicenda che ci sfugge.

  2. avatar tom scrive:

    Dimentichi la deflazione salariale, mio buon giovanni!

  3. avatar Bruno Roger scrive:

    ¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬¬ Decadenza dei Consiglieri Provinciali uscenti dai Cda delle Partecipate.
    “Come si sa, in base all’art.141 comma5 del Dl 267/2000, i Consiglieri Provinciali decaduti a seguito dello scioglimento dei Consigli Provinciali, decadono anche da eventuali incarichi loro attribuiti (cda partecipate, Aeroporti e quant’altro) restando in carica solo fino alla nomina del successore.
    Purtroppo, per la normativa poco chiara, molti Consiglieri, continuano a svolgere il loro mandato nelle partecipate, trascurando il fatto di essere decaduti e creando anche delle disparità con i Consiglieri Provinciali appena usciti.
    Sarebbe perciò opportuno che una circolare interpretativa sancisse l’immediata cessazione dalla carica, onde evitare che ruoli professionali continuino ad essere svolti da politici decaduti dal mandato pubblico.”

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