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Il governo vuole smantellare le Camere di Commercio, anche a Pisa si protesta

striscione al palazzo affari

Il premier Matteo Renzi ha ormai preso nel mirino le Camere di Commercio e nel Decreto Legge sulla riforma della Pubblica Amministrazione (DL 90/2014), si prevede la graduale riduzione in tre anni fino al 50% del diritto annuale pagato dalle imprese alla Camera di Commercio. Contestualmente nella proposta di decreto si parla anche di eliminazione del diritto annuale a carico delle imprese, di riduzione del numero delle camere sul territorio nazionale, di riduzione dei compiti e delle funzioni e di trasferimento del Registro delle Imprese al MISE.

Spacciata come un risparmio per le imprese stesse, stimato in 400milioni di euro l’anno, in realtà dietro a questo intervento c’è una partita a scacchi fra governo e Unioncamere il cui esito al momento è difficile da tracciare. Nuove funzioni che vengono attribuite, finanziamenti che vengono tolti, drastica riduzione delle sedi aperte in tutta Italia (si parla di arrivare a 48 camere aperte sulle attuali 105); in questo quadro ancora incerto è già partita una mobilitazione nazionale lo scorso 23 luglio, per chiedere lo stop del decreto legge.

Anche a Pisa si fa sentire l’eco della protesta, con uno striscione davanti alla sede della Camera di Commercio in Piazza Vittorio, che recita: @matteorenzi #lecameredicommercio stanno con le imprese Tu con chi stai veramente??

Roberta Colombini, delegata Cobas per la Camera di Pisa elenca le ragioni della contrarietà verso questo provvedimento: “Per noi parlano i dati dello studio CGIA di Mestre”, spiega, “riscontrabili, certificati e pubblici, che smontano pezzo per pezzo lo ‘spot Renziano'”.

“L’incidenza del sistema camerale sulla spesa pubblica nazionale – afferma – è lo 0,2%, stessa percentuale per quanto riguarda le spese per il personale. Dal 2003 (periodo pre-crisi e manovre restrittive sul piano occupazionale e della spesa pubblica) al 2012 il personale camerale si è ridotto del 11,9% (il doppio rispetto al totale del personale pubblico che conta una percentuale del -6,9%)”.

A fronte di riduzioni già effettuate, aggiunge Colombini, “dal 2007 al 2012 il sistema camerale ha aumentato del 47% le risorse destinate agli interventi economici, al fine di sostenere le imprese durante la crisi economica. Quasi la totalità del mondo imprenditoriale è concorde nel riconoscere le Camere di Commercio quali istituzioni pubbliche più efficienti nel prestare servizi alle imprese, infatti ben l’81% delle aziende con meno di 50 dipendenti giudicano efficienti le Camere di Commercio, la percentuale sale all’88% per le aziende di maggiori dimensioni (indagine IPSO-Tagliacarne)”.

“Le Camere si autofinanziano per l’81% (nessun trasferimento statale)”, dice ancora. “Le spese di funzionamento (personale e consumi intermedi) sono nei bilanci camerali pari al 46% della spesa totale contro un 70% nella pubblica amministrazione. Le Camere erogano 81,6milioni di euro come sostegno al credito, soprattutto a beneficio delle piccole e medie imprese: i finanziamenti erogati dalle Camere ai Confidi dall’inizio della crisi sono infatti aumentati dell’87%”.

Quali sono quindi le ricadute di questo Decreto legge?, domandano i Cobas. “Il dimezzamento delle risorse economiche innanzitutto obbligherebbe le Camere ad una revisione della propria attività promozionale a favore delle imprese, con un’inevitabile ricaduta negativa sul tessuto socio economico del territorio soprattutto per le piccole e medie imprese. A fronte di un risparmio di spesa medio/annuo per impresa di circa 63euro – pari a 5,2euro al mese – ci saranno meno risorse (400milioni) per credito, export, turismo, innovazione, formazione, ecc. che produrranno un effetto recessivo complessivo di circa 2,5miliardi di euro”.

Le Camere inoltre “non sarebbero più in grado di garantire le risorse per i contributi Confidi (accesso al credito) previsti dalla Legge di stabilità (articolo 1 commi 54-55), che dispone che le Camere di Commercio per gli anni 2014-2015 e 2016 debbano destinare ben 70milioni di euro l’anno”. Anche nei confronti dello Stato, la riduzione delle Camere non è un vantaggio: “È innegabile che una riduzione drastica degli introiti comporti un’altrettanta riduzione dei versamenti allo Stato che ad oggi ammontano a 31milioni di euro per risparmi e 50milioni di euro per imposte locali e nazionali, che verrebbero inesorabilmente a mancare”.

Per questo i Cobas e le altre categorie mobilitatesi in queste settimane, chiedono per tutti i dipendenti del sistema la savaguardia dei livelli occupazionali e delle professionalità. Intanto è partito un tweetstorming: oltre 90.000 i messaggi lanciati sul social network con l’hashtag #cameredicommercio. Tanti gli esponenti politici che hanno risposto all’appello, ma fra questi, fanno notare i Cobas, il capo del governo non compare affatto.

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Pubblicato il: 28 luglio 2014

Argomenti: Economia-Lavoro, Pisa, Politica

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