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GRAND-QUIGNOL! La lingua di Dio la parlo bene anch’Io

ph.russel-lee

Il teatro secondo Sara ed Hengel (Teatro Cantiere)

Spesso facendo ricerca sulle arti performative e sul teatro si fanno delle scoperte incredibili. Per esempio si può scoprire di aver inconsapevolmente imparato la Lingua Nazionale del Regno dei Cieli e di esserne pure grandissimi esperti. Ci credereste mai?!  Eppure a noi di Teatro Cantiere è successo questo: da ormai più di dieci anni ci occupiamo di Glossolalìa, un linguaggio “inventato”, una lingua sconosciuta ma possibile, in grado di risvegliare, se usata nel modo giusto, la sfera emotiva di chi la parla e di chi la ascolta, in grado di darti la sensazione di essere parte di tutto e di parlare all’Universo. Roba mistica, ragazzi, senza dubbio. Ma mai, mai, mai e poi mai avremmo pensato che stavamo studiando, sviluppando e parlando proprio la lingua di Dio, del Grande Architetto, del Vecchio Padre in persona!

Ebbene sì, abbiamo scoperto che in moltissime tradizioni di tutto il mondo la Glossolalia è considerata il tramite con il divino: è la lingua di certi Spiriti nella religione Voodoo

 

 

è praticata nello sciamanesimo

 

 

dai monaci Tibetani, nel culto Etiope di Zar

 

 

dagli Aborigeni Australiani; era inoltre usata da gruppi gnostici delle origini e per diverse congregazioni cristiane è un carisma, un dono di Dio, utile al credente per dialogare col divino, per cantare la gloria di Cristo

 

 

Ecco, noi non lo chiamiamo Dio, non lo chiamiamo affatto, si fa e basta. Sappiamo che scatena delle energie speciali e sappiamo quando funziona oppure no. E da grandi esperti quali siamo sappiamo anche l’enorme differenza tra il buon uso della Glossolalìa ed il banale isterismo.

Ma andiamo avanti e vediamo di confondervi ancora un po’ le idee. Vi chiederete: ma come si fa a comunicare se non si capiscono le parole? Come faccio a decodificare un messaggio? La Glossolalìa, pur usando suoni inintellegibili, comunica in maniera molto precisa: veicola le emozioni lasciandole fluire ed ampliandole attraverso un linguaggio non contaminato dall’intelletto, mantenendo quindi la loro purezza istintiva, la loro chiarezza al di là delle parole. Per chi la pratica, quando riesce a farla fluire senza intoppi e a liberarsi dal pensiero razionale, è come se “la voce del cuore” (scusate davvero per queste definizioni, ma non esistono parole) prendesse il sopravvento; e questa voce comincia un dialogo con se stessa, con qualcosa che è oltre se stessa e in qualche modo anche con le persone che le stanno accanto. Questo flusso di parole per l’ascoltatore attento è comprensibile a livello emotivo. Non si tratta quindi di comunicare da ‘intelletto a intelletto’ quanto da ‘emotività a emotività’. Provate ad esempio ad ascoltare Betty

 

 

Nel teatro queste caratteristiche  le aveva notate anche Artaud e per certi versi troviamo qualcosa di simile (ma profondamente diverso) nel Grammelot di cui Dario Fo è maestro

 

 

Anche nella musica, faticherete a crederlo, ci sono moltissimi esempi. Questo uno

 

 

vi dice nulla?

Ora però, per soddisfare la vostra mente razionale, vi diremo che anche la scienza si è occupata di Glossolalìa (religiosa, non religiosa, psichiatrica, ecc.) dimostrando ad esempio che quando ci si esprime con questo misterioso idioma si usano aree del cervello legate alla creatività, all’invenzione, al sogno, e non solo quelle comunemente adibite al linguaggio. In pratica l’emisfero sinistro prende il sopravvento e quello destro segue attento. Noi lo abbiamo scoperto sulla nostra pelle… la Glossolalìa può aprire una sorgente di creatività fisica e vocale, un senso di libertà assoluta e precisione del corpo, qualcosa di molto concreto per chi lo fa o lo vede fare, che forse è scientifico ma che lascia a bocca aperta. E di sicuro lo sanno tutte le civiltà che hanno mantenuto un forte legame con le proprie radici più antiche e nelle quali infatti possiamo ritrovare la Glossolalìa nei più disparati rituali. Che sia proprio questo il contatto con il divino? Liberarsi dalle trappole dell’intelletto per lasciare spazio ai propri sensi e ad una libertà che è “essere nel mondo”?

Di certo non sta a noi rispondere, come dicevamo prendiamo questa ricerca basandoci su quello che vediamo e che proviamo concretamente, ricercando un filo conduttore, il bandolo della matassa, senza in alcun modo dare un valore religioso a questo lavoro su noi stessi e sul teatro.
Non neghiamo però che ogni tanto la domanda si insinua vile nelle nostre menti… se non è Dio a parlare attraverso di noi, ma allora non è che

 

 

Sarebbe un bel casino…

PS: Qui il diavolo ci mette davvero lo zampino… dimenticavamo… questi  siamo noi

 

 

 

Photograph by Russell Lee for Farm Securities AdministrationLaying_on_of_hands

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Pubblicato il: 19 luglio 2014

Argomenti: Teatro

Visto da: 1130 persone

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