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MusiQ Actias Luna: il mito, la denuncia, il racconto. E un disco da realizzare

Actias-Luna

Elisa Menichelli alla voce, Riccardo Massagli all’arpa e al piano, Francesco Massagli alle chitarre, Gerardo Francesconi ai bassi, Giovanni Nocera alla batteria. Actias Luna.

Potrei finirla qui e spedirvi solo su eppela.it, il portale di crowdfunding che ospita la raccolta fondi per la realizzazione del prossimo album di questa formazione a cavallo tra la lucchesia, la pisanità e incursioni liguri, che non ama imbrigliarsi in definizioni di genere, che da quindici anni va costruendo non brani, piuttosto storie, spesso suite, termine rubato alla musica classica e mutuato poi dal rock progressivo, due dimensioni sonore ampiamente attraversate dalla band. Invece no, sono troppi i motivi per cui ritengo necessario parlare a lungo di questo progetto a cavallo tra musica e narrazione, a partire dalla singolare circostanza in cui sono venuta a conoscenza della sua esistenza.

Al progetto radiofonico “Collega-Menti”, una redazione di ragazze e ragazzi utenti del CSM di Pisa, serviva la competenza di un musicista per l’evento finale del corso di radio-formazione al quale hanno partecipato lungo tutto l’anno scolastico. A pochi giorni e molte prove per montare la mise en scène, Riccardo Massagli approda sulla scena con la sua arpa e in men che non si dica viene costretto a suonare da Vasco Rossi ai Nirvana. In pochi secondi tutti hanno capito di trovarsi davanti a un ragazzo capace di accordarsi al nuovo mondo a cui si stava affacciando. È stato impossibile dimenticare il senso di riconciliazione, filtrato dalla sue note, che ha poi costraddistinto lo spettacolo della redazione di “Collega-Menti”, impossibile non andare in blocco al concerto organizzato per finanziare il disco del, fino allora, “gruppo di Riccardo”.

Lo spettacolo di lunedì 30 Giugno, organizzato dalla Città del Teatro di Cascina nel cortile interno del teatro, si è distinto per il grande coinvolgimento emotivo che si è instaurato fin dal primo brano tra gli astanti e gli Actias Luna che, attraverso la voce narrante di Riccardo, hanno spiegato il loro “sogno di un viaggio diverso”. Penso sia stata l’unica volta in cui di fronte a un artista che si dilunga in spiegazioni non ho sentito il bisogno di gridare “sòna!”, non tanto per l’ambiente teatrale in cui ci trovavamo, quanto per la ricchezza di ogni parola pronunciata, che letteralmente ha accompagnato tutti nella comprensione di storie mai banali, alcune sepolte nella storia d’Italia, altre ancor più indietro, nel mito, altre ancora palpitanti in varia misura attorno a noi.

“Siamo gli Actias Luna e la nostra musica ha molto a che fare con la notte”. Non c’è dubbio, ma il concerto si apre con il vento, “Vento d’inverno”, giusto un po’ di delay nella voce per farsi trasportare un po’ più in là.

 


A seguire un omaggio a Janis Joplin e a Donatella Diamanti, direttrice artistica del teatro, con un’interpretazione d’impatto midiciale di “Mercedes Benz”; se non fosse bastato il pbrano precedente ad illuminare tutto il pubblico sulla bravura di Elisa, la cantante, ogni dubbio è stato eliminato da questo graffio rock.
La canzone che segue mi sconvolge a livello strettamente personale, mi fa scattare sulla sedia perché mi riporta al 2009, quando sono partita in treno verso Corleone per prendere parte a un campo estivo sulle terre espropriate alla mafia e coltivate dalla cooperativa “Lavoro e non solo”.
Ne “I pomodori di Corleone”, con il loro colore rosso “di riscatto, orgoglio e libertà”, gli Actias Luna evocano proprio i nomi dei membri di quella cooperativa, che lotta ogni giorno contro la terra bruciata che la popolazione le fa attorno, nel tentativo di rendere vana la sua ribellione alla criminalità organizzata.

Dopo questo brano carica di denuncia, una storia d’amore che nasce nella metropoli di Beffanburgo, scomparsa dalla carte geografiche, dall’incontro tra il tipografo e ladro di libri Julius e la servetta Lilli; inseguendo i loro sogni d’amore, con Giulio Verne come unica guida, i due si involano con una strana macchina a vapore, costruita in un capanno al limite della città con vecchie lamiere: la “Nimbus”. Un racconto che accenna all’epilogo vaporoso del Secolo Lungo, una Sinfonia di una Grande Città ante-litteram, sferzata da un vento di sola apparente modernità.
Protagonista del brano successivo è l’Africa, una terra di una “bellezza che non ti può appartenere” e che invece è sempre più soggetta a rappresentazioni ipocrite e patinate.

Dal disco nuovo a un lavoro precedente, “Libero di non pensare”, il gruppo propone un fait divers di quelli che già domani potremo tranquillamente trovare su una pagina di cronaca locale: è la storia di Sebastiano, che si adagia nella neve, convinto che gli scienziati stiano sperimentando un modo per ibernare le persone e conservarle nel tempo, in attesa di un mondo finalmente über gender.

Andando avanti nello spettacolo, ecco due canzoni dedicate al mito che diventano metafore moderne di tipici problemi relazionali: un “Orfeo e una Euridice” moderni, una coppia che deve darsi reciproca fiducia per poter tornare insieme, senza perdere tempo a “voltarsi” per verificare passo passo i progressi o le ricadute; una “Menade” altrattento moderna, una donna infuriata per una storia finita che attacca con livore il partner che la sta facendo infuriare.

Con una canzone-fotografia del disastro del Vajont, una ninna-nanna pacificatrice e un’intepretazione a dir poco sognante di “Amore disperato” di Nada, gli Actias Luna ci lasciano tornare a casa con la speranza che il loro album possa concretamente realizzarsi.
Fate un salto su Eppela  e credeteci anche voi.

 

Foto di Michela Biagini

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Pubblicato il: 2 luglio 2014

Argomenti: MusiQ, Quaderni

Visto da: 1367 persone

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