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InQuadriamo il diritto La Corte Costituzionale e il riconoscimento delle coppie omosessuali

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Cari lettori,

oggi con InQuadriamo il diritto analizzeremo in sintesi la sentenza della Corte Costituzionale dell’11 giugno che, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale delle norme di legge che imponevano il “divorzio automatico” a seguito del mutamento di sesso di uno dei due coniugi, ha colto l’occasione per fare alcune importanti considerazioni sul riconoscimento delle coppie omosessuali.

Fino ad oggi, appena il procedimento giudiziale di rettificazione dell’attribuzione di sesso di una persona coniugata diveniva definitivo, automaticamente veniva annotata, in calce all’atto di matrimonio, la dichiarazione di cessazione degli effetti civili del matrimonio. In pratica, senza che fosse necessaria alcuna domanda da parte dei coniugi, e senza che questi fossero in alcun modo interpellati a riguardo, marito e moglie cessavano automaticamente di essere tali, ed il loro matrimonio veniva immediatamente sciolto.

Tutto ciò avveniva perché, seconda un’interpretazione molto diffusa, la legge italiana, pur non prevedendo espressamente da nessuna parte che i coniugi debbano avere sesso diverso, darebbe comunque per scontata la differenza di sesso tra i coniugi e non ammetterebbe, quindi, il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Da qui, la previsione di un divorzio automatico, immediato ed imposto dalla legge, collegato alla semplice pronuncia di rettificazione di sesso. Un divorzio che, però, non tiene in alcuna considerazione l’eventuale volontà dei due coniugi di rimanere legati, come coppia, da un vincolo giuridico anche una volta intervenuto il cambio di sesso di uno di loro.

La Corte Costituzionale (ossia il Giudice che, nel nostro ordinamento, è chiamato a decidere della legittimità costituzionale delle leggi italiane) ha quindi dovuto decidere se questa peculiare ipotesi di divorzio “imposto ed automatico” fosse legittima oppure no.

In questo contesto, la Corte ha affermato che “l’unione omosessuale, intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso, cui spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri” è tutelata dall’art. 2 della Costituzione.

Più in particolare, la Corte Costituzionale ha affermato che il matrimonio, in quanto tale, è destinato alle sole coppie eterosessuali (essendo imprescindibile, secondo la Corte, la differenza di sesso tra i due coniugi) ma ha, al contempo, anche affermato che il legislatore deve al più presto disciplinare il riconoscimento delle coppie omosessuali e garantire anche a queste una “forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima”.

La Corte Costituzionale è stata chiarissima su questo punto, perché ha affermato, senza mezzi termini, che è “compito del legislatore introdurre una forma alternativa (e diversa dal matrimonio) che consenta ai due coniugi di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione, su tal piano, di assoluta indeterminatezza. E tal compito il legislatore è chiamato ad assolvere con la massima sollecitudine per superare la rilevata condizione di illegittimità della disciplina in esame per il profilo dell’attuale deficit di tutela dei diritti dei soggetti in essa coinvolti”.

Nell’attesa che il legislatore si adegui al dettato della Corte Costituzionale, a quest’ultima spetta il compito di intervenire, volta per volta, a tutela di alcune specifiche situazioni: ed è per tale motivo che, con la sua sentenza, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme di legge che sancivano il divorzio automatico “nella parte in cui non prevedono che la sentenza di rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore”.

A questo punto, i riflettori sono tutti puntati sul nostro Parlamento che, in brevissimo tempo, dovrà adeguarsi a quanto disposto dalla Corte Costituzionale e dovrà, quindi, riconoscere, tutelare e disciplinare, nelle forme che meglio riterrà opportune, le convivenze omosessuali.

Vi aspetto alla prossima!
Francesca Bonaccorsi

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Pubblicato il: 25 giugno 2014

Argomenti: InQuadriamo il diritto, Quaderni

Visto da: 1312 persone

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