MENU

MusiQ What’s my age again?

Concerto Liceo Dini

MusiQ al concerto di fine anno del Dini. Ad alzare l’età media e a documentare i musicisti pisani di dopo domani. Per dire Sì a queste Grandi Opere.

Sarebbe stato utile a tanti “grandi” dell’intrattenimento locale prendere parte, martedì scorso, al concerto di fine anno organizzato dalle studentesse e gli studenti del liceo Dini.
Senza entrare nel merito degli aspetti tecnici, ancor prima di parlare dello spettacolo, seguito di tante fatiche, credo che molti organizzatori di eventi in città e altrove dovrebbero cogliere l’importanza della produzione culturale che si è venuta a creare all’interno della Stazione Leopolda, che quasi a stenta è riuscita a contenere il bisogno di respiro di tanto popolo, per il quale, forse, servirebbero parchi e piazze, quelli stessi luoghi troppo spesso additati come ricettacoli di mala educazione, che al contrario hanno in seno il potenziale del nascente underground pisano.
Martedì sera è stato realizzato un rough show che non potrebbe essere ospitato da nessun locale, dove, malgrado molti gestori arditi e per colpa di tanti profittatori, sono il profitto e il tirare a campare che prevalgono sull’espressione del territorio nella sua componente più giovane e bisognosa di crearsi attorno la comunità che la sosterrà nel corso di quelle carriere non ancora vissute.

A dispetto dell’afa all’interno della struttura e dei bicchieri di sangria (annacquata), inarrivabili se non mostrando la carta d’identità, il concerto è cominciato puntualissimo alle ore 18. Concerto di pomeriggio e posto già popolato, roba da matinée londinese. Fin dall’inizio del live abbiamo cominciato a farci un’idea di quali fossero i principali riferimenti musicali delle giovanissime band, quasi tutte alle prese con brani cult. A prescindere dalla natura primogenia delle canzoni riproposte, per la prima parte dell’evento abbiamo assistito al dominio inconstratato di quella evancescente categoria, dalla nomenclatura vagamente livornese, del tallo, che assomma in sé i tratti vocali del metal à la James LaBrie, inserti di doppio pedale e chitarristi dediti ora al tapping dei Van Halen, ora ai quattro accordi in power chord del punk rock anni ’90. Considerando che la maggior aprte dei musicisti nasceva dopo l’uscita di “Enter Sandman” (Metallica, album omonimo, 1991), chi anche dopo “Dookie” (Green Day, 1994), diciamo che è stato un inizio serata realtivamente, nel senso storicistico del termine, vintage.

 

 

I R.A.B.A.T.S, i primi a salire sul palco auto-costruito, hanno ripulito le celebri storture della voce di Kurt Cobain trasformando “Rape Me” in un pezzo screamo o qualcosa di molto simile, i NO NAME hanno proposto cover e brani inediti legati al cross-over dei System of a Down, mentre i NEW HORIZONS, capitanati da un’energica front-woman, come quella dei No Name, peraltro, sono passati dai Metallica ai Cranberries senza batter ciglio.
Altro tratto saliente della serata, il mixer lasciato in pasto all’autogestione, o meglio, la possibilità di domandare a piacimento modifiche di gain e volumi a chi stesse seduto di fronte ai venti canali; badate bene, non ho detto FONICO, bensì qualunque forma di vita si atteggiasse come consapevole dello spippolìo giusto da apportare per migliorare la resa del concerto. Un frenetico “alza/abbassa” che ha creato suggestivi fischi e ammutolimenti che ci piace ricordare come pensati ad arte.

Se fino alla pausa-cena tutto il concerto sembrava propendere per la rétromania, nella ripresa gli H&M, chitarra acustica, scatolone e spazzole mi hanno insegnato che si può cantare “io quando avevo vent’anni ero uno stronzo” in via quasi profetica, dato che pubblico e musicisti “puzzano ancora di Teen Spirit”. Una sincera interpretazione tutta Zen Circus, che dell’intonazione mancata e del copioso sudore versato ha fatto il suo bello.

A chiudere la serata due formazioni più mature, grazie alle quali ho scoperto che su “Hey Joe” possono scatenarsi sì i synth-oni anni ’70, ma con la ritmica in levare è meglio; e se lasci il synth là dove il Moog suona, facilmente ci trasporti Aloe Blacc, per poi tornare a bomba sulla PFM. Tutto questo sono stati La Fabbrica degli Aggettivi a Gettoni e i Blemma.

Non riesco a trovare chiosa migliore a questo racconto se non quella del migliore augurio a questa allegra compagine di musicanti, affinché non si vendano al miglior offerente e pretendano sempre da chi ha il dovere di dar loro spazio, voce e possibilità. Il concerto è stato interamente registrato grazie al contributo della web radio Radio Roarr – Rete Occupata Autogestita Radio Rebeldìa, che provvederà nei prossimi mesi a dare alle stampe casalinghe questo prezioso bootleg.

 

Foto di Michela Biagini

Download PDF

Scritto da:

Pubblicato il: 12 giugno 2014

Argomenti: MusiQ, Quaderni

Visto da: 2071 persone

Post relativi

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricevi paginaQ per email

Ciao!
Iscriviti alla newsletter di Pagina Q
Se lo farai ci aiuterai a far vivere l’informazione nella nostra città e riceverai la versione mail del quotidiano.
Naturalmente non cederemo a nessuno il tuo indirizzo e potrai sempre annullare la tua iscrizione con un semplice click sul link che troverai in ogni nostra mail.