MENU

Le camere sepolcrali dei marchesi di Saluzzo. Al via la ricerca

Saluzzo

Un progetto di ricerca dell’Università di Pisa per risolvere un “giallo storico”: rintracciare le sepolture dei marchesi di Saluzzo, potente casato che governò in Piemonte fra medioevo ed età moderna.
A portare avanti la ricerca all’interno alla chiesa di San Giovanni nella diocesi di Saluzzo (Cuneo) l’équipe del professore Gino Fornaciari dell’Università di Pisa, che in passato ha studiato le tombe della famiglia de’ Medici a Firenze o quelle degli Aragonesi a Napoli.
Il progetto di ricerca, finanziato dalla Cassa di Risparmio di Saluzzo, è partito con una prima campagna di esplorazione non invasiva del sottosuolo tramite georadar ad aprile. E vede coinvolti dal punto di vista scientifico Adriano Ribolini e Monica Bini del Dipartimento di Scienze della Terra e Raffaele Gaeta e Antonio Fornaciari della Divisione di Paleopatologia del Dipartimento di Ricerca Translazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia.

“La costruzione del primo edificio dedicato a San Giovanni Battista – spiega Antonio Fornaciari – risale al 1281, ma la chiesa, specialmente tra gli inizi del XIV e la fine del XV secolo, ha subito molte trasformazioni che di fatto hanno reso difficile l’identificazione delle tombe dei marchesi di Saluzzo. Ad esempio è tuttora ignoto il luogo di sepoltura di Ludovico I morto nel 1475 prima che venisse completata la nuova cappella funeraria da lui voluta. Il suo successore, Ludovico II (1438-1504), XI marchese di Saluzzo e viceré di Napoli, fu invece probabilmente sepolto sotto l’attuale monumento funebre del coro, ma tuttora non si sa se i resti dei suoi illustri antenati siano stati traslati nello stesso luogo o meno”.

L’obiettivo del progetto è dunque di recuperare informazioni sulla presenza di camere sepolcrali contenenti resti umani scheletrici e mummificati, appartenenti alle famiglie aristocratiche che avevano diritto di sepoltura all’interno della chiesa, fra cui appunto i Saluzzo, ed allo stesso tempo comprendere, grazie anche alla collaborazione  di Silvia Beltramo, ricercatrice del il Politecnico di Torino, l’evoluzione architettonica dell’edificio religioso.

“Il Ground Penetrating Radar (Georadar o GPR) con il quale abbiamo effettuato le prime indagini – conclude Fornaciari –  è uno degli strumenti geofisici non invasivi più utilizzati nella ricerca archeologica. Il successo di questa tecnica deriva prevalentemente dalla sua capacità di rilevare ampie porzioni di superficie in tempi relativamente veloci, oltre che dall’elevata risoluzione dei dati ottenibili che permettono una visualizzazione 3D della sottosuperficie”.

Download PDF

Scritto da:

Pubblicato il: 4 giugno 2014

Argomenti: Cultura, Scuola-Università

Visto da: 957 persone

, , ,

Post relativi

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Ricevi paginaQ per email

Ciao!
Iscriviti alla newsletter di Pagina Q
Se lo farai ci aiuterai a far vivere l’informazione nella nostra città e riceverai la versione mail del quotidiano.
Naturalmente non cederemo a nessuno il tuo indirizzo e potrai sempre annullare la tua iscrizione con un semplice click sul link che troverai in ogni nostra mail.