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Le elezioni europee e il provincialismo italiano

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di Roberto Castaldi

Il dibattito tra le forze politiche italiane in vista delle elezioni europee desolante. Paradossale, perché guardando i media sembrerebbe che solo gli anti-europei stiano facendo campagna elettorale. Dirsi contro l’Europa o l’Euro sta diventando di moda e guadagna titoli e attenzione. Una minoranza rumorosa copre la voce di una maggioranza che ha molti più argomenti dalla sua parte. Soprattutto, è propagandistico, incentrato su idee e proposte prive di qualsiasi possibilità di realizzazione.

Grillo critica l’Europa, chiede un referendum sull’Euro – peccato che la Costituzione italiana vieti i referendum sui Trattati internazionali, come quelli da cui deriva la nascita dell’Euro e la partecipazione italiana alla moneta unica – e se il M5S vincerà le elezioni europee chiederà a Napolitano la guida del governo. Peccato che le elezioni europee non riguardino il governo nazionale, e che la durata del governo dipenda dalla maggioranza nel Parlamento italiano, che non verrà in alcun modo modificata dai risultati delle europee.

Al contrario, una sconfitta dei partiti al governo li spingerà ad allungare la legislatura il più possibile nel timore delle elezioni. Il decalogo del M5S con gli impegni dei candidati per le europee è un concentrato di ignoranza. Si impegnano a promuovere solo proposte di legge di iniziativa popolare, ma peccato che nell’UE il monopolio dell’iniziativa legislativa appartenga alla Commissione! il Parlamento può emendare e decide insieme al Consiglio sulle proposte della Commissione, ma non può proporre un testo di legge europea. Non avendo fatto alleanze saranno fuori dai Gruppi politici del Parlamento, il che impedisce di assumere incarichi di rilievo come Presidenze di commissione, rapporteurs, Vice-presidenti del Parlamento, cioè non saranno in grado di contare minimamente.

Sapendolo, Grillo e Casaleggio li obbligano a nominare come propri assistenti pagati dal Parlamento dei comunicatori scelti da Grillo e Casaleggio al servizio del M5S. In sostanza i grillini andranno a Bruxelles per portare a casa lo stipendio e creare un esercito di funzionari di partito pagati dal Parlamento europeo, ma senza poter incidere in alcun modo.

Salvini gira l’Italia, rischiando il linciaggio al sud, chiedendo l’uscita dall’Euro. Peccato che l’euro sia irreversibile, l’uscita non sia prevista, e implicherebbe l’uscita dall’UE e dal mercato unico, salvo una riforma all’unanimità dei Trattati europei che non ha nessuna possibilità. Inoltre, ci manderebbe in rovina in pochi mesi, portandoci al default – cioè alla perdita dei risparmi di tutti gli italiani, visto che circa il 70% del debito italiano è in mano agli italiani. Ma è l’unico tema a disposizione della Lega per provare a superare il 4%, e quindi avanti così, in un’alleanza con i movimenti di estrema destra di mezza europea.

Berlusconi ha iniziato il suo tradizionale giro elettorale di tutti i programmi televisivi esistenti attaccando l’Europa, solleticando i sentimenti anti-tedeschi, e dicendo spesso l’opposto di quello che il Partito Popolare Europeo – cui Forza italia aderisce – e il suo candidato alla Presidenza della Commissione, Jean-Claude Juncker sostengono nel loro manifesto e nella campagna elettorale. Una volta al Parlamento voteranno ovviamente insieme al resto dei popolari, dimenticandosi rapidamente delle posizioni e delle promesse elettorali fatte in Italia.

Il PD si affida al solo Renzi, che imperversa in TV come capo del governo, parlando principalmente della politica, delle riforme e del governo nazionale. Ma quale sia la sua linea sull’Europa, quali le iniziative politiche che il PD intende portare avanti nel quadro del Partito Socialista Europeo non è chiaro.

Gli altri fanno una campagna elettorale con pochi mezzi e vengono quasi del tutto ignorati dai mezzi di comunicazione. Perfino i dibattiti europei tra i candidati alla Presidenza della Commissione dei vari partiti europei non trovano grande eco nei media italiani (quello in Italia, del 9 maggio a Firenze, sarà disponibile su www.stateoftheunion.eui.eu). Ma la posta in gioco delle elezioni è quella: chi governerà l’Europa e con quali politiche.

Il nostro dibattito è quindi provinciale, incentrato su temi che non verranno decisi dalle elezioni europee, o su prospettive che non hanno possibilità di realizzarsi. Non permette ai cittadini di informarsi e quindi di decidere attraverso il voto delle vere questioni in gioco: quali politiche europee sono necessarie per superare la crisi? Con quali strumenti? Bisogna dotare l’Unione o almeno l’Eurozona di poteri fiscali e della possibilità di emettere titoli di Stato europei per finanziare un piano straordinario di rilancio dell’economia europea (come chiede ad esempio l’Iniziativa dei cittadini europei www.newdeal4europe.eu)? Quali poteri sono necessari e in che tempi per realizzare le unioni bancaria, fiscale, economica e politica? Quali istituzioni e meccanismi decisionali? In sostanza, quale Europa? Perché questa, gestita essenzialmente dai governi nazionali con il metodo intergovernativo, non funziona, e la crisi lo ha mostrato con chiarezza.

A questo provincialismo culturale si aggiungono gli effetti nefasti della pessima legge elettorale usata in Italia per le elezioni europee. Prevedendo con grandi circoscrizioni, le preferenze, e la soglia di sbarramento al 4% spinge i partiti a candidare persone famose in grado di raccogliere voti e preferenze, piuttosto che candidati preparati in grado di incidere dentro al Parlamento europeo, sebbene il 70% della legislazione sia ormai europea. Al contempo la soglia priva l’Italia di una rappresentanza in diversi gruppi politici presenti nel Parlamento Europeo, che quindi non possono mai tenere presente le opinioni e gli interessi dei cittadini europei italiani che li votano.

Eppure votare sarà importantissimo. Quelle del 25 maggio saranno in un certo senso le prime vere elezioni europee. Tutti insieme gli europei decideranno la leadership della Commissione europea, l’indirizzo politico essenziale. Chiariranno se pensano che per superare la crisi serva meno Europa o più Europa, e quale Europa. La possibilità di superare la crisi dipende da cosa farà l’Europa più che da qualunque altra cosa. Votando contribuiremo alle scelte decisive, a indirizzare l’Europa verso una nuova fase di crescita, o verso una dissoluzione che renderebbe il declino davvero inevitabile.

@RobertoCastaldi
Direttore CesUE

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Pubblicato il: 11 maggio 2014

Argomenti: Mondo, Politica

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