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Voci strane e meravigliose

Scream-ph-LordFerguson-Flickr

Il teatro secondo Sara ed Hengel (Teatro Cantiere)

Voi come state a traumi infantili? Ve lo chiediamo perché a quanto pare Sara ed io siamo un po’ al di sopra della media riguardo l’argomento e questo si sta riflettendo inevitabilmente sui nostri articoli del Grand-Quignol! Chissà, forse stiamo cercando in voi amatissimi lettori lo psicanalista che non abbiamo mai avuto… Oggi ad esempio vi parleremo di voce e canto (ve l’avevamo promesso, ricordate “Corpi strani e meravigliosi”?)  e udite, udite, anche stavolta tutta la storia parte da un trauma di gioventù. Sarà un caso?
Beh, noi pensiamo proprio di no, quindi facciamo un bel respiro, ci corichiamo sul lettino e cominciamo la seduta.

Siamo nella prima metà degli anni ’80, in un paesino di settecento anime tra Liguria e Piemonte. Le maestre della piccola scuola sono in fermento: hanno intenzione di far cantare in coro tutti gli alunni per la visita del Sindaco che si terrà la settimana successiva. Un evento importante. Ero contento, perché mi piaceva cantare. Alla maestra non l’avevo mai detto, ma improvvisavo canzoni quando da solo correvo felice nei prati, come un Peter che va incontro alla sua Heidi. Sì, mi piaceva davvero cantare ed ero orgoglioso di farlo per il Signor Sindaco. Ma le storie di campagna, si sa, sono sempre un po’ tristi ed infatti la mia gioia durò poco, perché alle prove il verdetto arrivò dritto al mio cuore come una fucilata: “No, te Hengel no, hai una brutta voce, sei stonato, vai dietro e canta piano”. La maestra lo disse così, quasi sbadatamente. E mi distrusse: non avevo “il dono”, non sapevo cantare, avevo una brutta voce. Fine. E ripeto, FINE.
Invece Andrea venne chiamato davanti, solista. Una qualche divinità aveva toccato la sua ugola. E a me no. Smisi di improvvisare nei prati e qualcosa mi si ruppe dentro, come quando Peter scoprì che Heidi se ne sarebbe andata a Francoforte, lasciando le sue possibilità di accoppiamento con coetanea a zero.
E’ anche grazie a questo trauma che mi sono avvicinato al teatro: per non sentirmi come Peter, inchiodato a un inevitabile destino, per capire cosa fosse questo “dono”, per scoprire i segreti della voce e del canto.
E per fortuna di segreti Sara ed io ne abbiamo scoperti. Intanto non esistono voci belle e brutte, forti e deboli, alte e basse. E’ solo il modo in cui si usa la voce che fa la differenza. I limiti che noi diamo alla nostra voce sono esclusivamente mentali, in realtà tutto è possibile. Possiamo cantare emettendo due voci contemporaneamente, far vibrare la voce nello spazio, possiamo replicare i versi degli animali, rompere bicchieri di cristallo. E possiamo farlo tutti, naturalmente lavorandoci con dedizione e nel giusto modo.
Alla faccia della predestinazione! La voce è un dono in sé ed invitiamo tutti a riscoprirla, soprattutto quelli che da bambini venivano messi in fondo quando c’era da cantare.
Comunque, che in passato siate stati traumatizzati o no, abbiamo deciso di farvi ascoltare una carrellata di voci strane e meravigliose, di tecniche vocali antiche ed inusuali nella speranza che proviate ad amare le infinite possibilità della voce. E magari scoprire di voler imparare a farlo anche voi.

Cominciamo subito da un’antichissima arte vocale che ancora sopravvive in Italia. E’ la tecnica del Chioccolare, l’imitazione del canto degli uccelli. Viene usata nella caccia in diverse regioni del Centro-Nord, per richiamare i pennuti volatili e catturarli. Al di là del suo scopo è una tradizione che ha dell’incredibile.

Proseguiamo l’ascolto con un coro molto particolare, quello delle voci bulgare. Ve lo presentiamo perché questa tradizione merita di essere conosciuta ed apprezzata: si dice che le donne debbano riuscire a trovare la loro “voce di vetro” per intonare queste antiche canzoni popolari…provate a cogliere le armonie dissonanti e i piccoli suoni che si aggiungono alla melodia del canto…da brividi.

Passiamo ora ad un classicone. Conoscete il cosiddetto throat singing della regione mongola di Tuvan? Questa tecnica di canto si concentra sulle risonanze che si possono creare nell’apparato vocale mettendo in risalto i suoni armonici della voce. Risultato: una singola voce può produrre più suoni contemporaneamente, suonare come un flauto e creare melodie che si intrecciano.

I canti armonici esistono in diverse culture e tradizioni, qui potrete ascoltare la tecnica degli Inuit. Non ci crederete, ma alcune delle melodie che state per sentire non sono l’imitazione di una motosega, ma ninne nanne.

Questa invece è la leggendaria Yma Sumac, cantante peruviana avvolta nel mistero, idolatrata per la sua incredibile estensione vocale e la sua abilità ad emettere ogni tipo di suono con la voce.

Utilizzato anticamente in Svizzera, Austria e Tirolo per richiamare il bestiame o per mandare richieste di aiuto che si diffondessero tra le montagne, lo Jodel è una tradizione vocale che di solito ci fa un po’ ridere. Forse per l’uso di quei suoni così acuti e scanzonati o forse per le facce rubiconde e germaniche dei suoi interpreti questa tecnica suscita spesso ilarità, ma vogliamo consigliarvi di ascoltarla con un altro atteggiamento ed apprezzare le sue folli finezze acustiche.

Ora vi mostriamo il Ca trù, un genere musicale del Vietnam dove la voce femminile usa diverse vibrazioni dell’osso cranico, del naso e dei denti per cantare.

Rimanendo in Oriente, ecco il Ketjak, un canto legato alle antiche tradizioni sciamaniche di Bali. In passato veniva usato per raggiungere la trance, ma la sua vera essenza si è perduta nel tempo e questo è ciò che sopravvive oggi.

Passiamo ora a qualcosa di più contemporaneo
.
La ricerca sulle possibilità della voce si è intensificata moltissimo nell’ultimo secolo e porteremo come unico esempio tra i tantissimi il lavoro di Sainkho Namtchylak, cantante sperimentale di rara capacità.

Ma le voci strane e meravigliose non stanno solo negli angoli più sperduti della Terra, si possono trovare anche sotto casa. E proprio qui a Pisa ci sono voci a noi vicine che amiamo in modo particolare e vogliamo condividerle con voi.

C’è la voce impudica, libera e senza autocensure di Ico Gattai e quella di Totino Setzi, vitale, ironica e teatrale. C’è la voce profonda, mutevole, inarrivabile di Marina Mulopulos e quella rauca, vissuta ed introversa di Dome La Muerte. E poi il fischio di Tommaso Novi, una vera rarità.

Adesso però dobbiamo concludere la nostra seduta psicanalitica.
Volete sapere come è andata a finire la storia del coro per il Signor Sindaco? E’ andata molto bene. Un mio compagno, anche lui buttato in fondo perché stonatissimo, non ha saputo resistere all’ebbrezza di cantare per il primo cittadino a squarciagola. Chissà…forse l’ha fatto per ripicca o magari pensando di redimersi, fatto sta che senza vedere i palesi segnali delle maestre e senza far caso alle nostre tiratine al grembiule, ha gridato dall’inizio alla fine, sovrastando le allegre melodie da Coro dell’Antoniano con un drammatico lamento simile al richiamo d’amore dell’alce in primavera.
Naturalmente gliene fui grato, anche se avrei preferito qualcosa alla Rutt Mysterio.

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Scritto da:

Pubblicato il: 4 maggio 2014

Argomenti: Teatro

Visto da: 2464 persone

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2 risposte a: Voci strane e meravigliose

  1. avatar federoti scrive:

    Mie Cari,
    sappiate che sui vostri articoli futuri peserà il grave fardello delle mie aspettative. Debbo a voi somma gratitudine, siete l’Alpitour che ho sempre desiderato.
    Tra le tante meraviglie m’è forza eleggere alcune meraviglie meravigliate.
    Il Coro Balinese, Prima d’ora l’avevo solo sentito, adesso che l’ho visto so che da grande voglio fare il coreuta a Bali. L’omino pelato è ormai il mio eroe preferito.
    Le voci bulgare. Mi veniva da definirle oltre umane, ma mi sbagliavo sono assolutamente umane, si tratta semplicemente d’umanità in un momento di perfezione. Pure bellocce ste bugare!
    Le motoseghe Inuit, mi chiedo se l’infante non venga tenuto sospeso e compreso tra le pance di Aryaut & Aniksak. Se così fosse vorrei esser quell’infante.
    Il Ca Trù vietnamita. Non basterebbero i 415 caratteri che mi rimangono…fui preda della stessa strana gioia che provo per certe marce funebri…lo direi un compianto, un lamento funebre per una marionetta rotta…(perdonate ma sul Ca Trù il romanticismo m’ha sopraffatto)

    Vostro
    Federoti

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