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VideogioQ Peste e corna

Shadow_of_the_Colossus_Fanart_by_zekitty

Ciao, sono Guillermo del Toro. Forse vi ricorderete di me in quanto sono un baldo regista che fa (tra le altre cose) impazzire le fie, e oggi sono qui per parlarvi dei due videogiochi di Sony Entertainment che hanno dato un senso alla PS2. A prescindere dalla vostra professione e da chi volete fare impazzire, se fate come ho fatto io trarrete notevole giovamento dal giocamento di Ico e Shadow of the Colossus. Stiamo parlando di due fiabe moderne, quindi anche questa settimana gli amanti del dato sociologico si ciucciano i diti.

Nella prima fiaba, Ico, impersoniamo un ragazzo con le corna destinato ad una fine orribile. Trascinato a forza in un antico castello, il giovane Ico (no, non il Gattai) ha ben poca voglia di soffocare nel sarcofago sacrificale dov’è stato rinchiuso per il solo fatto di essere nato con le corna. Così, una volta guadagnata la libertà, cerca di uscire dal castello. E che bel castello, marcondirondirondello, pieno di anfratti da esplorare ed enigmi da risolvere. Così, esplora che ti esplora, e risolvi che ti risolvi, ben presto Ico incontra Yorda, una bella ragazza fatta di luce, bella sì, peccato non capisca tendenzialmente una sega di nulla in fatto di deambulazione e sopravvivenza.

Anche Yorda, dotata di magici poteri, è prigioniera nell’attesa di morire male (non vi dico come), e i due si danno la manina per fuggire assieme dal castello. Se non che, liberandola, Ico ha pisciato fuori dal vaso, e adesso c’è un bell’ensemble di ombre mostruose che vogliono ritrascinare la signorinella in condizione di cattività. Vuoi uscire dal castello con la fia? Ti tocca fare l’omino, Ico, e scacciare a legnate i mostrilli nel mentre cerchi di salvare la povera deficiente, principalmente da sé stessa. C’est la vie.

Con una ragazza da salvare inizia anche Shadow of the Colossus, peccato che la dolce donzella inizi il gioco già morta. Il suo promesso, Wander, ha ben pensato di portare il cadavere in una terra proibita: così facendo, un’ingiusta nomea di necrofilo lo accompagna, e si ritrova tallonato dalle forze dell’ordine. Nella landa desolata che fa da sfondo al gioco è possibile resuscitare i morti, a patto che si ponga fine alla vita di sedici creature gigantesche: innocenti, più antiche del tempo stesso, nascoste un po’ qua un po’ là.

Per stanare i bestioni, Wander può fare affidamento sulla sua spada, sul suo arco, ma soprattutto sul suo fedele cavallo Agro. Il legame tra lo splendido quadrupede e il suo cavaliere è il centro del gioco, così come è stato per la storia mano-nella-mano tra Ico e Yorda. In entrambi i casi, non sono tanto le animazioni realistiche, né l’intelligenza artificiale a darvi l’impressione di avere a che fare con qualcosa di vivo, e con cui dovete imparare a convivere per finire il gioco, quanto la sottile ma onnipresente imbecillità artificiale del compagno, fia o cavallo che sia.

Tutto il resto, nei due giochi, viene dopo. E tutto il resto è un mondo irripetibile di sole abbacinante, polvere, rovine ed erba.

Ico e SotC sono disponibili su PS2, e su PS3 in un’unica collezione, oppure in download separati.

Illustrazione di zekitty

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Pubblicato il: 22 marzo 2014

Argomenti: Quaderni, VideogioQ

Visto da: 638 persone

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