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Siamo quello che mangiamo Quanto mangio sotto stress?

scimmia

È invero una malattia noiosa dover salvaguardare la propria salute al prezzo di una dieta troppo severa.
François de La Rochefoucauld, Massime, 1678

La vita è stressante!
La vita quotidiana richiede la costante ricerca, stabilizzazione e mantenimento di un equilibrio dinamico per fare fronte a rapidi cambiamenti di condizioni ambientali, comunemente detto “allostasi”.

La reazione allo stress, volta al mantenimento dell’allostasi, comprende una cascata di risposte adattative che originano sia a livello del Sistema Nervoso Centrale che del Sistema Nervoso Periferico e che sono caratterizzate da mutamenti comportamentali, autonomici ed endocrinologici finalizzati all’aumento della vigilanza, alla diminuzione della libido, all’incremento della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, e ad un maggior afflusso di sangue a muscoli, cuore e cervello; se la risposta all’evento stressante si prolunga nel tempo lo stress da acuto diventa cronico e comporta un’alterazione della risposta cardiovascolare e immunitaria e un maggior rischio di sviluppare patologie quali ansia, depressione e cancro.

L’insulto stressante può essere fisico (un trauma, un intervento chirurgico, l’esposizione a temperature estreme), chimico (riduzione dell’ossigenazione, alterazione dell’equilibrio acido-base), fisiologico (iperattività fisica, dolore), psicologico o emotivo (preoccupazione, paura, sofferenza) o sociale (conflitti relazionali, cambiamenti di stile di vita).

Ma cosa succede all’appetito e alle preferenze alimentari in condizioni di stress?

Gli studi sull’uomo mostrano come gli effetti dello stress sull’appetito possono essere di tipo opposto: un sottogruppo pari a circa il 30% della popolazione esaminata, composta principalmente da donne, diminuisce il consumo di cibo durante o dopo l’evento stressante, con conseguente perdita di peso (che non è sempre un beneficio, dato che anche un peso corporeo troppo basso è spesso associato a carenze nutrizionali, allo sviluppo di patologie e ad una minore aspettativa di vita).

Il restante 70% dei soggetti invece aumenta l’introito di cibi dolci e grassi e riduce il consumo di frutta e ortaggi, con il risultato di incrementare il peso corporeo e di correre il rischio di sviluppare patologie legate a sovrappeso e obesità.

Esistono intricate relazioni tra stress, allostasi, bilancio energetico, appetito , adiposità e localizzazione del grasso corporeo. Il legame è dato dai mediatori neuroendocrini, come il cortisolo e l’insulina. È un circolo vizioso in cui la combinazione di alti livelli di cortisolo, l’eccessivo introito calorico e il conseguente aumento dell’insulina contribuiscono non solo all’incremento della massa grassa ma anche alla sua localizzazione a livello viscerale. L’accumulo di grasso viscerale contribuisce a sua volta ad aumentare la concentrazione intracellulare di cortisolo.
E tutto questo per semplificare…

Spesso sono proprio le diete a provocare stress: schemi alimentari molto rigidi, che restringono la
varietà dei cibi che si possono consumare, che non consentono strappi alla regola, che fanno perdere l’aspetto sociale e conviviale proprio del cibo, che non insegnano a mangiare con piacere e gusto, difficilmente risultano vincenti nel lungo periodo, cosi come porsi obiettivi irrealistici sulla perdita di peso, diventano fonte di frustrazione e sono spesso collegati con l’insorgenza di veri e propri Disturbi Della Condotta Alimentare.

Ma di questo parleremo la prossima volta…

Foto di Bisbi – Flickr[/box]

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Pubblicato il: 23 febbraio 2014

Argomenti: Alimentazione, Quaderni, Siamo quello che mangiamo

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