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Il New York Times e l’olio italiano contraffatto

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Un intervento di Giacomo Sanavio, assessore provinciale allo Sviluppo Rurale, in risposta allo scandalo sollevato dal New York Times sulla contraffazione dell’olio extravergine d’oliva prodotto in Italia. Il prestigioso giornale statunitense ha infatti pubblicato una serie di vignette di Nicholas Blechman, che ritraggono la filiera dell’olio contraffatto, che verrebbe prodotto con olive non italiane – ma spagnole, marocchine e tunisine – adulterato e poi rivenduto sul mercato estero come prodotto italiano. Le strisce del New York Times stanno provocando la reazione delle associazioni di categoria, ma anche della politica. Lo stesso presidente della Regione Toscana Enrico Rossi è intervenuto sulla vicenda difendendo la produzione toscana; in una delle vignette infatti compare la Torre di Pisa sullo sfondo, ma solo come riferimento generico “all’Italia”.

La produzione di olio extra vergine d’oliva toscano (garantito dal marchio IGP) non può che ritenersi estranea al nuovo scandalo ed il sistema locale ribellarsi all’attacco che viene dagli Usa alla nostra produzione. Rimane una valutazione politica da esprimere con la consapevolezza di affermare concetti “scomodi”.

È il sistema di produzione industriale, quello dell’agro-industria – tanto caro alla politica tutta – il “colpevole” dell’attuale imbarazzo e di tutti gli scandali e truffe verso i consumatori (quelli d’oltre oceano come di casa nostra) perpetrati nel tempo. Non sono sufficienti le costatazioni
dei reati a giustificare un sistema insostenibile.

Partiamo dal riconoscere che non vi possono essere oli extravergine d’oliva “veri” ai prezzi che si trovano sugli scaffali della grande distribuzione. Non possiamo pensare di ricercare “competitività” di sorta su queste basi. Serve, ma non basta, la tracciabilità e l’etichettatura rigorosa. Occorre uscire dal ricatto delle logiche del mercato (quello globalizzato ed impersonale) e produrre per il rapporto diretto con i consumatori.

Occorre abbandonare il sistema degli attuali aiuti della Pac e sostenere, invece, l’agricoltura contadina, familiare, territoriale, l’educazione
alimentare ed ai consumi, la sostenibilità ambientale delle produzioni e quindi il biologico! Stupirsi e offendersi per gli scandali e per le truffe non ha alcun senso se non si è disposti a pretendere un cambiamento radicale delle politiche agricole ed alimentari. La politica alimentare la debbono fare le istituzioni pubbliche! Ministero delle Politiche Agricole e Ministero dell’Istruzione in testa, non delegarla – com’è – alla GDO (grande
distribuzione organizzata).

Quanto a noi cittadini-consumatori, anche se in difficoltà economica e preoccupati, ricordiamoci che la nostra salute dipende per oltre il 70% da ciò che mangiamo. Spendere sempre meno per comprare il nostro cibo, significa spendere sempre di più per medicinali e cure; oltreché per i
dissesti del territorio.

E non basta comprare cibo locale, deve essere sano. E non basta comprare biologico, deve essere locale. Iniziamo a cambiare da qui, ne guadagnerà l’ambiente, l’economia, la salute.

Giacomo Sanavio

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Pubblicato il: 29 gennaio 2014

Argomenti: Ambiente, Economia-Lavoro, Pisa, Politica

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